venerdì 27 febbraio 2009

8 – Evento imperdibile (Domenica 22 Febbraio)










Nella nostra lenta risalita, ieri abbiamo fatto due viaggi in bus.
Nel primo, due sedili davanti a noi era seduto il Bill di Kill Bill, alias David Carradine.
Identico a come era nel film di Tarantino.
Dopo una breve sosta, estrae la chitarra, si sitema anche l’armonica a bocca e parte a suonare.
Prima canzone Dust in the Wind, dei Kansas mi sembra (Bina, se sbaglio non volermene).
Solo musica.
Tocca la chitarra in modo divino (de puta madre, direi) e anche con l’armonica non è affatto male.
Boato finale.
Grande emozione, con le montagne e i laghi fuori dal finestrino e dentro un’atmosfera magica.
Questo è viaggiare.
Poi inizia un repertorio, anche cantato, di musiche cilene, con pezzi di Beatles (Hey Jude) e atro.
Mezz’ora di concerto. Alla fine ha messo via lo strumento come niente fosse.
Lì mi sono messo a pensare (capita anche a me) a un viaggio Milano Bologna, se uno tira fuori la chitarra e suona, lo ribaltano e lo fanno smettere subito. O magari sui treni delle Nord. A parte che lì non avrebbe lo spazio per estrarre la chitarra.
Si, è anche vero che siamo abituati a fisarmoniche e flauti n metropolitana che rompono i maroni, ma è una cosa diversa.

Alla fine del viaggio di ieri siamo giunti a Valdivia, un bel po’ (12 ore di bus) sotto Santiago
Al terminale dei bus, ufficio del turismo,dialogo fra Sandro e la ragazza.
“Ciao, siete appena arrivati?”
“Si, hai una mappa della città?”
“Si certo. Avete già dove dormire?”
“No, però abbiamo due indirizzi, adesso andiamo a vedere2
“Ahi ahi ahi, non avete prenotato?”
“No, ma un posto da qualche parte lo troveremo”
“Cosa? Non credo proprio” e si mette quasi le mani in testa.
Nel frattempo e sue due colleghe si sono avvicinate, sembra che il dialogo stia diventando interessante.
“Ma come?” prosegue il Drino “con tutti gli hostal che ci sono…”
“Ma voi non avete capito, è tutto completo, tutto riservato da settimane”
“Ma perché? C’è per caso una festa?”
Questa è una domanda normale, tranquilla, detta da un essere candido come il Drino.
Non dovrebbe dare adito a scene di isteria collettiva.
Invece al sentire la parola “una festa” sottintendendo con quell’una, una cosa generica, tutte e tre le ragazze fanno la faccia piu incazzata che possono e si mettono letteralmente ad urlare: “Una festa? Una festa? Ma voi non sapete cosa state dicendo. Oggi c’è la NOCHE VALDIVIANA!!!!”
E si fermano lì nella descrizione, perché ovviamente basta il nome a far capire che razza di straordinario ed unico evento si sta per verificare nella landa in cui siamo appena arrivati.
Ma vi rendete conto con che persona sto’ viaggiando?
Non sa nemmeno che Sabato 21 Gennaio 2009 c’è la festa di Valdivia!
Capisco non essere a conoscenza delle usanze di borgate come Buenos Aires o Rio de Janeiro, ma cazzo, Drino, Di Valdivia, paesino sperduto nel buco del culo del Cile, quello almeno si.

Comunque alla fine abbiamo trovato da dormire e abbiamo anche assistito all’evento: una sorta di carnevale sull’acqua, con barche agghindate a festa che passavano una dopo l’altra. Alla fine fuochi d’artificio.
In mezzo al lungolago c’era un palchetto d’onore, insomma il privè.
Trattandosi di privè ovviamente ho usato la formula magica: LISTA CICCIO.
Non hanno capito!!!
Ciccio, qui non ti conoscono. I casi sono due: o fanno i furbi e allora bisogna tagliare qualche testa, oppure non sono ancora stati raggiunti dal tuo verbo.

Festa imperdibile, avrebbe detto l’avvocato Binaschi.
Ma quanta gente! A milioni direbbe Baldaccia.
Avete presente Torre del Lago? Fino alle dieci di sera il lungomare praticamente vuoto e subito dopo non si riesce nemmeno a camminare.
Uguale: solo che qui il lungofiume è molto piu lungo.
Una miriade di persone: impressionante.
(chi conosce Torre del Lago ha sicuramente afferrato, per gli altri, fidatevi)

martedì 24 febbraio 2009

7- Numeri (Giovedi 19 Febbraio)


















Ecco altre foto
http://www.flickr.com/photos/drino70/sets/72157614220337017/detail

Dodici giorni, tre ore, ventiquattro minuti.
E’ quanto ho resistito prima di farmi una pasta.
Domenica sera, alle 20.24, dopo aver visto in diretta il derby di Milano, ce la siamo cucinata.
Ovviamente scotta, perché un secondo dopo la cottura sta’ pasta argentina si scioglie, ma pur sempre pasta.
Ne ho fatta un chilo (minimo indispensabile essendo in due), con solo soffritto di cipolla e salsa, ma faceva comunque abbastanza pensa.
Io 4 piatti me li sono mangiati comunque, Drino si è fermato a due.

Oggi parlo di numeri, perché non ci sto capendo niente.
Le bottiglie di birra grosse sono da 970 cl, quelle piccole da 376, le lattine da 350. le bottigliette di Cocacola sonodi ogni misura, prima ne ho vista una al supermercato da 570 cl.
Non capisco se ci pigliano per il culo e siamo su qualche candid camera, o è tutto reale.
E se si: perché?
Già ci sono gli inglesi che guidano a destra e gli americani che hanno i pollici, i galloni e le libbre, non mettetevi anche voi argentini!
E le gradazioni dei vini?
A El Calafate abbiamo bevuto un rosso da 13,1 gradi; oggi a Bariloche, a pranzo prima di partire, un altro rosso da 12,9.
Ma chi le fa legradazioni? Un ingegnere giapponese?

In questi giorni ci stiamo muovendo verso nord, da El Calafate andremo fino a Mendoza, passando da Santiago del Cile e Valparaiso..
All’ostello di El Calafate, scena bellissima. Avevamo prenotato una camera con due letti. Arriviamo, la signora ci saluta, Drino dice che c’è una prenotazione a nome Andrea, la signora ci guarda e dice di no. Poi fa una smorfia di tristezza e tira una madonna nella sua lingua. Poi ci guarda e si mette a ridere dicendo:
“Avevate detto Andrea e pensavo foste un uomo e una donna, vi ho tenuto una camera con letto matrimoniale”. E giu ancora a ridere, lei, le sue assistenti e tutti quelli che passavano dalla reception.

