Rieccomi.
Scusate il disturbo, ma mancavano le ultime foto e mai vi avrei privati di un simile spettacolo.
http://www.flickr.com/photos/drino70/sets/72157615590766059/
http://www.flickr.com/photos/drino70/sets/72157615988344041/
Colgo l'occasione per fare i complimenti al fotografo Drino (che in questo momento è in giro fra Uruguay e Brasile, che molto probabilmente si perderà e forse non rivedremo mai piu), miei e di tutti quelli che leggono le mie mail ed hanno commentato in modo entusiastico le immagini.
Certo che avendo una macchina della madonna e facendo una ventina di scatti per ogni soggetto, può capitare che ne esca uno piu che dignitoso...
Un chiarimento sulla conferenza 10 DOMANDE ALLA CHIESA: trattasi di un contraddittorio, con la presenza di un prete (non era chiaro a tutti). Per chi come me è contrario alla chiesa Spa, un'occasione per chiedere e chiarire tutte le cose che non piacciono.
Vorrei anche parlare di Antonio, il quale piu volte ha inveito pubblicamente contro di me, con le sue mail offensive e minatorie. Antonio, se sei un uomo dovresti rispondere pubblicamente e parlare delle foto che ti ho mandato. Dovresti anche dire quale risposta privata (coniglio) mi hai mandato.
Auguri e complimenti al mio cuginetto che è diventato papà (così almeno crede lui) di una bella bambina
Gia che ci sono vi racconto gli ultimi momenti vacanzieri.
Sabato a Buenos Aires era una giornata particolare. La tensione era nell'aria.
Era la prima del Diego: prima partita ufficiale dell'Argentina nelle qualificazioni mondiali.
Ho visto la partita (da solo, Drino stava tornando dall'Uruguay ed è arrivato verso le dieci) nel peggior bar di Buenos Aires, in mezzo ai tifosi piu accaniti: uno spettacolo.
4 a 0 per i biancocelesti, con ingresso finale del mitico Seba Veron.
Tutti felici e ... sbronzi persi.
Parliamo del volo di ritorno.
Avevo scelto British Airways in quanto, dietro suggerimento di Sandro, offre un vino rosso notevole.
Confermo la dritta.
Ho viaggiato a fianco di una coppia inglese (sulla sessantina) completamente alcolizzata.
Partenza ore 12.15, dopo un'oretta passano ad offrire uno spuntino. Tutti prendono acqua o succo d'arancia, io parto con il rosso e i due di fianco a me idem.
Ci portano un Bordeaux del 2007 davvero eccellente.
La signora mi è subito simpatica, perchè in quanto vegetariana non mangia il panino e io, timido, quando lo riconsegna alla hostess, le mozzo il braccio e me lo pappo al volo.
A metà pomeriggio passano per l'aperitivo: memore dei consigli degli esperti che invitano caldamente a non bere in volo, io prendo rum e cola, i due british vino bianco.
Poi rilanciano e chiedono un'altra bottiglietta a testa.
Li guardo, sorrido e accetto la sfida: un altro giro anche per me. Se pensate di battermi, vediamo.
Li curo a uomo per vedere se proseguono con le ordinazioni.
Si fermano.
Guardo lei, mi sembra assonnata. Guardo lui: è completamente pieno.
Inizia a parlare. Mi chiede di dove sono, dopo ben tre frasi stiamo gia parlando di calcio.
Non mi fa parlare, mi dice solo Istanbul.
E ride.
Ci penso qualche secondo e poi capisco: sei del Liverpool gli chiedo?
Si.
Gli dico che non è che me ne freghi tanto della finale di Champions, io sono del Toro.
Lui mi risponde: Istanbul.
E ride.
Gli rispiego che va bene, sono contento per lui, ma la cosa non mi tocca.
Mi guarda, ride ancora di piu e mi dice: Istanbul.
Gli metto una mano sulla spalla e gli parlo, lentamente, in italiano: va bene, mettiti li e dormi un po' che è meglio.
Non capisce, ma almeno il sorriso da ebete viene soppiantato da uno sguardo di incomprensione.
Mi metto le cuffie e lo lascio li a meditare.
Alla cena si riparte con il bordeaux, due giri per tutti e tre.
Partita pari, ma io giocavo fuori casa...
Prima dei (ultimi) saluti finali, una dritta per i maschietti.
Arrivo all'aeroporto di Buenos Aires, passo il check-in ed entro nella duty free zone.
Rimango esterrefatto.
Ho viaggiato molto nella mia vita, sono stato in luoghi idilliaci come Stoccolma, Copenaghen, Madrid, Barcellona e molti altri, ma io un assembramento di topa come il quel duty free non l'avevo mai visto. Tutti gli stand di profumi hanno arruolato il meglio della patata argentina, l'hanno messa giu da gara ed invogliata ad essere gentile con i clienti.
Io (ricordiamo che sono reduce da Peru e Bolivia) mi aggiro estasiato in un luogo che mi sembra irreale.
Giro fra gli stand con un sorriso ebete stampato in faccia e non capisco piu niente.
Amici, ho deciso che una volta al mese si va in Argentina. Non si esce nemmeno dall'aeroporto, ci si dirige subito alla duty free zone. Fidatevi.
Ciao a tutti.
E' davvero finita.
A
giovedì 2 aprile 2009
sabato 28 marzo 2009
16 – Back Home (Sabato 28 Marzo)
Si torna a casa.
Conosco la vostra risposta: era ora, finita la pacchia.
Prima un caloroso ringraziamento alla mia societa' (Pallacanestro Uboldo) che mi ha permesso di fare questo viaggio ed in particolare a Guido e Claudio che mi hanno sostituito.
Poi penso che anche Roberto e immagino il Coss abbiano dato una mano, quindi grazie anche a loro.
Di nuovo grazie e baldaccia per il blog
Non ce l'ho fatta.
Ho usato tutto, ma proprio tutto quello che ho portato.
Tutto tranne una cosa: gli scacchi.
Non sono un giocatore, ho fatto poche partite in tutta la mia vita, l'ultima una quindicina di anni fa in un castello-ostello in Olanda quando un bambino di otto anni ha battuto prima me, poi Micio, poi Simone ed infine Mario in cinque minuti netti. La mia partita sara' durata 20-25 secondi.
Gli scacchi mi piaciono da meta' partita in poi, quando si deve ragionare e non pensare a cose pallose come l'apertura o simili.
