Oh, questa è una di quelle mail che adoro spedire, quindi sedetevi e prendetevela comoda.
No, Praja, non parlerò di figa, quindi tu puoi alzarti e andare a guardarti un’asta di quadri in tv.
Premessa: la mia amicizia con Sandro è a prova di tutto, quindi posso prenderlo in giro senza problemi.
Certo che quello che ha combinato inizia ad essere preoccupante.
Giovedi sera.
Pernottamento in un rifugio nel parco di Torres del Paine.
Drino dice che dovremmo chiamare la signora dell’hostal di Puerto Natales (dove abbiamo dormito Lunedi sera e dove abbiamo lasdciato patrte dei bagagli) per prenotare una camera per l’indomani.
Va lui a telefonare e torna dicendo che l’hostal è pieno fino a Domenica.
Poi, non si sa da dove, estrae un biglietto da visita di un altro hostal e va a chiamare per vedere se hanno posto.
“Tranquillo, tutto sistemato. Domani dormiamo li.”
Venerdi
Solita camminata mattutina di una decina di chilometri.
Oggi si torna alla civiltà, ma ci aspetta ancora un pomeriggio di trekking.
Arrivati al primo dei tre punti di recupero turisti per tornare alla città, mi guardo intorno ed essendo tutto coperto da nubi e nebbia, decido di tornarmene con il bus delle due e mezza. Drino rimane (prenderà quello delle 19.45), mi da il suo pc e continua la camminata.
Che bello, ho tutto il pomeriggio per scrivere le mail, spedirle, leggere la posta, la Gazza, lavarmi e sbarbarmi.
Arrivato a Puerto Natales, compro il biglietto direzione El Calafate per l’indomani e mi dirigo all’hostal (andrò dopo a recuperare i bagagli dalla signora di Lunedi).
Cerco la via (Calle Angamos), ma proprio non la trovo.
Chiedo, ma nessuno la conosce.
Chiedo ancora e uno mi dice dov’è, chiedendomi se sono sicuro di voler andare li.
Certo, gli rispondo, ho prenotato una camera.
Sei sicuro, mi chiede, con una faccia piu preoccupata che stupita.
Claro que si.
Vado.
La via inizia dove la civiltà finisce.
Non appena termina il cemento ed inizia lo sterrato, li c’è il numero 1 di Calle Angamos.
Non solo, ma le case lasciano il posto a catapecchie di latta, con animali in giro ovunque.
Piu mi addentro e piu mi sento osservato
Mi sembra quasi di entrare al quartiere Zen di Palermo, appena passo esce gente nuova alla finestra, gente che ne chiama altra.
Sono l’attrazione del vicolo, o forse la vittima designata.
Incrocio una personcina a modo, un viso simpatico, tipo Charles Bronson, avete presente?, ma quando Charles è incazzato e anche un po’ bevuto. È in canotta nera, jeans e stivali alla cow boy.
Lo stupisco facendogli una domanda (gli chiedo dov’è l’hostal Parediso)
Rimane basito per qualche secondo e poi mi dice che in quella calle non ci sono hostal.
Mi lascio scappare un pensiero ad alta voce “in effetti non è un posto da hostal”
“Che vorresti dire?” mi dice minaccioso.
“Niente, io non avrei problemi a dormire qui, figurati. È che di solito gli hostal sono … sono … sono in centro città” mi esce nn so da dove.
Ci pensa un po’ e poi la ritiene una risposta accettabile.
Ormai colpito da Sindrome di Stoccolma e constatando che si sta dirigendo verso la strada asfaltata, gli rimango attaccato, usandolo come protezione da tutti gli altri abitanti ormai scesi in strada e pronti ad approfittarsi di un verginello come me.
La mossa funziona: a dire il vero lui non si è nemmeno accorto che lo seguivo, ma gli altri pensavano fossi con lui.
Stabilito che l’hostal non era in quella via, vado nell’agenzia dove ho appena acquistato i biglietti e chiedo lumi.
“Ma guarda che l’hostal Parediso è a Punta Arenas” (250 chilometri piu a sud).
Spontanea mi sorge una domanda: ma questa qua come cazzo fa a sapere quali hostal ci sono a Punta Arenas?