Ieri eravamo a Bariloche, bellissima. In alcune vie embrava di essere in Svizzera.
L’altro giorno abbiamo visto il ghiacciaio Perito Moreno, la cosa piu bella vista fin ora in questo viaggio.
Anche se il bife de lomo che vi ho spedito (la foto) e una cassiera cilena al supermercato di Puerto Natales, non erano da meno.

Vi sto scrivendo da Villa La Angostura. Abbiamo cercato posto in un bellissimo hostal in cui il Drino era gia stato, del tutto particolare. Le camere non hanno il numero, ma hanno il nome di citta o luoghi turistici. Tutte tranne una, a cui hanno dato il numero, ma lo hanno scritto a carattere. La stanza si chiama “EL DIES”.
Purtroppo non avevano letti e allora abbiamo trovato posto all’hostal Rio Bonito, in una via molto interessante: avenida Topa Topa.
Ci ha accolti una signora dai modi leggermente rigidi.
Forse allertata dal fatto che ci siamo presentati con in testa due cappellini da pescatore (per il sole) che potevano vagamente far pensare a noi come ad una coppia di omosessuali (maricones) in vacanza.
Fattostà che già dal primo impatto aveva qualcosa di strano, qualcosa che però non sono riuscito subito a decifrare.
Inizialmente l’ho accostata alla Frau Blucher (o com diavolo si scrive) di Frankenstein Junior (sapete che le mie citazioni sono sempre estremamente colte), ma qui non sembrava ci fosse niente da ridere.
In seguito ho pensato alla signorina Rottenmeier, ma al confronto, ls rigida governante di Heidi era un essere gentile.
Poi, quando ha trattato male il Drino, mi si è accesa la luce.
A un certo punto Sandro ha chiesto a che ora sarà la colazione di domani mattina.
“Alle otto!”
“No, vede, perché noi avremmo il bus che parte alle otto e …”
“La colazione è alle otto!”
“Si, ma se gentilmente si potesse anticipare di un quarto d’ora per…”
“La colazione inizia alle otto! Se voi siete puntuali avete tutto il tempo di farla e andare alla stazione dei bus che è a trecento metri”
A parte il fatto che io la colazione la voglio fare con calma, ma è soprattutto quello che avviene dopo la colazione che necessita del tempo dovuto. Si sa, il freddo del succo d’arancia prima, abbinato al caldo del the poi, fomentano un moto interiore che conduce direttamente sulla tazza.
Quindi domani mattina si partirà per il Cile senza la consueta visita al bagno.

Comunque, quello che mi ha fatto incazzare e mi ha aperto gli occhi, dicevo, è stata la cattiveria con cui ha trattato il Drino.
Ma dico, voi che lo conoscete, si può trattare male l’essere piu educato ed innocente sulla faccia della terra?
Allora lì ho capito chi fosse la valchiria che avevamo davanti.
Rifacendomi alle decine e decine di film di guerra (la seconda) dapprima impostimi dal mi babbo e poi visti volontariamente, ho rimembrato a chi assomigliava quel viso.
Dinnanzi a noi c’era una parente (magari la nipote o addirittura la figlia) del feldmaresciallo Rommel,
E allora, come d’incanto, tutto torna.
Non siamo in una zona che assomiglia alla Svizzera, ma alla Germania. Siamo in una provincia staccata della Baviera, dalla cui nazione i fan del terzo Reich sono scappati in massa per approdare qui in Argentina.
Sicuramente in una casa nascosta in questi boschi, una volta a settimana si ritrovano tutti quanti, con la nipote della Volpe del Deserto a condurre le riunioni segrete.

Speriamo di arrivare a domattina: loro, ai tempi, i maricones (presunti tali, sia chiaro) li facevano fuori.

mercoledì 18 febbraio 2009

6 – Drino: A BEAUTIFUL MIND

















Oh, questa è una di quelle mail che adoro spedire, quindi sedetevi e prendetevela comoda.
No, Praja, non parlerò di figa, quindi tu puoi alzarti e andare a guardarti un’asta di quadri in tv.

Premessa: la mia amicizia con Sandro è a prova di tutto, quindi posso prenderlo in giro senza problemi.
Certo che quello che ha combinato inizia ad essere preoccupante.

Giovedi sera.
Pernottamento in un rifugio nel parco di Torres del Paine.
Drino dice che dovremmo chiamare la signora dell’hostal di Puerto Natales (dove abbiamo dormito Lunedi sera e dove abbiamo lasdciato patrte dei bagagli) per prenotare una camera per l’indomani.
Va lui a telefonare e torna dicendo che l’hostal è pieno fino a Domenica.
Poi, non si sa da dove, estrae un biglietto da visita di un altro hostal e va a chiamare per vedere se hanno posto.
“Tranquillo, tutto sistemato. Domani dormiamo li.”

Venerdi
Solita camminata mattutina di una decina di chilometri.
Oggi si torna alla civiltà, ma ci aspetta ancora un pomeriggio di trekking.
Arrivati al primo dei tre punti di recupero turisti per tornare alla città, mi guardo intorno ed essendo tutto coperto da nubi e nebbia, decido di tornarmene con il bus delle due e mezza. Drino rimane (prenderà quello delle 19.45), mi da il suo pc e continua la camminata.
Che bello, ho tutto il pomeriggio per scrivere le mail, spedirle, leggere la posta, la Gazza, lavarmi e sbarbarmi.
Arrivato a Puerto Natales, compro il biglietto direzione El Calafate per l’indomani e mi dirigo all’hostal (andrò dopo a recuperare i bagagli dalla signora di Lunedi).
Cerco la via (Calle Angamos), ma proprio non la trovo.
Chiedo, ma nessuno la conosce.
Chiedo ancora e uno mi dice dov’è, chiedendomi se sono sicuro di voler andare li.
Certo, gli rispondo, ho prenotato una camera.
Sei sicuro, mi chiede, con una faccia piu preoccupata che stupita.
Claro que si.
Vado.
La via inizia dove la civiltà finisce.
Non appena termina il cemento ed inizia lo sterrato, li c’è il numero 1 di Calle Angamos.
Non solo, ma le case lasciano il posto a catapecchie di latta, con animali in giro ovunque.
Piu mi addentro e piu mi sento osservato
Mi sembra quasi di entrare al quartiere Zen di Palermo, appena passo esce gente nuova alla finestra, gente che ne chiama altra.
Sono l’attrazione del vicolo, o forse la vittima designata.
Incrocio una personcina a modo, un viso simpatico, tipo Charles Bronson, avete presente?, ma quando Charles è incazzato e anche un po’ bevuto. È in canotta nera, jeans e stivali alla cow boy.
Lo stupisco facendogli una domanda (gli chiedo dov’è l’hostal Parediso)
Rimane basito per qualche secondo e poi mi dice che in quella calle non ci sono hostal.
Mi lascio scappare un pensiero ad alta voce “in effetti non è un posto da hostal”
“Che vorresti dire?” mi dice minaccioso.
“Niente, io non avrei problemi a dormire qui, figurati. È che di solito gli hostal sono … sono … sono in centro città” mi esce nn so da dove.
Ci pensa un po’ e poi la ritiene una risposta accettabile.
Ormai colpito da Sindrome di Stoccolma e constatando che si sta dirigendo verso la strada asfaltata, gli rimango attaccato, usandolo come protezione da tutti gli altri abitanti ormai scesi in strada e pronti ad approfittarsi di un verginello come me.
La mossa funziona: a dire il vero lui non si è nemmeno accorto che lo seguivo, ma gli altri pensavano fossi con lui.