Li avevo portati per i lunghi viaggi in bus, ma Sandro no ha voluto giocare e io di certo non ho insistito.
Bella Buenos Aires, questa volta siamo nel quartiere Palermo ed e' veramente carina.
Ieri sera sono andato ad un concerto dei Beats, la miglior band mondiale clone dei Beatles. Per l'occasione ha suonato alcune canzoni con loro anche Pete Best, il primo batterista dei ragazzi di Liverpool.
Bravi sono bravi e lo spettacolo e' davvero super con filmati, travestimenti e parlate intense, ma i migliori non sono loro.
La miglior cover band l'ho vista con il Tom e penso anche Livio al nostro secondo Roskilde Festival in Danimarca nel 98: i Bootleg Beatles.
Ricordo le lacrime agli occhi del Tom, il quale fino ai 16-18 anni era fra i tre massimi esperti mondiali dei 4 scarafaggi (oggi dopo quattro figli e la mancanza di tempo e' sceso un po' in classifica, rimanendo comunque nella top ten mondiale).
Ricordo che era estasiato e continuava a ripetere che erano identici.
Ieri ho visto il concerto in un teatro del tutto simile a quello degli Arcimboldi a Milano.
Pino, all'entrata ho fatto il tuo nome, ma mi hanno rimbalzato e ho dovuto comprare il biglietto: non conti piu niente.
In un certo senso non mi dispiace tornare: dai miei amici, dai bambini che alleno, alla mia vita.
Il meglio di un viaggio sono i ricordi e il fatto che quando è finito ce ne sarà un altro.
Peccato che da lunedi dovro' mettermi pantaloni lunghi, scarpe e soprattutto calze!!!
Ho passato due mesi senza cellulare e tv, fantastico direi. Dell'Italia comunque qualcosa mi e' mancato: 90 minuto.
Vorrei solo fare alcune considerazioni.
Quanto sarebbe bello il mondo se fosse 20, ma anche solo 10, centimetri piu largo (i sedili dei bus e degli aerei) e piu lungo (i letti!!!)
Leggendo un po' di storia argentina si scopre che Buenos Aires fino alla meta' del '900 era il centro mondiale della cultura, la culla dell'arte. Tutto erza ordinato, preciso. Dopo aver letto cio', ti fai un giro, vedi che bestie sono gli argentini, che disordinati, maleducati, rozzi, in una parola cazzoni, e ti chiedi come e' potuto succedere.
Questa volta la risposta e' facile: niente ufo, calamita' naturali o altro.
Dalla meta' del secolo scorso sono arrivati gli italiani ed hanno cambiato tutto!!!
MA che lingua parlanoi qui?
Uno crede di sapere un po' lo spagnolo, poi arriva in argentina, li sente parlare e si mette le mani nei capelli. Capire si capisce tutto ugualmente, ma che accenti.
A Mendoza un ragazzo e' arrivato a dire che lo spagnolo argentino e' l'evoluzione di quello della Spagna. Quando gli ho riso in faccia non ha apprezzato...
In sudamerica ci sono i piu grossi consumatori mondiali di bevande gassate. Non bevono altro, impressionante. Per un viaggio in bus ognuno ha la sua bottiglia, o da 2,5 litri oppure da 3,1. Vecchi e bambini inclusi, mattino, pomeriggio e sera non importa. E se la finiscono (e la finiscono sempre) ne prendono un'altra. La bellezza e' che oltre alle tradizionali, qui si inventano bevande di ogni tipo, ci saranno una ventina di coche, su tutte le Inca Cola, peruviana: e' verde!!!
Ho sentito spesso parlare di terzo, quarto mondo. Non so chi ne faccia parte e chi no.
Dico solo che non è possibile che qui, Bolivia a parte, in ogni cittadina (anche paese), ci sia il wi-fi.
Non è possibile che in ogni paese, Bolivia compresa, anche a 5000 metri ci siano almeno 2 (DUE!!!) campi da basket all’aperto.
Non è vero che non c’è piu spazio, che la terra è sovrapopolata: siamo distribuiti male. Ho visto tanto di quel posto libero da farci stare tutti i cinesi, pure larghi.
Perché in due mesi non ho incrociato italiani?
Abbiamo incontrato centinaia di ragazzi da tutto il mondo, che si sparavano mesi e mesi (almeno sei, ma anche dieci e piu) in giro per il mondo.
Quasi tutti in età universitaria.
Perché in Italia non c’è questa mentalità?
Certo, viaggiare è anche una questione economica.
Io a vent’anni oltre a dover lavorare nel negozio del babbo, non avevo una lira, un giorno su tre saltavo il pranzo all’università per arrivare ad aver qualcosa il fine settimana. I miei viaggi sono stati in Europa (Inter Rail) e al massimo di tre/quattro settimane. Mangiavamo pane con l'uvetta bevendogli dietro litri e litri di acqua per riempire lo stomaco (altro che bife de lomo...)
Però al di la dei soldi, ci manca proprio questa attitudine di prendere ed andarsene per mesi e mesi alla scoperta del mondo e di noi stessi.
Spero che per i figli dei miei amici sarà diverso, perché ne vale davvero la pena.
E' stata una vacanza bella perche' molti posti visti non erano mete "facili" e quindi non esposte al turismo di massa. Soprattutto quello delle comitive di vecchi babbioni che ti trovi sempre fra i piedi a rompere. Per intenderci quelli che io ed Elena chiamiamo Cocoon.
Un insegnamento fra i tanti che mi portero' dietro e' sull'importanza delle cose: qui (soprattutto in Peru e Bolivia) con niente sono felici.
Lasciamoli stare cosi', please, non inondiamoli con tutte le nostre cazzate.
Colgo l'occasione per salutarvi e ringraziarvi tutti.
Le vostre mail mi hanno fatto compagnia e sono sempre state molto gradite.
Nessuno mi ha chiesto di essere eliminato dalla mailing list e questo e' gia' qualcosa (il che non significa che abbiate letto le mail...)
Domani parto, da Lunedi ci si vede di persona (atterro alle 14.30 e dalle quattro e mezza saro' in palestra fino a notte)
A
Conosco la vostra risposta: era ora, finita la pacchia.
Prima un caloroso ringraziamento alla mia societa' (Pallacanestro Uboldo) che mi ha permesso di fare questo viaggio ed in particolare a Guido e Claudio che mi hanno sostituito.