E comunque, l’amicizia prima di tutto: se il mio amico ha detto che l’hostal è qui a Puerto Natales, l’hostal è qui. Perdio!!!
Rifaccio un giro in città, ma niente.
Ritorno in agenzia, la ragazza mi fa vedere gli elenchi degli hostal e, porca vacca, ha ragione lei.
Che fare?
Per ammazzare il Drino c’è tempo, adesso urge sistemazione alberghiera.
Faccio il giro di tutti gli hostal della cittadina: tutti pieni.
Alla fine vado all’hostal Bernardita, quello dove abbiamo lasciato i bagagli.
Ritrovo la signora ed esordisco:
“Salve. Si, sono venuto a riprendere i nostri bagagli, ma prima deve aiutarmi a risolvere un problema. So che voi siete pieni, ma non avrebbe un collega che ha una camera per nnoi per questa notte?”
Lei, candida piu della madonna, risponde: “ma come? Noi non siamo pieni, abbiamo quattro camere libere”
Drino, ma che cazzo di telefonate hai fatto ieri sera??????
Salgo in camera.
Non so se essere felice perché finalmente ho trovato alloggio e posso così fiondarmi in doccia, oppure essere incazzato nero per aver perso tre ore a girare come un demente.
Sandro arriverà alle dieci.
Ovviamente lui non sa niente, mi toccherà andarlo a prendere. Però sono combattuto se imboscarmi e spiarlo mentre si fa un giro nel Bonx, oppure avvisarlo e magari ammazzarlo direttamente.
L’amicizia prevale anche questa volta.
Appena sceso dal bus, mi avvicino (lui è ovviamente sorpreso nel vedermi), gli metto il braccio intorno alla spalla simulando un gesto di contentezza nel rivederlo.
Lo voglio mettere a suo agio.
“Drino” esordisco “puoi tirare fuori il biglietto dell’hostal, per favore?”
Non capisce.
“Drino, ti prego, tira fuori il biglietto da visita dell’hostal” ripeto con insospettabile calma.
Lui continua a non capire, ma esegue.
Me lo porge.
Lo prendo in mano, gli do un’occhiata ed è come avevo sospettato.
Lo alzo, altezza occhi.
“Leggi un po’” gli dico
“È?”
“Leggi, leggi un po’ cosa c’è scritto”
Legge ad alta voce: “Hostal Parediso”
“Leggi anche la riga sotto, per favore”
“Sotto?”
“Si quella subito sotto il nome dell’hostal”
“Sotto c’è scritto … c’è scritto … Punta Arenas. O cazzo”
“O cazzo lo dico io!”
Anche adesso, riscrivendo quanto successo, mi viene voglia di menarlo…
Ma non è finita qui.
Fra un attimo partiamo per El Calafate e, visto che arriveremo verso le otto di sera, abbiamo deciso di prenotare l’hostal.
Chiama lui con Skype.
Direte: sei fesso a lasciarlo fare.
No, gli do fiducia, ma sono vigile.
Compone il numero, dice che suona libero, ma non risponde nessuno.
Riprova dopo un minuto: idem.
Ancora una volta: idem.
Asl quarto tentativo rispondono.
Cito esattamente il dialogo, ovviamente con le sole parole del Drino, visto che le altre non potevo sentirle (scusate il mio spagnolo scritto, ma va bene così).
“Buenas tarde. Hai dos camas por dos personas po9r esta noche”
…
“Buenas tarde. Hai dos camas por dos personas po9r esta noche”
…
“Si,por esta noche, por dos personas”
…
“Dos camas o un’abitacion”
…
All’improvviso lo sguardo del Drino si alza dal computer e mi guarda sconsolato:
“Cazzo, stavo parlando con me stesso”
GIURO.
Così però non vale, fa quasi tenerezza, non riesco nemmeno a prenderlo per il culo.
Adesso inizio a capire come mai i suoi viaggi durano quattro o cinque mesi: cazzo, ne butta via due a ritrovarsi dopo essersi perso!
Che dire?
Ciccio, Miky, Ubo, per fortuna che il Drino ha trovato noi, che lo abbiamo accudito in questi anni.