Stabilito che l’hostal non era in quella via, vado nell’agenzia dove ho appena acquistato i biglietti e chiedo lumi.
“Ma guarda che l’hostal Parediso è a Punta Arenas” (250 chilometri piu a sud).
Spontanea mi sorge una domanda: ma questa qua come cazzo fa a sapere quali hostal ci sono a Punta Arenas?
E comunque, l’amicizia prima di tutto: se il mio amico ha detto che l’hostal è qui a Puerto Natales, l’hostal è qui. Perdio!!!
Rifaccio un giro in città, ma niente.
Ritorno in agenzia, la ragazza mi fa vedere gli elenchi degli hostal e, porca vacca, ha ragione lei.
Che fare?
Per ammazzare il Drino c’è tempo, adesso urge sistemazione alberghiera.
Faccio il giro di tutti gli hostal della cittadina: tutti pieni.
Alla fine vado all’hostal Bernardita, quello dove abbiamo lasciato i bagagli.
Ritrovo la signora ed esordisco:
“Salve. Si, sono venuto a riprendere i nostri bagagli, ma prima deve aiutarmi a risolvere un problema. So che voi siete pieni, ma non avrebbe un collega che ha una camera per nnoi per questa notte?”
Lei, candida piu della madonna, risponde: “ma come? Noi non siamo pieni, abbiamo quattro camere libere”

Drino, ma che cazzo di telefonate hai fatto ieri sera??????

Salgo in camera.
Non so se essere felice perché finalmente ho trovato alloggio e posso così fiondarmi in doccia, oppure essere incazzato nero per aver perso tre ore a girare come un demente.

Sandro arriverà alle dieci.
Ovviamente lui non sa niente, mi toccherà andarlo a prendere. Però sono combattuto se imboscarmi e spiarlo mentre si fa un giro nel Bonx, oppure avvisarlo e magari ammazzarlo direttamente.
L’amicizia prevale anche questa volta.
Appena sceso dal bus, mi avvicino (lui è ovviamente sorpreso nel vedermi), gli metto il braccio intorno alla spalla simulando un gesto di contentezza nel rivederlo.
Lo voglio mettere a suo agio.
“Drino” esordisco “puoi tirare fuori il biglietto dell’hostal, per favore?”
Non capisce.
“Drino, ti prego, tira fuori il biglietto da visita dell’hostal” ripeto con insospettabile calma.
Lui continua a non capire, ma esegue.
Me lo porge.
Lo prendo in mano, gli do un’occhiata ed è come avevo sospettato.
Lo alzo, altezza occhi.
“Leggi un po’” gli dico
“È?”
“Leggi, leggi un po’ cosa c’è scritto”
Legge ad alta voce: “Hostal Parediso”
“Leggi anche la riga sotto, per favore”
“Sotto?”
“Si quella subito sotto il nome dell’hostal”
“Sotto c’è scritto … c’è scritto … Punta Arenas. O cazzo”
“O cazzo lo dico io!”

Anche adesso, riscrivendo quanto successo, mi viene voglia di menarlo…


Ma non è finita qui.
Fra un attimo partiamo per El Calafate e, visto che arriveremo verso le otto di sera, abbiamo deciso di prenotare l’hostal.
Chiama lui con Skype.
Direte: sei fesso a lasciarlo fare.
No, gli do fiducia, ma sono vigile.
Compone il numero, dice che suona libero, ma non risponde nessuno.
Riprova dopo un minuto: idem.
Ancora una volta: idem.
Asl quarto tentativo rispondono.
Cito esattamente il dialogo, ovviamente con le sole parole del Drino, visto che le altre non potevo sentirle (scusate il mio spagnolo scritto, ma va bene così).
“Buenas tarde. Hai dos camas por dos personas po9r esta noche”

“Buenas tarde. Hai dos camas por dos personas po9r esta noche”

“Si,por esta noche, por dos personas”

“Dos camas o un’abitacion”


All’improvviso lo sguardo del Drino si alza dal computer e mi guarda sconsolato:
“Cazzo, stavo parlando con me stesso”
GIURO.
Così però non vale, fa quasi tenerezza, non riesco nemmeno a prenderlo per il culo.


Adesso inizio a capire come mai i suoi viaggi durano quattro o cinque mesi: cazzo, ne butta via due a ritrovarsi dopo essersi perso!
Che dire?
Ciccio, Miky, Ubo, per fortuna che il Drino ha trovato noi, che lo abbiamo accudito in questi anni.

5 – INTO THE WILD (Giovedi 12 Febbraio)










Vi racconto di come due avventurosi Giovani Marmotte hanno affrontato un impervio percorso di 12 chilometri in mezzo alla natura selvaggia.

Prima però un accenno al pericolo molto reale che prima o poi durante la notte venga strangolato.
Dall’Italia mi sono portato un discreto raffreddore, penso un regalino dei figli di Tom ed Elena. Sta di fatto che la notte non riesco a respirare e russo di bestia. Stanotte condividevamo la stanza con due sessantenni inglesi, marito e moglie. Sandro mi ha detto che a un certo punto russavo talmente forte che la moglie, preoccupata fosse il marito e che ci disturbasse, si è messa a chiamarlo.
“Charles. Charles. Charles, stop it” imperativo categorico.
“It’s not me” gli ha risposto quasi scusandosi.
Io ovviamente dormivo di gusto e non ho sentito niente.