Poi penso che anche Roberto e immagino il Coss abbiano dato una mano, quindi grazie anche a loro.
Di nuovo grazie e baldaccia per il blog
Non ce l'ho fatta.
Ho usato tutto, ma proprio tutto quello che ho portato.
Tutto tranne una cosa: gli scacchi.
Non sono un giocatore, ho fatto poche partite in tutta la mia vita, l'ultima una quindicina di anni fa in un castello-ostello in Olanda quando un bambino di otto anni ha battuto prima me, poi Micio, poi Simone ed infine Mario in cinque minuti netti. La mia partita sara' durata 20-25 secondi.
Gli scacchi mi piaciono da meta' partita in poi, quando si deve ragionare e non pensare a cose pallose come l'apertura o simili.
Li avevo portati per i lunghi viaggi in bus, ma Sandro no ha voluto giocare e io di certo non ho insistito.
Bella Buenos Aires, questa volta siamo nel quartiere Palermo ed e' veramente carina.
Ieri sera sono andato ad un concerto dei Beats, la miglior band mondiale clone dei Beatles. Per l'occasione ha suonato alcune canzoni con loro anche Pete Best, il primo batterista dei ragazzi di Liverpool.
Bravi sono bravi e lo spettacolo e' davvero super con filmati, travestimenti e parlate intense, ma i migliori non sono loro.
La miglior cover band l'ho vista con il Tom e penso anche Livio al nostro secondo Roskilde Festival in Danimarca nel 98: i Bootleg Beatles.
Ricordo le lacrime agli occhi del Tom, il quale fino ai 16-18 anni era fra i tre massimi esperti mondiali dei 4 scarafaggi (oggi dopo quattro figli e la mancanza di tempo e' sceso un po' in classifica, rimanendo comunque nella top ten mondiale).
Ricordo che era estasiato e continuava a ripetere che erano identici.
Ieri ho visto il concerto in un teatro del tutto simile a quello degli Arcimboldi a Milano.
Pino, all'entrata ho fatto il tuo nome, ma mi hanno rimbalzato e ho dovuto comprare il biglietto: non conti piu niente.
In un certo senso non mi dispiace tornare: dai miei amici, dai bambini che alleno, alla mia vita.
Il meglio di un viaggio sono i ricordi e il fatto che quando è finito ce ne sarà un altro.
Peccato che da lunedi dovro' mettermi pantaloni lunghi, scarpe e soprattutto calze!!!
Ho passato due mesi senza cellulare e tv, fantastico direi. Dell'Italia comunque qualcosa mi e' mancato: 90 minuto.
Vorrei solo fare alcune considerazioni.
Quanto sarebbe bello il mondo se fosse 20, ma anche solo 10, centimetri piu largo (i sedili dei bus e degli aerei) e piu lungo (i letti!!!)
Leggendo un po' di storia argentina si scopre che Buenos Aires fino alla meta' del '900 era il centro mondiale della cultura, la culla dell'arte. Tutto erza ordinato, preciso. Dopo aver letto cio', ti fai un giro, vedi che bestie sono gli argentini, che disordinati, maleducati, rozzi, in una parola cazzoni, e ti chiedi come e' potuto succedere.
Questa volta la risposta e' facile: niente ufo, calamita' naturali o altro.
Dalla meta' del secolo scorso sono arrivati gli italiani ed hanno cambiato tutto!!!
MA che lingua parlanoi qui?
Uno crede di sapere un po' lo spagnolo, poi arriva in argentina, li sente parlare e si mette le mani nei capelli. Capire si capisce tutto ugualmente, ma che accenti.
A Mendoza un ragazzo e' arrivato a dire che lo spagnolo argentino e' l'evoluzione di quello della Spagna. Quando gli ho riso in faccia non ha apprezzato...
In sudamerica ci sono i piu grossi consumatori mondiali di bevande gassate. Non bevono altro, impressionante. Per un viaggio in bus ognuno ha la sua bottiglia, o da 2,5 litri oppure da 3,1. Vecchi e bambini inclusi, mattino, pomeriggio e sera non importa. E se la finiscono (e la finiscono sempre) ne prendono un'altra. La bellezza e' che oltre alle tradizionali, qui si inventano bevande di ogni tipo, ci saranno una ventina di coche, su tutte le Inca Cola, peruviana: e' verde!!!
Ho sentito spesso parlare di terzo, quarto mondo. Non so chi ne faccia parte e chi no.
Dico solo che non è possibile che qui, Bolivia a parte, in ogni cittadina (anche paese), ci sia il wi-fi.
Non è possibile che in ogni paese, Bolivia compresa, anche a 5000 metri ci siano almeno 2 (DUE!!!) campi da basket all’aperto.
Non è vero che non c’è piu spazio, che la terra è sovrapopolata: siamo distribuiti male. Ho visto tanto di quel posto libero da farci stare tutti i cinesi, pure larghi.
Perché in due mesi non ho incrociato italiani?
Abbiamo incontrato centinaia di ragazzi da tutto il mondo, che si sparavano mesi e mesi (almeno sei, ma anche dieci e piu) in giro per il mondo.
Quasi tutti in età universitaria.
Perché in Italia non c’è questa mentalità?
Certo, viaggiare è anche una questione economica.
Io a vent’anni oltre a dover lavorare nel negozio del babbo, non avevo una lira, un giorno su tre saltavo il pranzo all’università per arrivare ad aver qualcosa il fine settimana. I miei viaggi sono stati in Europa (Inter Rail) e al massimo di tre/quattro settimane. Mangiavamo pane con l'uvetta bevendogli dietro litri e litri di acqua per riempire lo stomaco (altro che bife de lomo...)
Però al di la dei soldi, ci manca proprio questa attitudine di prendere ed andarsene per mesi e mesi alla scoperta del mondo e di noi stessi.
Spero che per i figli dei miei amici sarà diverso, perché ne vale davvero la pena.
E' stata una vacanza bella perche' molti posti visti non erano mete "facili" e quindi non esposte al turismo di massa. Soprattutto quello delle comitive di vecchi babbioni che ti trovi sempre fra i piedi a rompere. Per intenderci quelli che io ed Elena chiamiamo Cocoon.
Un insegnamento fra i tanti che mi portero' dietro e' sull'importanza delle cose: qui (soprattutto in Peru e Bolivia) con niente sono felici.
Lasciamoli stare cosi', please, non inondiamoli con tutte le nostre cazzate.
Colgo l'occasione per salutarvi e ringraziarvi tutti.
