mercoledì 18 febbraio 2009

3 – Stretto di Magellano (Lunedi 9 Febbraio)
















Hola a todos.

Vi avevo lasciati in una stazione di bus a Rio Gallegos e di strada ne abbiamo fatta noi due GIOVINI.
L’evento piu importante di questi giorni è stato l’incontro con lo Stretto di Magellano.
Per qualcuno il must di una vacanza è un hotel a cinque stelle, per altri un mare superbo, per tutti la topa, per me (che faccio parte dei tutti, sia chiaro) in questa vacanza era proprio lo Stretto.
Forse ancora piu di Machu Picchu.
Non so perché, forse per la sua storia, per il nome, per quello che rappresenta e ha rappresentato o forse solo perché guardando l’atlante prima di partire, il solo vederlo mi emozionava.
Ebbene, ho avuto un incontro diretto e solitario con questo pezzo di mare: una camminata in solitario sul lungomare appena costruito a Punta Arenas, in Cile.
Belle sensazioni.

Adesso basta melensità, altrimenti il Prada mi cancella dalla lista amici.
Prima di prendere il bus da Rio Gallegos non sono riuscito a capire quanto tempo necessitava per raggiungere Punta Arenas: chi diceva tre, chi cinque o piu, chi quattro.
Poi ho capito: c’è di mezzo la frontiera!
Provate a pensare a tutti i film che avete visto in cui ci sono scene buffe e assurde alla dogana: tutte ampiamente surclassate.
Basti dire che siamo riusciti a fare quattro file diverse in due stanze e mezzo: partivamo da una, arrivavamo nella seconda, si tornava nella prima e così via. Mi sembrava il gioco del serpente, quello che c’è anche in molti telefonini.
Tutto molto organizzato e soprattutto fiscale: alla dogana Cilena avrei potuto far passare uno Sputnik o una bomba H senza alcun problema.
Però occhio, se avete una banana e due mandarini come me, potreste rischiare anni di galera…
Comunque sono grandi, siamo noi i coglioni che vogliono fare tutto preciso ed in ordine.
Questo lo dico ovviamente perché eravamo l’unico bus da controllare: ce ne fossero stati anche solo due o tre di piu mi sa che un pochino di DISAPPUNTO sarebbe nato in me.

Punta Arenas è una bella cittadina: niente di eccezionale, intendiamoci, ma bellina.
Ed in divenire.
Stanno costruendo tanto e anche bene.
Gli consiglio di buttarsi anche sui letti.
Scena: appartamento con tre letti tutto per noi, andiamo a letto, Sandro ormai ronfa già, appoggio il mio dolce diddietro sul letto matrimoniale e l’angolo sprofonda. Controllo la situazione a tastoni, senza accendere la luce, e mi sembra sostenibile. Mi butto sotto le coperte e spostandomi nell’altro angolo sono si in pendenza, ma con la testa in alto. Ovviamente mi addormento e a metà notte quando, vista l’età, la prostata si fa sentire, gia che mi sono alzato cambio letto.
Al mattino devo riferire l’accaduto al padrone di casa ed allora mi preparo a far finta di essere incazzato, mica che gli venga in mente di farmi pagare il letto. Vado da lui, gli parlo (educatamente, mai attaccare per primi) e attendo una sua mossa. Sono pronto a tutto, anche ad urlare.
Mi guarda, con una faccia candida da bambino e mi risponde: “ah si”.
Come dire: ogni tanto succede.
Un grande.
La sera prima, appena arrivati, mentre si doveva aspettare il padrone per delle spiegazioni, il mio grande amico Sandro ha “estratto a sorte” stabilendo che lui andava a farsi una corsettina mentre io me ne stavo li ad aspettare EL JEFE.
Di ritorno dalla corsa, mi ha parlato solo di locali a luci rosse e casinò: vorrei ben capire dove cazzo va a correre!

L’indomani mattina, dopo che ho vagato per tutte le banche cittadine per poter ritirare “a mano” del cash con la carta di credito (ovviamente non ho il pin), siamo partiti per Puerto Natales, base per la spedizione che faremo al parco nazionale Torres del Paine.
Anche qui, come a Punta Arenas c’è un discreto vento, ma è tranquillo.
Anzi, lo definirei educato: soffia di brutto, ma non rompe i maroni, lo fa con discrezione (no, non ho fumato niente…)
Arrivati all’ostello, la figlia della padrona ci accompagna alla nostra camera (per due con cesso privato, fantastico).
Apre la porta, si ferma sulla soglia, la richiude, ci guarda, abbassa lo sguardo ed inizia a ridere. Va nella stanza di fianco dove c’è la madre e chiede:
“Ma la stanza 13 non è libera?”
In risposta riceve un “no, dagli la 12”
Riapre la porta, ci riguarda, riabbassa gli occhi, scoppia a ridere e si allontana.
Entriamo.
La stanza delle barbi è stata presa a soggetto qui: tutto rosa, le tende, la tappezzeria, i pensili. Persino il copriletto di simil pizzo.Adesso se diciamo che ci piace penseranno che siamo due maricones (ricchioni, ndr): ridiamo anche noi, che altro fare?

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