Siamo sempre nel parco Torres del Paine: natura, natura e ancora natura.
Il tempo non è dei migliori (diciamo così): ieri ha piovigginato tutto il giorno, con le folate di vento a 80 orari. Insomma, una camminata easy.
Siamo arrivati al rifugio appena in tempo, prima che si scatenasse una vera e propria bufera. Non avevamo tanti pesos cash (non andava il circuito della carta di credito) e per il pernottamento la zoccola della cameriera, da un conto di quasi ottantamila pesos (che già per il Cile è una cifra allucinante), ci faceva un cambio in dollari di 240!
Intuite benissimo dove l’abbiamo mandata.,
Alla fine abbiamo rinunciato alla cena (tranquilli, avevamo provviste) e abbiamo dormito in una cabanna (casetta in legno) della madonna, con intorno cascata, laghetto e montagna. Peccato che io ero con Sandro (e lui con me)
Oggi, vento previsto 90 all’ora (ma ormai abbiamo capito che fa la voce grossa solo nel pomeriggio), traversata di 12 chilometri.
È successo di tutto (ha piovigginato quasi sempre).
Vi racconterò dei guadi.

PRIMO GUADO
Con l’acqua di questi giorni anche i fiumiciattoli si sono ingrossati e ci sono delle difficoltà (a volte anche serie) ad attraversarli.
Ovviamente per quelli grossi ci sono i ponti in legno o corda.
Il primo guado si è presentato all’apparenza abbastanza semplice.
Studiamo per qualche secondo il da farsi e vedo che Drino parte per la sinistra.
Strano ,penso, a destra mi sembra piu semplice, ma sarà uguale.
Io mi dirigo a destra, dovrebbe bastare un salto, almeno spero, non ne sono totalmente sicuro: non avrà mica ragione il Drino.
Mentre sto caricando le gambe si accosta a me un Tarzan spagnolo che salta dall’altra parte senza pensarci. I suoi due amici ridono, lo guardano e lo etichettano come “sei sempre il solito animale”.
Giudicano troppo difficile il salto e decidono di andare dalla parte di Sandro.
Non avrà mica ragione il Drino.
Quando mi giro per guardarlo, lo trovo appenso con due mani a un grosso ramo orizzontale, una gamba in volo, l’altra a mollo in acqua.
No, non aveva ragione il Drino!
Carico le gambe e salto con incredibile agilità (a detta anche di Sandro): tutto asciutto.
Ai miei amici: è ora di finirla con le vostre illazioni sulla mia presunta scarsa agilità, la tengo nascosta per il momento del bisogno.

SECONDO GUADO
È un torrente molto largo e per di più in piena discesa.
Inizialmente sembra semplice, perché ci sono molte pietre che spuntano, ma guardando bene le pietre ci sono ma sono disposte molto lontane.

Stiamo 10 minuti a studiare la situazione e la vedo davvero grigia. Dico al Drino di scendere a valle per un po’, ma niente “è troppa strada”.
Allora salgo, perché mi sembra piu facile (meno difficile), solo che c’è una pietra molto inclinata in verticale e se metti male il piede rischi di cadere all’indietro e finire in acqua.
A un certo punto, non so perché, mi giro e lo trovo in mezzo al torrente, i piedi su una pietra, le mani su quella successiva, sguardo di terrore perso nel nulla
È praticamente sdraiato sopra l’acqua..
Quando mi incrocia, i suoi occhi supplicano aiuto. Potrei ricattarlo ed ottenere qualsiasi cosa. È nelle mie mani.
Ovviamente corro da lui, sistemo bene i miei piedi, allunga una mano dietro e aggancia la mia, lo trascino fuori.
Nei suoi occhi non mi sembra di intravedere lacrime, ma sono sicuro che se indago nei suoi pantaloni sicuramente qualcosa la trovo.
Solo adesso mi viene in mente che avrei dovuto fargli una foto, ma tanto la macchina era nel suo zaino e quindi mi metto il cuore in pace.
Bene, Drino salvato, ma il problema del guado rimane.
Mentre torno al punto che stavo sondando in precedenza, gli dico che forse è meglio togliersi scarpe e calze e passare ignudi.
Poi però vedo che l’inglese che stava sondando con me il passaggio in alto, è riuscito a passare. Aspetto che salti anche la sua ragazza (che si incaglia nella pietra inclinata e finisce in acqua) e poi mi butto. Tre salti uno dietro l’altro e ce la faccio. Ancora percorso netto.
Arriva Sandro, scarpe appese al collo, calze in mano. Si è arreso.
Ma non è finita: c’è la seconda parte di torrente da guadare. Troviamo subito una strada percorribile: tre salti e proprio all’ultimo mi bagno un po’ il piede. Fanculo.

Ripartiamo.
Mi rivolgo al mio compagno di viaggio e gli dico:
“Cazzo Drino, ti ho appena salvato la vita. Se fossimo in oriente saresti mio schiavo a vita, senza che te lo chiedessi”
Risposta “Ti ho ringraziato prima, e comunque la prossima volta prima togliti lo zaino”
Questo è il suo grazie.
Gli spiego che vista la sua faccia tempo non c’era, che mi sono fiondato per recuperarlo, ma non aumenta la dose dei ringraziamenti.

A un certo punto arriviamo ad un bivio: una strada sale e l’altra scende.
Pensiamo entrambi conducano allo stesso punto, ma si deve scegliere: Sandro va per la salita.
Mentre camminiamo mi affianco e gli chiedo:
“Ma perché non fare la discesa?”
“Perché se è sbagliata dopo dobbiamo solo scendere, sarà piu facile”
Ci penso un attimo e mi viene naturale un nuovo detto:
“Se ho capito bene, Drino, meglio una merda sicura subito ed eventualmente l’uovo dopo che l’uovo subito ed eventualmente la merda dopo”

TERZO GUADO
Davanti a noi un altro ruscello ingrossato.
Ormai mi accorgo che in automatico vado dalla parte opposta del Drino.
Ed è sempre meglio così: lui va a destra, io a sinistra e in 3 balzi sono fuori, percorso netto.
Dopo aver sondato per bene, torna sui suoi passi e viene da me, ma dice di non riuscirci.
Devo aiutarlo.
Questa volta allora appoggio lo zaino (mica che s’incazzi) punto il piede sull’ultima roccia e mi protendo con il braccio. Alla fine riesce ad agganciare la mia mano e i salti diventano semplici.
“E, ma tu sei lungo” mi dice.
Brutto frocio, non me l’hai detto in aereo o in bus, quando avevo le ginocchia in bocca…

QUARTO GUADO
Sempre in direzioni invertite (giuro che è così)
Io salto tranquillo, alla fine lo convinco a venire dalla mia parte.
Qui si capiscono le convinzioni geografiche del Drino.
C’è una pietra iniziale, la seconda da prendere col piede sinistro e la terza col destro. Lui parte di sinistro!!!
Ci metto due minuti a convincerlo che deve cambiare piede.
Diciamo che la Geografia del Drino è altamente rivedibile, o forse lui vede cose che gli altri, che noi non vediamo.
Ricordo che una volta nella, Death Valley, per convincermi a fare una strada è arrivato a dimostrare che in un percorso rettangolare (cartina alla mano), la somma del lato lungo e di quello corto della “sua strada” fossero piu corti della somma degli altri due.
Non so se mi sono spiegato bene, ma per chi ha capito o per chi già sa, la diagnosi è indubbiamente quella di caso senza speranza.