Le vostre mail mi hanno fatto compagnia e sono sempre state molto gradite.
Nessuno mi ha chiesto di essere eliminato dalla mailing list e questo e' gia' qualcosa (il che non significa che abbiate letto le mail...)
Domani parto, da Lunedi ci si vede di persona (atterro alle 14.30 e dalle quattro e mezza saro' in palestra fino a notte)
A
giovedì 26 marzo 2009
15 - Buenos Aires, Iguazu. Buenos Aires (Mercoledi 25 Marzo)
Ci siamo quasi, Lunedi si torna a casa.
Auguri al Sommo, anche per lui sono arrivati i 40.
Per Ciccio: ovvio che dopo le conferenze ti porto dal piadinaro.
In bocca al lupo a Camolese, con lui il Toro si puo' salvare. Noi ci crediamo
Siamo tornati a Buenos Aires qui ci siamo divisi, io alle cascate Iguazu e Sandro in Uruguay.
Poi Sabato ci ribecchiamo a Baires e io Domenica parto per l'Italia.
Per la cronaca (qualcuno non lo aveva capito e io non lo avevo detto) anche a Machu Picchu ero da solo.
Il ritorno in una grossa citta' e' molto duro. Dovete capirci, siamo reduci da Peru e Bolivia, dove le donne non sono proprio belle. Qui adesso sembra un paradiso. E se poi penso al discorso fatto dal Drino il primo giorno, a volte mi sembra di impazzire.
Per questo me ne vado subito a Iguazu...
Ed eccomi a Iguazu.
Alle cascate ci andro' domani, ma per una volta vi racconto quello che ho vissuto.
Non mandatemi a cagare, ma godete insieme a me.
Oggi vi parlo della felicita'.
Sto girando da due mesi senza bancomat (non e' abilitato per l'estero, ovviamente non lo sapevo) e senza codice per prelievo con carta di credito. Ma non importa, Micio (al secolo Max Bettini) mi ha assicurato che entrando in qualunqu banca si possono ritirare di persona i soldi fornendo la carta di credito.
Micio, non e' proprio cosi'. Ci sono riuscito solo una volta in banca e altre due in un centro di cambio soldi.
Comunque ce l'abbiamo fatta: Sandro preleva e fornisce i liquidi, io pago tutto il possibile con la carta.
Arrivati a Buenos Aires e' ovvio che il gioco con la banca funzionera'.
Martedi mattina ci vado, ma la prima e' deserta. Ne scelgo un'altra: idem.
Chiedo.
E' festa (nessuno sa bene di cosa): tutte le banche chiuse.
Bene, io stasera parto per un paesino e sono al verde
Sandro mi da la mancia di 150 pesos argentini (sui 37 euro).
Arrivo a Puerto Iguazu con la bellezza di 116 pesos.
40 se ne vanno subito per l'ostello, 60 domani per le cascate, 10 sempre domani per il bus.
Bene, mi rimangono 6 pesos (1 euro e mezzo) e li spendero' tutti in acqua.
E' sera e ho fame.
Per fortuna c'e' la carta.
Prima pero' devo prendere il bus di ritorno a Baires per domani.
Penso che prendero' la stessa compagnia dell'andata, che mi ha conquistato con una colazione divina (ristorante della compagnia, buffet a volonta').
Solo che parte troppo presto e io non so a che ora finiro' con le cascate.
Sicche' vado anche da quello che parte per ultimo, giusto per sondare.
Ne esco con il biglietto dopo meno di un minuto.
Scusate, quando vi dicono (partenza ore sette di dera, avevo chiesto se c'era la cena e/o la colazione, si arriva a mezzodi') che non solo c'e' cena e colazione, ma che per la cena c'e' l'aperitivo, il vino e anche lo champagne, voi cosa avreste fatto?
E il tutto per 10 pesos in piu dell'altro!!!
Si, ci vuole davvero poco a convincermi...
Ora la cena.
Guardo la guida (a volte la seguiamo, a volte andiamo a naso) e vado in quello super consigliato: non prende la carta. Ne trovo uno che mi piace e la prende.
Entro.
Mi trattano come un pezzente (come al solito sono in sandali, shorts e maglietta tutta rovinata, sapete che ci tengo al look).
Mentre leggo il menu ordino una caipirinha e visti i possibili problemi col ghiaccio (di solito i locali scrivono che il ghiaccio e' solo quello confezionato, ma qui no) chiedo al camerire se sto sicuro.
Questo pensa che abbia problemi con le bevande fredde e arriva quasi a dirmi che quel ghiaccio non e' poi tanto freddo...
Gli spiego il possibile problema con l'acqua e mi risponde che nella caipirinha non c'e' acqua.
Va bene, lasciamo perdere e concentriamoci sul cibo
Ho fame, tanta fame.
E ho deciso di trattarmi bene.
Cazzo, in quattro giorni in bus ci siamo fatti Cusco (Peru) Buenos Aires, passando per Santiago del Cile.
Circa 5000 chilometri, praticamente come andare a Capo Nord e tornare.
Certo se il Monti ci avesse procurato i biglietti aerei (a pochissimo) che ci aveva promesso...
Dai Monti, sto scherzando, e' andata benissimo anche cosi'.
Ordino un bife de chorizo (e' un'altra parte dell'animale, buona uguale ovviamente), insalata (quella super, della casa, con dentro tutto), patatine (ce ne sono otto tipi diversi, non so cosa ho preso, alla fine arrivano con sopra una strana salsina di erbette e aglio, una delizia). Bevo birra, perche' ci sono trenta gradi e il rosso non riesco a berlo.
Dopo l'ordinazione i camerieri iniziano a guardarmi in modo piu civile.
Spazzolo tutto, godendo ogni singolo boccone.
I camerieri ormai sono dalla mia parte.
Ordino anche il dolce.
Lui, sempre lui, il Don Pedro, ormai scelta fissa quando lo troviamo.
Il Don Pedro potrebbe essere catalogato come gelato (vaniglia), solo che il bicchiere dove lo mettono, prima lo riempiono a meta' di whisky.
Via anche quello.
Ormai sono l'idolo incontrastato del locale.
Sono letteralmente estasiato dal cibo
Di fianco a me c'e' una cicciona (anche lei da sola) che continua a lumare.
Sono COSI' felice che potrei farla contenta.
Purtroppo (per fortuna) non sono COSI' sbronzo. Ordino il conto in un clima di euforia nei miei confronti (se tutti i clienti fossero cosi'...)