No, Praja, non parlerò di figa, quindi tu puoi alzarti e andare a guardarti un’asta di quadri in tv.
Premessa: la mia amicizia con Sandro è a prova di tutto, quindi posso prenderlo in giro senza problemi.
Certo che quello che ha combinato inizia ad essere preoccupante.
Giovedi sera.
Pernottamento in un rifugio nel parco di Torres del Paine.
Drino dice che dovremmo chiamare la signora dell’hostal di Puerto Natales (dove abbiamo dormito Lunedi sera e dove abbiamo lasdciato patrte dei bagagli) per prenotare una camera per l’indomani.
Va lui a telefonare e torna dicendo che l’hostal è pieno fino a Domenica.
Poi, non si sa da dove, estrae un biglietto da visita di un altro hostal e va a chiamare per vedere se hanno posto.
“Tranquillo, tutto sistemato. Domani dormiamo li.”
Venerdi
Solita camminata mattutina di una decina di chilometri.
Oggi si torna alla civiltà, ma ci aspetta ancora un pomeriggio di trekking.
Arrivati al primo dei tre punti di recupero turisti per tornare alla città, mi guardo intorno ed essendo tutto coperto da nubi e nebbia, decido di tornarmene con il bus delle due e mezza. Drino rimane (prenderà quello delle 19.45), mi da il suo pc e continua la camminata.
Che bello, ho tutto il pomeriggio per scrivere le mail, spedirle, leggere la posta, la Gazza, lavarmi e sbarbarmi.
Arrivato a Puerto Natales, compro il biglietto direzione El Calafate per l’indomani e mi dirigo all’hostal (andrò dopo a recuperare i bagagli dalla signora di Lunedi).
Cerco la via (Calle Angamos), ma proprio non la trovo.
Chiedo, ma nessuno la conosce.
Chiedo ancora e uno mi dice dov’è, chiedendomi se sono sicuro di voler andare li.
Certo, gli rispondo, ho prenotato una camera.
Sei sicuro, mi chiede, con una faccia piu preoccupata che stupita.
Claro que si.
Vado.
La via inizia dove la civiltà finisce.
Non appena termina il cemento ed inizia lo sterrato, li c’è il numero 1 di Calle Angamos.
Non solo, ma le case lasciano il posto a catapecchie di latta, con animali in giro ovunque.
Piu mi addentro e piu mi sento osservato
Mi sembra quasi di entrare al quartiere Zen di Palermo, appena passo esce gente nuova alla finestra, gente che ne chiama altra.
Sono l’attrazione del vicolo, o forse la vittima designata.
Incrocio una personcina a modo, un viso simpatico, tipo Charles Bronson, avete presente?, ma quando Charles è incazzato e anche un po’ bevuto. È in canotta nera, jeans e stivali alla cow boy.
Lo stupisco facendogli una domanda (gli chiedo dov’è l’hostal Parediso)
Rimane basito per qualche secondo e poi mi dice che in quella calle non ci sono hostal.
Mi lascio scappare un pensiero ad alta voce “in effetti non è un posto da hostal”
“Che vorresti dire?” mi dice minaccioso.
“Niente, io non avrei problemi a dormire qui, figurati. È che di solito gli hostal sono … sono … sono in centro città” mi esce nn so da dove.
Ci pensa un po’ e poi la ritiene una risposta accettabile.
Ormai colpito da Sindrome di Stoccolma e constatando che si sta dirigendo verso la strada asfaltata, gli rimango attaccato, usandolo come protezione da tutti gli altri abitanti ormai scesi in strada e pronti ad approfittarsi di un verginello come me.
La mossa funziona: a dire il vero lui non si è nemmeno accorto che lo seguivo, ma gli altri pensavano fossi con lui.
Stabilito che l’hostal non era in quella via, vado nell’agenzia dove ho appena acquistato i biglietti e chiedo lumi.
“Ma guarda che l’hostal Parediso è a Punta Arenas” (250 chilometri piu a sud).
Spontanea mi sorge una domanda: ma questa qua come cazzo fa a sapere quali hostal ci sono a Punta Arenas?