QUINTO GUADO
Io vado a dx, lui va a sn ma viene dalla mia parte.
Niente da fare, di li non si passa.
Torniamo di la, dove era andato lui inizialmente e vediamo che il passaggio è facile,
Gli chiedo perché non l’ha detto prima, e mi risponde che mi ha visto andare dall’altra parte e non ha nemmeno guardato.
Ormai ho perso ogni speranza….

SESTO GUADO
Lo precedo perché si è fermato cinquanta metri dietro per fare delle foto. Studio, salto, mi bagno la destra sull’ultimo sasso ma passo..
Tolgo lo zaino, mi siedo e lo aspetto.
Si, un po’ da bastardo, con il sorriso malefico sulle labbra.
Voglio proprio vedere che strada prenderà.
Arriva, va dalla parte sbagliata, poi giusta
Gli faccio segno di andare ancora piu in la, invece salta li dove si trova.
Si bagna un po’, ma ne esce bene.
Poi gli dico che lo avevo avvisato, mi dice che quando indico non si capisce un cazzo
“Hai ragione”

Arriviamo al rifugio, Drino dice: “andiamo di qua per il prato che è una scorciatoia”
Lo assecondo.
Voi direte, se sai già che canna perché gli vai dietro?
Perché sono un amico.
Ovviamente la strada portava da un’altra parte, torniamo sui nostri passi e finalmente raggiungiamo il rifugio.
Entriamo alla reception, ci sono due davanti a noi, due che erano dietro, ma dopo la dritta del Drino ci hanno superati.
Tocca a noi.
“Avete due letti per stanotte?”
“Mi spiace, gli ultimi due li abbiamo dati a quei ragazzi”
Drino, fanculo te e le tue scorciatoie.

Poi alla fine ci hanno trovato due letti, in camere separate.


Commento sul parco: Sandro sostiene che sia il posto piu bello del mondo.Non so se abbia ragione (il mio cuore batte per la Monument Valley), però se è così bello con un tempo così di merda, qualcosa di vero nelle parole del Drino c’è.

4 - PATAGONIA (Martedi 11 Febbraio)












Ciao.

Prima un chiarimento per una frase ambigua fattami notare Sandro. In una delle scorse mail ho accennato a dei problemi con la frutta al confine Argentina-Cile, dicendo che avevo una banana e due mandarini. Ovviamente non volevo essere volgare, avevo davvero nello zaino una banana e due mandarini e a momenti mi arrestano.

Ecco un po’ di foto

http://www.flickr.com/photos/drino70/sets/72157613546947873/detail/

http://www.flickr.com/photos/drino70/sets/72157613771032903/detail/


Adesso vi dico dove sono in questo momento: nel rifugio all’interno del parco nazionale Torres del Paine, in una sala con ampie vetrate, camino acceso e lago di fronte. Fuori penso ci siano meno di 10 gradi, ma qui dentro si sta da dio.

Ma procediamo con ordine: siamo arrivati questa mattina, prima in bus e poi in catamarano (di quelli grandi, 50ina e passa di posti).
Sandro aveva una paura fottuta di stare male sul catamarano: soffre il mal di mare.
Cazzo Drino, è un lago piatto e sei su una quasi nave!
A bordo invece abbiamo incontrato una reincarnazione degli ometti della Playmobil.
Vi ricordate quelli con i capelli attaccati?
Bene, uno di loro si è trasformato (stile Pinocchio) e fa il cameriere sui catamarani di Torres del Paine. Ve lo giuro.

Sandro sostiene sia il posto piu bello del mondo, io ricordo perfettamente una sua mail del viaggio di tre anni fa, finiva così: io qui ci torno.
E infatti rieccoci (lui).
Bello vero, ma il piu verrà nei prossimi giorni.
Ovviamente qui siamo isolati dal mondo e la cosa sinceramente non ci da affatto fastidio.
C’è un piccolissimo inconveniente, ma niente di chè: il vento.
Oggi soffia a piu di 70 chilometri l’ora e per domani è previsto un incremento almeno fino a 80, per finire (in crescendo), con la previsione di 90 chilometri all’ora per dopodomani..

La cosa strana è che le nubi che avvolgono da stamattina la vetta della montagna, sono ancora lì, non se ne vanno.
Boh, sarà l’effetto serra

Nel pomeriggio abbiamo fatto solo una camminatina intorno ad uno dei laghi, mentre per domani si inizia a fare sul serio con un’escursione di una ventina di chilometri.
Prima, mentre mi cambiavo in camera, fuori di fronte alla mia finestra c’erano le tende in balia del vento: una miriade.
Non sapevo cosa pensare: un po’ li invidiavo, un po’ ero contento di starmene al pulito ed al caldo. Forse perché noi abbiamo gia dato e per molte volte. La maggior parte delle volte siamo stati dall’altra parte della finestra.

Oggi voglio parlare di una specie nota a pochi: il Drino fotografo.
Ha ben due macchine fotografiche, una normale digitale “da polso” e un’altra, sempre digitale, con un mega obiettivo 18-55 (non me ne intendo, ho chiesto).
Nella categoria umana ci sono vari casi sociali, provo ad elencarli (a memoria):
- una donna che passa davanti ad una vetrina di gioielli e rimane incollata per ore a scannerizzarne ognuno
- una donna che apre l’armadio e impiega due ore a scegliere che vestito indossare
- una donna che necessita di non meno di mezza giornata per decidere quale fra gli oltre duecento paia di scarpe si addica al vestito
Come avete visto ho parlato solo di donne.
Poi c’è il Drino, quando ha in mano una macchina fotografica.
Isterico piu di una zitella acida.
Una foto ogni 12,3 secondi.
Anzi non una, ma almeno quattro o cinque.
Di solito cerca un oggetto (albero, foglie, animali) da mettere in primo piano, e dietro come sfondo il paesaggio eccellente che c’è in questi posti.
Quaranta foto in sequenza: cercate voi la differenza fra una e l’altra…
È talmente maniaco che l’ho beccato, davanti ad una pianticella, a spostare a destra un ramoscello.
Anche il ramoscello, che cazzo gli viene in mente di crescere a sinistra?