Se vi capita di andare da El Quincho del Tio Querido, fate il mio nome, vi tratteranno da re.
113 pesos, che per il sud america e per la nostra vacanza e' un'esagerazione (ieri a Baires abbiamo speso uguale mangiando da dio in due), ma che se pensi sono 27 euro e che a Milano ci mangi forse la pizza, quasi ti incazzi.
Quando mi porta la ricevuta mi dice che la mancia (la PROPINA) non e' compresa.
Firmo, mi alzo e esco.
Il cameriere mi becca al volo e mi ripete due volte (in tutte le lingue, perche' non e' sicuro di quale sia la mia) che la mancia non e' compresa nella ricevuta della carta.
Lo affronto faccia a faccia, lo guardo negli occhi come un uomo con le palle sa fare e gli dico "se mi credi non ho un pesos, ho solo la carta"
Mi guarda intenso, come solo un uomo incazzato sa fare, non dice niente, ma nei suoi occhi leggo: "un altro italiano di merda, spilorcio e testa di cazzo. Italiani andatevene a fanculo, voi, la vostra pasta, la pizza, il mandolino. Mafiosi che non siete altro"
Se vi capita di andare da El Quincho del Tio Querido, provate a fate il mio nome, ma non con il cameriere alto.
Sono fuori e ... galleggio da tanto sono pieno.
Mi sento come Fantozzi dopo la cassa di Perrier al Casino di Montecarlo, quando volteggia in aria.
Solo un'altra volta ero arrivato ad un tale livello di estasi, in Sicilia con il Puma (Riky, do you remember?).
Era la cena dei 20 antipasti, 3 primi, 5 secondi, dolce e vino illimitato.
Che notte!
Questa e' la felicita' per un uomo.
Prada, sorry, ma a volte la si raggiunge anche senza patata.
Domani le cascate, ma in questo momento chi se ne frega?
Tolti i 60+10 pesos me ne rimarranno 6, alla grandissima.
A
P.S. Qualcuno puo' spiegare ad Antonio (l'originale Beautiful Mind) che ho viaggiato in Argentina, Cile Peru e Bolivia e che quel cazzo di Messico e' leggermente piu in alto!!!
Continua a chiedermi se in Messico ho visto anch'io gli UFO, dati i continui avvistamenti che si succedono.
Auguri al Sommo, anche per lui sono arrivati i 40.
Per Ciccio: ovvio che dopo le conferenze ti porto dal piadinaro.
In bocca al lupo a Camolese, con lui il Toro si puo' salvare. Noi ci crediamo
Siamo tornati a Buenos Aires qui ci siamo divisi, io alle cascate Iguazu e Sandro in Uruguay.
Poi Sabato ci ribecchiamo a Baires e io Domenica parto per l'Italia.
Per la cronaca (qualcuno non lo aveva capito e io non lo avevo detto) anche a Machu Picchu ero da solo.
Il ritorno in una grossa citta' e' molto duro. Dovete capirci, siamo reduci da Peru e Bolivia, dove le donne non sono proprio belle. Qui adesso sembra un paradiso. E se poi penso al discorso fatto dal Drino il primo giorno, a volte mi sembra di impazzire.
Per questo me ne vado subito a Iguazu...
Ed eccomi a Iguazu.
Alle cascate ci andro' domani, ma per una volta vi racconto quello che ho vissuto.
Non mandatemi a cagare, ma godete insieme a me.
Oggi vi parlo della felicita'.
Sto girando da due mesi senza bancomat (non e' abilitato per l'estero, ovviamente non lo sapevo) e senza codice per prelievo con carta di credito. Ma non importa, Micio (al secolo Max Bettini) mi ha assicurato che entrando in qualunqu banca si possono ritirare di persona i soldi fornendo la carta di credito.
Micio, non e' proprio cosi'. Ci sono riuscito solo una volta in banca e altre due in un centro di cambio soldi.
Comunque ce l'abbiamo fatta: Sandro preleva e fornisce i liquidi, io pago tutto il possibile con la carta.
Arrivati a Buenos Aires e' ovvio che il gioco con la banca funzionera'.
Martedi mattina ci vado, ma la prima e' deserta. Ne scelgo un'altra: idem.
Chiedo.
E' festa (nessuno sa bene di cosa): tutte le banche chiuse.
Bene, io stasera parto per un paesino e sono al verde
Sandro mi da la mancia di 150 pesos argentini (sui 37 euro).
Arrivo a Puerto Iguazu con la bellezza di 116 pesos.
40 se ne vanno subito per l'ostello, 60 domani per le cascate, 10 sempre domani per il bus.
Bene, mi rimangono 6 pesos (1 euro e mezzo) e li spendero' tutti in acqua.
E' sera e ho fame.
Per fortuna c'e' la carta.
Prima pero' devo prendere il bus di ritorno a Baires per domani.
Penso che prendero' la stessa compagnia dell'andata, che mi ha conquistato con una colazione divina (ristorante della compagnia, buffet a volonta').
Solo che parte troppo presto e io non so a che ora finiro' con le cascate.
Sicche' vado anche da quello che parte per ultimo, giusto per sondare.
Ne esco con il biglietto dopo meno di un minuto.
Scusate, quando vi dicono (partenza ore sette di dera, avevo chiesto se c'era la cena e/o la colazione, si arriva a mezzodi') che non solo c'e' cena e colazione, ma che per la cena c'e' l'aperitivo, il vino e anche lo champagne, voi cosa avreste fatto?
E il tutto per 10 pesos in piu dell'altro!!!
Si, ci vuole davvero poco a convincermi...
Ora la cena.
Guardo la guida (a volte la seguiamo, a volte andiamo a naso) e vado in quello super consigliato: non prende la carta. Ne trovo uno che mi piace e la prende.
Entro.
Mi trattano come un pezzente (come al solito sono in sandali, shorts e maglietta tutta rovinata, sapete che ci tengo al look).
Mentre leggo il menu ordino una caipirinha e visti i possibili problemi col ghiaccio (di solito i locali scrivono che il ghiaccio e' solo quello confezionato, ma qui no) chiedo al camerire se sto sicuro.
Questo pensa che abbia problemi con le bevande fredde e arriva quasi a dirmi che quel ghiaccio non e' poi tanto freddo...
Gli spiego il possibile problema con l'acqua e mi risponde che nella caipirinha non c'e' acqua.