E comunque, l’amicizia prima di tutto: se il mio amico ha detto che l’hostal è qui a Puerto Natales, l’hostal è qui. Perdio!!!
Rifaccio un giro in città, ma niente.
Ritorno in agenzia, la ragazza mi fa vedere gli elenchi degli hostal e, porca vacca, ha ragione lei.
Che fare?
Per ammazzare il Drino c’è tempo, adesso urge sistemazione alberghiera.
Faccio il giro di tutti gli hostal della cittadina: tutti pieni.
Alla fine vado all’hostal Bernardita, quello dove abbiamo lasciato i bagagli.
Ritrovo la signora ed esordisco:
“Salve. Si, sono venuto a riprendere i nostri bagagli, ma prima deve aiutarmi a risolvere un problema. So che voi siete pieni, ma non avrebbe un collega che ha una camera per nnoi per questa notte?”
Lei, candida piu della madonna, risponde: “ma come? Noi non siamo pieni, abbiamo quattro camere libere”
Drino, ma che cazzo di telefonate hai fatto ieri sera??????
Salgo in camera.
Non so se essere felice perché finalmente ho trovato alloggio e posso così fiondarmi in doccia, oppure essere incazzato nero per aver perso tre ore a girare come un demente.
Sandro arriverà alle dieci.
Ovviamente lui non sa niente, mi toccherà andarlo a prendere. Però sono combattuto se imboscarmi e spiarlo mentre si fa un giro nel Bonx, oppure avvisarlo e magari ammazzarlo direttamente.
L’amicizia prevale anche questa volta.
Appena sceso dal bus, mi avvicino (lui è ovviamente sorpreso nel vedermi), gli metto il braccio intorno alla spalla simulando un gesto di contentezza nel rivederlo.
Lo voglio mettere a suo agio.
“Drino” esordisco “puoi tirare fuori il biglietto dell’hostal, per favore?”
Non capisce.
“Drino, ti prego, tira fuori il biglietto da visita dell’hostal” ripeto con insospettabile calma.
Lui continua a non capire, ma esegue.
Me lo porge.
Lo prendo in mano, gli do un’occhiata ed è come avevo sospettato.
Lo alzo, altezza occhi.
“Leggi un po’” gli dico
“È?”
“Leggi, leggi un po’ cosa c’è scritto”
Legge ad alta voce: “Hostal Parediso”
“Leggi anche la riga sotto, per favore”
“Sotto?”
“Si quella subito sotto il nome dell’hostal”
“Sotto c’è scritto … c’è scritto … Punta Arenas. O cazzo”
“O cazzo lo dico io!”
Anche adesso, riscrivendo quanto successo, mi viene voglia di menarlo…
Ma non è finita qui.
Fra un attimo partiamo per El Calafate e, visto che arriveremo verso le otto di sera, abbiamo deciso di prenotare l’hostal.
Chiama lui con Skype.
Direte: sei fesso a lasciarlo fare.
No, gli do fiducia, ma sono vigile.
Compone il numero, dice che suona libero, ma non risponde nessuno.
Riprova dopo un minuto: idem.
Ancora una volta: idem.
Asl quarto tentativo rispondono.
Cito esattamente il dialogo, ovviamente con le sole parole del Drino, visto che le altre non potevo sentirle (scusate il mio spagnolo scritto, ma va bene così).
“Buenas tarde. Hai dos camas por dos personas po9r esta noche”
…
“Buenas tarde. Hai dos camas por dos personas po9r esta noche”
…
“Si,por esta noche, por dos personas”
…
“Dos camas o un’abitacion”
…
All’improvviso lo sguardo del Drino si alza dal computer e mi guarda sconsolato:
“Cazzo, stavo parlando con me stesso”
GIURO.
Così però non vale, fa quasi tenerezza, non riesco nemmeno a prenderlo per il culo.
Adesso inizio a capire come mai i suoi viaggi durano quattro o cinque mesi: cazzo, ne butta via due a ritrovarsi dopo essersi perso!
Che dire?
Ciccio, Miky, Ubo, per fortuna che il Drino ha trovato noi, che lo abbiamo accudito in questi anni.
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