Per il Coss: provato il Pisco Sour.
Buono, solo che qui lo fanno senza granatina e un po’ troppo dolce: avrò modo di riprovarlo.
Ora scatta appunto l’happy Pisco Sour hour e quindi mollo tutto per andare a bere.

AUGURI al mio “cuginetto” Marco (mi sembra l’11 Febbraio)



3 – Stretto di Magellano (Lunedi 9 Febbraio)
















Hola a todos.

Vi avevo lasciati in una stazione di bus a Rio Gallegos e di strada ne abbiamo fatta noi due GIOVINI.
L’evento piu importante di questi giorni è stato l’incontro con lo Stretto di Magellano.
Per qualcuno il must di una vacanza è un hotel a cinque stelle, per altri un mare superbo, per tutti la topa, per me (che faccio parte dei tutti, sia chiaro) in questa vacanza era proprio lo Stretto.
Forse ancora piu di Machu Picchu.
Non so perché, forse per la sua storia, per il nome, per quello che rappresenta e ha rappresentato o forse solo perché guardando l’atlante prima di partire, il solo vederlo mi emozionava.
Ebbene, ho avuto un incontro diretto e solitario con questo pezzo di mare: una camminata in solitario sul lungomare appena costruito a Punta Arenas, in Cile.
Belle sensazioni.

Adesso basta melensità, altrimenti il Prada mi cancella dalla lista amici.
Prima di prendere il bus da Rio Gallegos non sono riuscito a capire quanto tempo necessitava per raggiungere Punta Arenas: chi diceva tre, chi cinque o piu, chi quattro.
Poi ho capito: c’è di mezzo la frontiera!
Provate a pensare a tutti i film che avete visto in cui ci sono scene buffe e assurde alla dogana: tutte ampiamente surclassate.
Basti dire che siamo riusciti a fare quattro file diverse in due stanze e mezzo: partivamo da una, arrivavamo nella seconda, si tornava nella prima e così via. Mi sembrava il gioco del serpente, quello che c’è anche in molti telefonini.
Tutto molto organizzato e soprattutto fiscale: alla dogana Cilena avrei potuto far passare uno Sputnik o una bomba H senza alcun problema.
Però occhio, se avete una banana e due mandarini come me, potreste rischiare anni di galera…
Comunque sono grandi, siamo noi i coglioni che vogliono fare tutto preciso ed in ordine.
Questo lo dico ovviamente perché eravamo l’unico bus da controllare: ce ne fossero stati anche solo due o tre di piu mi sa che un pochino di DISAPPUNTO sarebbe nato in me.

Punta Arenas è una bella cittadina: niente di eccezionale, intendiamoci, ma bellina.
Ed in divenire.
Stanno costruendo tanto e anche bene.
Gli consiglio di buttarsi anche sui letti.
Scena: appartamento con tre letti tutto per noi, andiamo a letto, Sandro ormai ronfa già, appoggio il mio dolce diddietro sul letto matrimoniale e l’angolo sprofonda. Controllo la situazione a tastoni, senza accendere la luce, e mi sembra sostenibile. Mi butto sotto le coperte e spostandomi nell’altro angolo sono si in pendenza, ma con la testa in alto. Ovviamente mi addormento e a metà notte quando, vista l’età, la prostata si fa sentire, gia che mi sono alzato cambio letto.
Al mattino devo riferire l’accaduto al padrone di casa ed allora mi preparo a far finta di essere incazzato, mica che gli venga in mente di farmi pagare il letto. Vado da lui, gli parlo (educatamente, mai attaccare per primi) e attendo una sua mossa. Sono pronto a tutto, anche ad urlare.
Mi guarda, con una faccia candida da bambino e mi risponde: “ah si”.
Come dire: ogni tanto succede.
Un grande.
La sera prima, appena arrivati, mentre si doveva aspettare il padrone per delle spiegazioni, il mio grande amico Sandro ha “estratto a sorte” stabilendo che lui andava a farsi una corsettina mentre io me ne stavo li ad aspettare EL JEFE.
Di ritorno dalla corsa, mi ha parlato solo di locali a luci rosse e casinò: vorrei ben capire dove cazzo va a correre!

L’indomani mattina, dopo che ho vagato per tutte le banche cittadine per poter ritirare “a mano” del cash con la carta di credito (ovviamente non ho il pin), siamo partiti per Puerto Natales, base per la spedizione che faremo al parco nazionale Torres del Paine.
Anche qui, come a Punta Arenas c’è un discreto vento, ma è tranquillo.
Anzi, lo definirei educato: soffia di brutto, ma non rompe i maroni, lo fa con discrezione (no, non ho fumato niente…)
Arrivati all’ostello, la figlia della padrona ci accompagna alla nostra camera (per due con cesso privato, fantastico).
Apre la porta, si ferma sulla soglia, la richiude, ci guarda, abbassa lo sguardo ed inizia a ridere. Va nella stanza di fianco dove c’è la madre e chiede:
“Ma la stanza 13 non è libera?”
In risposta riceve un “no, dagli la 12”
Riapre la porta, ci riguarda, riabbassa gli occhi, scoppia a ridere e si allontana.
Entriamo.
La stanza delle barbi è stata presa a soggetto qui: tutto rosa, le tende, la tappezzeria, i pensili. Persino il copriletto di simil pizzo.Adesso se diciamo che ci piace penseranno che siamo due maricones (ricchioni, ndr): ridiamo anche noi, che altro fare?

martedì 10 febbraio 2009

2 – Rio Gallegos (Domenica 8 Febbraio 09)








Ciao.
Prima un doveroso ringraziamento a Baldaccia: ho visto il blog.
Adesso non mi rimane che imparare ad usarlo.
Quindi non arrabbiarti se lo farò con calme.
Comunque continuerò ad inviare le mail, perché così mi è stato richiesto.
Bene, si può iniziare.

2 – Rio Gallegos

PARTE PRIMA
Saronno, Domenica sera, pizzeria Il Pontello, due settimane prima del viaggio.
Durante la pizzata con amici, chiedo a Sandro che occasionalmente si è unito, se si va anche ad Ushuaia, ultima città (verso sud) della Terra del Fuoco.
Mi dice che non è sua intenzione, è un posto pere turisti e a lui quei posti non piacciono.
Ma soprattutto, ci porterebbe via troppo tempo.