Va bene, lasciamo perdere e concentriamoci sul cibo
Ho fame, tanta fame.
E ho deciso di trattarmi bene.
Cazzo, in quattro giorni in bus ci siamo fatti Cusco (Peru) Buenos Aires, passando per Santiago del Cile.
Circa 5000 chilometri, praticamente come andare a Capo Nord e tornare.
Certo se il Monti ci avesse procurato i biglietti aerei (a pochissimo) che ci aveva promesso...
Dai Monti, sto scherzando, e' andata benissimo anche cosi'.
Ordino un bife de chorizo (e' un'altra parte dell'animale, buona uguale ovviamente), insalata (quella super, della casa, con dentro tutto), patatine (ce ne sono otto tipi diversi, non so cosa ho preso, alla fine arrivano con sopra una strana salsina di erbette e aglio, una delizia). Bevo birra, perche' ci sono trenta gradi e il rosso non riesco a berlo.
Dopo l'ordinazione i camerieri iniziano a guardarmi in modo piu civile.
Spazzolo tutto, godendo ogni singolo boccone.
I camerieri ormai sono dalla mia parte.
Ordino anche il dolce.
Lui, sempre lui, il Don Pedro, ormai scelta fissa quando lo troviamo.
Il Don Pedro potrebbe essere catalogato come gelato (vaniglia), solo che il bicchiere dove lo mettono, prima lo riempiono a meta' di whisky.
Via anche quello.
Ormai sono l'idolo incontrastato del locale.
Sono letteralmente estasiato dal cibo
Di fianco a me c'e' una cicciona (anche lei da sola) che continua a lumare.
Sono COSI' felice che potrei farla contenta.
Purtroppo (per fortuna) non sono COSI' sbronzo. Ordino il conto in un clima di euforia nei miei confronti (se tutti i clienti fossero cosi'...)
Se vi capita di andare da El Quincho del Tio Querido, fate il mio nome, vi tratteranno da re.
113 pesos, che per il sud america e per la nostra vacanza e' un'esagerazione (ieri a Baires abbiamo speso uguale mangiando da dio in due), ma che se pensi sono 27 euro e che a Milano ci mangi forse la pizza, quasi ti incazzi.
Quando mi porta la ricevuta mi dice che la mancia (la PROPINA) non e' compresa.
Firmo, mi alzo e esco.
Il cameriere mi becca al volo e mi ripete due volte (in tutte le lingue, perche' non e' sicuro di quale sia la mia) che la mancia non e' compresa nella ricevuta della carta.
Lo affronto faccia a faccia, lo guardo negli occhi come un uomo con le palle sa fare e gli dico "se mi credi non ho un pesos, ho solo la carta"
Mi guarda intenso, come solo un uomo incazzato sa fare, non dice niente, ma nei suoi occhi leggo: "un altro italiano di merda, spilorcio e testa di cazzo. Italiani andatevene a fanculo, voi, la vostra pasta, la pizza, il mandolino. Mafiosi che non siete altro"
Se vi capita di andare da El Quincho del Tio Querido, provate a fate il mio nome, ma non con il cameriere alto.
Sono fuori e ... galleggio da tanto sono pieno.
Mi sento come Fantozzi dopo la cassa di Perrier al Casino di Montecarlo, quando volteggia in aria.
Solo un'altra volta ero arrivato ad un tale livello di estasi, in Sicilia con il Puma (Riky, do you remember?).
Era la cena dei 20 antipasti, 3 primi, 5 secondi, dolce e vino illimitato.
Che notte!
Questa e' la felicita' per un uomo.
Prada, sorry, ma a volte la si raggiunge anche senza patata.
Domani le cascate, ma in questo momento chi se ne frega?
Tolti i 60+10 pesos me ne rimarranno 6, alla grandissima.
A
P.S. Qualcuno puo' spiegare ad Antonio (l'originale Beautiful Mind) che ho viaggiato in Argentina, Cile Peru e Bolivia e che quel cazzo di Messico e' leggermente piu in alto!!!
Continua a chiedermi se in Messico ho visto anch'io gli UFO, dati i continui avvistamenti che si succedono.
martedì 24 marzo 2009
14 - Invito


A breve vi invierò l’ultima mail, ma oggi ne approfitto per invitarvi a due conferenze che organizziamo in Aprile a Uboldo.
Dopo averlo svezzato lo scorso anno con la conferenza sui Misteri delle Piramidi di Giza, ormai Antonio non mi lascia stare un secondo e preme perché se ne facciano altre.
Detto e fatto.
Abbiamo lavorato tutto inverno (c'è anche Monte) e anche in questi due mesi di mia vacanza, a casa so che stanno lavorando di brutto.
Quindi siamo pronti per invitarvi a ben due conferenze:
Dopo averlo svezzato lo scorso anno con la conferenza sui Misteri delle Piramidi di Giza, ormai Antonio non mi lascia stare un secondo e preme perché se ne facciano altre.
Detto e fatto.
Abbiamo lavorato tutto inverno (c'è anche Monte) e anche in questi due mesi di mia vacanza, a casa so che stanno lavorando di brutto.
Quindi siamo pronti per invitarvi a ben due conferenze:
IL CODICE DA VINCI: Verità e menzogne di Dan Brown
Il titolo della prima è estremamente fuorviante.
Diciamo che mostreremo come sono stati affrontati alcuni argomenti e daremo alcune nostre teorie, estremamente interessanti (come? il giudizio è di parte? Ovviamente si)
10 DOMANDE ALLA CHIESA: Cristianesimo e storia tra affinità e incoerenze
La seconda si presenta da sola ed è davvero tutto un programma.
Chiedo solo ad alcuni dei miei amici che sicuramente presenzieranno, tipo Baldaccia e Otto (Otto, dove sei finito? Ci manchi), di adottare un atteggiamento estremamente moderato.
Una tripla camomilla è indicata prima della serata.
Abbiamo lavorato tanto.
Vi aspetto numerosi (frase mai sentita)
A
13 - Machu Picchu (Giovedi 19 Marzo)
Augurissimi a Jack, Federico e Lorenzo (l’ordine è del tutto casuale), i tre gemelli di Tom ed Elena.
Domani compiono due anni, quindi quando torno si può iniziare con la birra.
Mentre scrivo a Milano ci suonano gli ACDC. Per una volta vorrei essere a casa.
Questa mattina ho visto Machu Picchu, alle sei sono entrato.
Non sto a dirvi com'era e tutto il resto, anche perche' qualcuno fra voi c'e' andato.
Vi raccontero' perche' per me era cosi'importante che ci andassi ed il viaggio per arrivarci.
Partiamo da quest'ultimo.
A MP si arriva in treno, ma prima, da Cusco, bisogna arrivare a Ollantaytambo da dove parte appunto il treno. Essendo quasi tutti pieni, all'andata ho trovato posto a mezzogiorno e al ritorno alle sette di sera del giorno dopo.
Da Cusco partono dei semi taxi che portano la gente fino a Ollantaytambo.
Vado a prenderne uno verso le 9 di mattina e, avendo tempo, cambio rotta propendendo per il bus (di quelli locali). Qui li chiamano COLETTIVOS.
A questo punto pero' dobbiamo fare un passo indietro.
Quando ero all'universita', penso fosse una lezione di fisica, il professore ha narrato questo aneddoto: "un professore entra in aula con un recipiente di vetro, lo riempie di grossi sassi e chiede agli studenti se il recipiente è pieno. Tutti in coro rispondono di si. Allora il prof prende dei sassolini e li butta nel contenitore. Rifa' la domanda e questa volta solo qualcuno risponde in maniera affermativa. Di nuovo il prof prende un sacchetto di sabbia e la versa nel contenitore. ripete la domanda ricevendone un si all'unisono. Non contento prende una brocca d'acqua e la versa nel contenitore..."
Non avevo mai capito a cosa portasse questo esempio.
Mai, finche' non sono arrivato in Peru.
In Sud Amrica, c'e' l'abitudine da parte degli autisti di bus, di far salire la gente lungo la strada, non fargli il biglietto, fargli pagare la meta' del ticket e intascarsi il denaro.
Vi assicuro che e' tutto scientifico: appena svoltato l'angolo del terminal, inizia questa pratica, con la gente che ferma al volo il bus e scende "a chiamata". Dove vuole. Poi, magicamente, in prossimita' di un nuovo terminal, tutti gli abusivi sono gia' scesi, chi prima e chi dopo. Ieri il metodo ha toccato livelli di assoluta perfezione. Mi hanno assegnato il posto 4, prima fila (quella di destra), corridoio. Per pura fortuna era l'unico senza sedile davanti: che culo, ho pensato, posso allungare le gambe.
Ingenuo.
La mia vicina di posto e' una ragazza imbacuccata in un gigantesco piumino (c'erano 30 gradi). Sale una vecchia, la saluta e le chiede come mai e' cosi' coperta: ha fatto 3 giorni di febbre e qualcos'altro che non ho capito. Bene, penso, ci manca solo che mi ammali anch'io. Poi la donna le chiede se si e' curata e la ragazza risponde che sua madre le ha dato degli infusi con delle erbe. La donna annuisce approvando. Ora sono MOLTO piu tranquillo anch'io.
Partiamo e non appena il bus esce dal cancello, sale un ragazzo. Nei successivi 300 metri gia' 4 stop e 9 persone raccolte. Scopro che il ragazzo e' l'aiutante dell'autista (per gestire il traffico di clandestini).
Fra i nuovi arrivi ci sono alcune tipiche donne peruviane. La donna peruviana, come quella boliviana, si caratterizza per un culo di dimensioni inimmaginabili (mi rifiuto di credere che sia naturale, secondo me ci nascondono qualcosa), che gia' di per se occupa un volume pari a due esseri normali. A questo, pero', va aggiunta anche quella cazzo di coperta legata dietro la schiena, dentro la quale vi e' ogni ben di dio.
Morale: le mie gambe sono rannicchiate per overbooking, ho una natica appoggiata sul gomito (per fortuna sono basse... ) e una coperta appoggiata sul collo.
Si va avanti cos¡ per un bel po'.
Poi miracolosamente scendono in sei e mi rallegro. In un batter d'occhio, spuntati dal nulla mentre il bus rallentava, sale una famiglia di nove persone: un macello.
Il ragazzo fa salire tutti (= piu soldi) e ordina con autorita' di ammassarsi per bene in fondo. Ma dove cazzo vanno dietro? Non ho lo spazio vitale per girarmi e continuo a non capire come possa starci tutta questa gente. Secondo me se mi giro ne trovo qualcuno in orizzontale appoggiato sopra le teste.
Il ragazzo e' fenomenale e anche la gente. Tutti sanno che il bus deve arrivare entro un certo orario e ovviamente ogni operazione di salita e discesa comporta una perdita di tempo. Sicche' ogni volta il ragazzo gli ordina di sbrigarsi e loro quasi prendono il bus al volo: uno spettacolo. Quando poi chi deve salire ha anche un pacco da mettere nella stiva, si raggiungono livelli di velocita' e coordinazione che nemmeno il pit stop Ferrari ha mai avuto.
In prossimita' della fine corsa `pensavo di avere visto tutto.
Invece mancava la "brocca d'acqua"!!!!
Il ragazzo deve controllare i biglietti regolari di chi e' seduto e farsi pagare dagli abusivi che non sono ancora scesi. Il tutto prima di arrivare al terminal. E' cosi' che si fa tutto il bus, andata e ritorno: non chiedetemi come.
Adesso si: ho visto tutto.
Veniamo ora al motivo per cui Machu Picchu era tanto importante per me.
Da sempre nella mia mente era un luogo dove dovevo assolutamente andare. Non è il piu bello del mondo, eppure per me era così. Dall’inizio della vacanza ho cercato di capire perché e una volta salito sul trenino, si è accesa la lampadina.
Quando ero un po' piu piccino, ogni tanto guardavo il Maurizio Costanzo Show
Si, non dite niente, me ne vergogno profondamente: ho gia provveduto a recitare 12 pater e una trentina di gloria per ottenere l'assoluzione.
Comunque, ogni tanto mettevo su Canale 5 e controllavo quali ospiti c'erano. se trovavo qualcuno di interessante mi fermavo a guardare.
Tra i miei favoriti, un (mi pare) postino di Torino che parlava della prossima venuta degli extraterrestri, Amish mi sembra li chiamasse. Diceva che erano gia fra noi ed a breve si sarebbero palesati. Mi faceva morire perche' lo pigliavano tutti per il culo, il grassone baffuto in primis, ma lui li lasciava parlare e quando finivano riprendeva come non fosse successo niente.