SECONDA PARTE
Buenos Aires, ostello, pomeriggio del secondo giorno.
Mi sono appena svegliato da una pennichella pomeridiana, doverosa vista la pioggia.
Ancora intontito esco nel salone e ciò che mi si para dinanzi è: un ciccione pelato che parla a raffica e il Drino (Sandro), quel bastardo del Drino, che con un gesto di disperazione gli urla di tacere mettendosi anche il dito indice davanti alla bocca per farsi capire meglio.
Il ciccione ride, guarda me, poi il Drino, decide di fottersene della richiesta e continua a parlare.
Quello che capisco è che un viaggio in bus sulla costa dell’est è sconsigliato.
Altamente sconsigliato.
Ore e ore di ritardo, bus che si fermano e non ripartono piu, e tutte le catastrofi immaginabili e non.
Quando il Mastro Lindo chiede a Sandro quale linea utilizzeremo, comprendo che non stanno parlando di “un” viaggio, ma del nostro viaggio, quello che ci accingeremo a fare l’indomani.
Partenza ore 10.30, arrivo previsto 36 ore dopo (ci torneremo fra un attimo, però).
La risposta del ciccione non appena saputa la linea, è stata mani nei capelli (in testa, diciamo) e sguardo distrutto: a suo dire non potevamo scegliere peggio.
In realtà ha fatto tutto Sandro, che dice di avermi chiesto l’autorizzazione mentre dormivo, ma sapete tutti che nessun avvocato al mondo gli darebbe ragione date le mie nulle facoltà intellettuali fino ad almeno due ore dopo il risveglio.
Fattostà che ce ne andremo a Rio Gallegos: occhio e croce fanno 2900 chilometri di Pampa.
Prima di lasciarci, il ciccione chiede se andremo anche a Iguazù (al nord, cascate della madonna). Io non ci andrò, ma il Drino si.
Chiede se ha fatto la vaccinazione.
No, è la risposta di Sandro.
“Malissimo” spara il tuttologo “non sapete che ogni tanto muore la gente? Negli ultimi tempi ne sono morti 5 o 6”
Mavaffanculo.

Sandro mi dice che questo viaggio sarà bello, perché potremo vedere la vera Argentina.
In effetti, ora che è terminato, non posso che dargli ragione, solo che non sono sicuro di potervi rappresentare a parole tutto quello che ho visto: ci vorrebbe un poeta.
Comunque ci provo.
Praticamente quando siamo partiti alla nostra destra c’era un prato, enorme e alquanto bruttino.
Idem alla nostra sinistra.
Quando siamo arrivati uguale: 2900 km in mezzo a due prati!!!
Ovviamente ci marcio sopra, sono esperienze anche queste e mi è piaciuto vedere cos’è l’Argentina, certo che sapere che non andremo ad Ushuaia perché non abbiamo tempo…
Comunque il viaggio non è stato poi così duro.
Ormai siamo sudamericani dentro e quindi lo stop forzato di quasi quattro ore, alle 7 di mattina del secondo giorno, non ci ha minimamente scalfiti.
Motivo dello stop?
Quando scendo a vedere che succede, se potevo dare una mano, magari erano in pochi a lavorare e necessitavano di manodopera ma non osavano chiedere ai clienti, quando sono sceso dicevo, ho trovato l’autista ed il suo vice stravaccati a dormire!
Molto probabilmente avevano dato l’allarme ed il loro compito era fatto.
Quindi non mi è stato chiaro capire bene cosa fosse successo.
Però nel frattempo albeggia ed è una vera figata vedere il sorgere del sole in mezzo alla Pampa.
Dopo un’oretta gli autisti si svegliano e decidono di aprire il cofano.
Nient’altro.
Passata un’altra oretta si ferma un bus e ci allunga una tanica di benzina.
Vuoi vedere che eravamo fermi per mancanza di carburante?
Molto probabilmente si, perché dopo un po’ ripartiamo.
Solo che persisteva un altro problemino.
Infatti ci siamo fermati alla prima stazione esistente e dopo il pieno, non c’erano cazzi, il bus non si accendeva.
L’autista è tornato a farsi una pennichella, mentre il mozzo provava a guardare il motore (forse è telepatico)
Quindi: ancora sosta forzata. Una buona ora direi.
Il mozzo mi chiede dove siamo diretti e quando gli dico Rio Gallegos, mi prende per il culo. Lo ringrazio mandandolo bonariamente a cagare, ma mi fa notare che ci deve venire anche lui: si, ma non è la stessa cosa, gli faccio capire.
Situazione bus: non pervenuta.
Tutto fermo.
Poi arriva LUI: codino lungo alla Fiorello dei bei tempi, ma capelli molto, molto piu unti; tuta da lavoro che nel Maggio del 1986 sarebbe dovuta essere bonificata, ma che imperterrito ha continuato a portare (senza lavare) fino ai giorni nostri; cinturone da sceriffo alto almeno 15 centimetri e sigaretta in bocca, mai toccata con le mani (inspira, espira e fa cadere la cenere con il solo movimento delle labbra).
Arriva, guarda due secondi il motore, apre uno sportello sconosciuto a tutti gli altri (quando lo fa, l’autista chiede al mozzo da quando c’era?), tocca con la mano uno spinotto e il bus immediatamente parte.
Tempo totale dell’intervento: 12 secondi.
Insomma: Mc Giver!!!
Ripartiamo, ma dopo mezz’ora dobbiamo fermarci per la terza volta, questa a “casa” di Mc Giver, che molto probabilmente finisce il lavoro.
Poi via filati fino alla destinazione.
Ultimo particolare: arrivo previsto ore 22.00
Arrivo effettivo ore 7.00 del giorno dopo (che poi sono le 6 visto che qui sono un’ora in meno)

Ora siamo qui, a Rio Gallegos, in attesa del bus che alla una, in cinque ore e qualcosa (dipende dai tempi della frontiera), ci porterà a Punta Arenas, in Cile, esattamente sullo stretto di Magellano, da dove spedirò questa mail.
Lo Stretto è uno degli obiettivi del mio viaggio, non so perché, ma guardando la cartina mi ha subito affascinato.
Poi molto probabilmente inizieremo la salita fermandoci nei tre o quattro parchi nazionali che si accavallano fra Cile e Argentina, quindi molto probabilmente niente Ushuaia, ma in realtà non è un grosso problema.

Al momento sono le 11, le 15 in Italia, dove stanno iniziando le partite.
Purtroppo qui alla stazione dei bus non c’è il wi-fi, altrimenti potrei vedermi il Toro.
Questa sera appena arrivati andremo sicuramente a farci una corsa, perché anche se li abbiamo digeriti bene, due giorni e mezzo di bus ti fanno venire voglia di fare sport.

Ultima informazione, di carattere cestistico questa volta: siamo passati da Bahia Blanca, città natale di Manu Ginobili. Chi non capisce questa notizia non si preoccupi…

Basta, ho fame ed è ora di una cerveca, a stasera.

venerdì 6 febbraio 2009

1 - Si parte (Mercoledi 4 Febbraio)

















Ciao a tutti.

Diamo inizio ai miei racconti di una vacanza un po’ strana.
Partiamo dall’inizio. Di solito si fa così, ma mai come in questo caso è necessario farlo.
Giunti alla Malpensa, io e Sandro (il mio compagno di viaggio) ci dirigiamo ai monitor per vedere dove fare il check in. Quando sento un urlo di Sandro, non capisco e continuo imperterrito a cercare il mio volo.
Lo trovo, ma c’è qualcosa di strano: è l’unico, su decine e decine, che presenta una scritta gialla all’estrema sinistra.
La scritta dice: CANCELLED.
L’aeroporto di Londra è impraticabile causa la nevicata piu copiosa degli ultimi cinquant’anni: ma guarda che culo!
Mi associo alle madonne tirate da Sandro.
Poi, con calma flemmatica ci dirigiamo all’ufficio della British Airways (con la quale avremmo dovuto volare) scoprendo che in Argentina ci si va lo stesso, ma con Air France.
E io che il giorno prima avevo scelto i posti dei due voli…
Invece ci piazzano in una fila da quattro, chiusi in mezzo, con il mio ginocchio che arriva a metà del sedile davanti, occupato per l’occasione da un giapponese con i capelli a spazzola e l’aria discretamente incazzata.
“Non tirerà indietro lo schienale, penso”
E invece lo fa quasi subito.
Di fianco a me ho una rompi cazzo di psicologa professoressa universitaria a La Plata, che continua a ripetermi che non posso stare seduto li con la mia altezza.
Spacca i maroni a tutto l’equipaggio per farmi spostare (no, non lo fa per magnanimità, solo perché occupo metà del suo spazio) finchè alla fine ci riesce e prendendomi in un momento di semi abbiocco mi convince a sedermi ala prima fila dietro il muro (= impossibile allungare le gambe).
Ci rimango qualche ora poi torno alla base
Comunque alla fine si arriva nella terra di Diego e non è assolutamente un modo di dire.

Appena usciti all’aria aperta, ancora nel tragitto che ci porta al bus per il centro, Sandro mi dice che Buenos Aires è la città con più tette rifatte al mondo.
Dice che gliel’ha detto Ciccio (ex coinquilino di Sandro, ndr)
Poi si corregge asserendo che è il posto dove in assoluto costa di meno rifarsi il seno.
Sempre da fonte Ciccio.
Io non so dove Ciccio (o Sandro) recuperi tali notizie, fattostà che da quel momento in poi scannerizziamo ad altezza petto ogni donna che passa.
Ovviamente lo avremmo fatto lo stesso, ma adesso abbiamo una missione scientifica da sostenere: quella di constatare la verità di una simile affermazione.
Ebbene, al momento (quasi 48 ore dal nostro arrivo) possiamo affermare che la percentuale di seni rifatti a Buenos Aires si attesta intorno al 74,3 %

Che bello arrivare in un luogo caldo: 32 gradi.
Che bello togliersi i pantaloni lunghi, che bello togliersi le scarpe, che fantastico togliersi le scarpe.
Sandali e shorts: non chiedo altro.
Anzi, una birra ogni tanto.

Ieri sera, prima della cena, penso che darò a Buenos Aires un doppio voto, come sulla Gazzetta: primo empo 4 – secondo tempo 5i, media 5.
Penso questo perché come città non mi entusiasma: è molto sporca e al momento non ho visto niente di straordinario. Ma sto per mangiare il mio primo Bife de Lomo e allora tutto cambierà.
In effetti ho mangiato il miglior filetto della mia vita, ma mentre lo masticavo, non ho sentito le campane.
Forse perché, vedendoci stranieri hanno cotto troppo la carne (e se dico io che è cotta troppo…)
Quindi il mio fidanzamento con la carne argentina è solo rinviato.

Questa mattina siamo andati alla Boca, il quartiere storico di BA.
Ovviamente anche alla Bombonera (lo stadio): azz, da pelle d’oca pensare a quando è pieno di tifosi. Praticamente sei in campo.
Al ritorno, abbiamo vissuto una scena tipo quella di Marrakesh Express quando il taxi non li vuole portare da Rudi.
Quella in cui Abatantuono dice al tassista: “c’est paradossal, c’est quanto minimo paradossal”
Non avevamo moneta e il bus non ti prende se non fai il biglietto (con la moneta, ovviamente). Abbiamo girato tutti i negozi, ma nessuno ci ha cambiato. Poi uno ci manda al capolinea, ma ci fermano i poliziotti dicendoci che è zona pericolosa, di li non si passa. Torniamo indietro e uno ci ripete di andare al capolinea dicendoci che ci sono i poliziotti a proteggerci (!), poi una signora ci dice che con il numero 29, si può fare il biglietto con la carta. Andiamo a prenderlo e ovviamente non ci prende.
Ci dicono di andare da un’altra parte, al chè li mandiamo noi tutti da un’altra parte ben precisa e Sandro, presa in mano la situazione, contratta con una signora al banchetto abusivo, il cambio di moneta previo acquisto di due cazzatine dolci.
Ce l’abbiamo fatta: rifacciamo per l’ennesima volta la strada verso il bus 64, passando ancora davanti al sosia di Maradona che ci chiede (sarà la quinta volta in pochi minuti) se vogliamo fare una foto con Diego.
Non sono pronto a dirgli che preferisco Riquelme…
Comunque, tutto questo sotto una pioggerellina che, a 32 gradi non è dannosa, però rompe un tantino i coglioni.

Domani si parte per una 36 ore di bus fino all’estremo sud, costeggiando la costa est.
Sandro ha prenotato, ha fatto tutto lui, venendomi a chiedere il consenso.
Solo che mi ha fatto questa domanda svegliandomi dalla pennichella e, come sapete, io prima di due ore dal risveglio non connetto.
Non so bene cosa mi aspetta, ma un vago presentimento ce l’ho.
Comunque questa è un’altra storia, che vi racconterò la prossima volta
Ora mi sa che vado a letto: è mezzanotte, le tre di mattina italiane.
Già, ci sono rimasto anch’io quando ho scoperto la differenza di fuso orario.

Un saluto a tutti.

A