Poi c'era un esperto di geografia e soprattutto antropologia. mi sembra avesse il borsello, sulla sessantina, una faccia tipo Zanzo (sorry per chi non lo conosce), ma pieno di capelli, per altro pittati di nero. Questo parlava delle popolazioni di tutto il mondo, tirando fuori nomi assurdi.
E poi c'era lui: Gerbino. Quello pelato (quando ancora non era di moda), massimo esperto mondiale di viaggi. Era stato dappertutto. Ma non che parlavano del Botswana e diceva che vi era passato. No, lui era stato in ogni singola via, singola casa, di ogni paesino della terra. Ogni tanto lo invitavano insieme al secondo (Zanzo) e non facevano che litigare tutta la puntata per poi accorgersi di dire le stesse cose.
Una volta Gerbino racconto' di un viaggio su un trenino da Cusco a Machu Picchu, su per la montagna. Lo descrisse con tale enfasi che mi entro' nella pelle.
Fino a quando non ho preso anch'io quel trenino, non capivo perche' Machu Picchu fosse tanto importante per me, ma poi mi e' arrivato il lampo di memoria.
Mi sta sul cazzo che devo ringraziare Costanzo per una cosa cosi' bella.
Comunque Machu Picchu, anche per i motivi appena detti, al momento e' l'emozione piu grande di questi (quasi) due mesi intensi.
Anche piu del primo bife de lomo.
Ciccio, che dici, non staro' mica invecchiando?
O diventando ricchione?
A
P.S. Sono arrivato a Machu Pichu alle 6 di mattina. Sono subito salito in alto dove si domina tutto. Dopo qualche minuto per riprendermi dalla visione, mi sono seduto, ho preso il mio Mp3 e ho messo a palla Sangue Impazzito dei Timoria.
Beh, ho avuto momenti peggiori!
Domani compiono due anni, quindi quando torno si può iniziare con la birra.
Mentre scrivo a Milano ci suonano gli ACDC. Per una volta vorrei essere a casa.
Questa mattina ho visto Machu Picchu, alle sei sono entrato.
Non sto a dirvi com'era e tutto il resto, anche perche' qualcuno fra voi c'e' andato.
Vi raccontero' perche' per me era cosi'importante che ci andassi ed il viaggio per arrivarci.
Partiamo da quest'ultimo.
A MP si arriva in treno, ma prima, da Cusco, bisogna arrivare a Ollantaytambo da dove parte appunto il treno. Essendo quasi tutti pieni, all'andata ho trovato posto a mezzogiorno e al ritorno alle sette di sera del giorno dopo.
Da Cusco partono dei semi taxi che portano la gente fino a Ollantaytambo.
Vado a prenderne uno verso le 9 di mattina e, avendo tempo, cambio rotta propendendo per il bus (di quelli locali). Qui li chiamano COLETTIVOS.
A questo punto pero' dobbiamo fare un passo indietro.
Quando ero all'universita', penso fosse una lezione di fisica, il professore ha narrato questo aneddoto: "un professore entra in aula con un recipiente di vetro, lo riempie di grossi sassi e chiede agli studenti se il recipiente è pieno. Tutti in coro rispondono di si. Allora il prof prende dei sassolini e li butta nel contenitore. Rifa' la domanda e questa volta solo qualcuno risponde in maniera affermativa. Di nuovo il prof prende un sacchetto di sabbia e la versa nel contenitore. ripete la domanda ricevendone un si all'unisono. Non contento prende una brocca d'acqua e la versa nel contenitore..."
Non avevo mai capito a cosa portasse questo esempio.
Mai, finche' non sono arrivato in Peru.
In Sud Amrica, c'e' l'abitudine da parte degli autisti di bus, di far salire la gente lungo la strada, non fargli il biglietto, fargli pagare la meta' del ticket e intascarsi il denaro.
Vi assicuro che e' tutto scientifico: appena svoltato l'angolo del terminal, inizia questa pratica, con la gente che ferma al volo il bus e scende "a chiamata". Dove vuole. Poi, magicamente, in prossimita' di un nuovo terminal, tutti gli abusivi sono gia' scesi, chi prima e chi dopo. Ieri il metodo ha toccato livelli di assoluta perfezione. Mi hanno assegnato il posto 4, prima fila (quella di destra), corridoio. Per pura fortuna era l'unico senza sedile davanti: che culo, ho pensato, posso allungare le gambe.
Ingenuo.
La mia vicina di posto e' una ragazza imbacuccata in un gigantesco piumino (c'erano 30 gradi). Sale una vecchia, la saluta e le chiede come mai e' cosi' coperta: ha fatto 3 giorni di febbre e qualcos'altro che non ho capito. Bene, penso, ci manca solo che mi ammali anch'io. Poi la donna le chiede se si e' curata e la ragazza risponde che sua madre le ha dato degli infusi con delle erbe. La donna annuisce approvando. Ora sono MOLTO piu tranquillo anch'io.
Partiamo e non appena il bus esce dal cancello, sale un ragazzo. Nei successivi 300 metri gia' 4 stop e 9 persone raccolte. Scopro che il ragazzo e' l'aiutante dell'autista (per gestire il traffico di clandestini).
Fra i nuovi arrivi ci sono alcune tipiche donne peruviane. La donna peruviana, come quella boliviana, si caratterizza per un culo di dimensioni inimmaginabili (mi rifiuto di credere che sia naturale, secondo me ci nascondono qualcosa), che gia' di per se occupa un volume pari a due esseri normali. A questo, pero', va aggiunta anche quella cazzo di coperta legata dietro la schiena, dentro la quale vi e' ogni ben di dio.
Morale: le mie gambe sono rannicchiate per overbooking, ho una natica appoggiata sul gomito (per fortuna sono basse... ) e una coperta appoggiata sul collo.
Si va avanti cos¡ per un bel po'.
Poi miracolosamente scendono in sei e mi rallegro. In un batter d'occhio, spuntati dal nulla mentre il bus rallentava, sale una famiglia di nove persone: un macello.
Il ragazzo fa salire tutti (= piu soldi) e ordina con autorita' di ammassarsi per bene in fondo. Ma dove cazzo vanno dietro? Non ho lo spazio vitale per girarmi e continuo a non capire come possa starci tutta questa gente. Secondo me se mi giro ne trovo qualcuno in orizzontale appoggiato sopra le teste.
Il ragazzo e' fenomenale e anche la gente. Tutti sanno che il bus deve arrivare entro un certo orario e ovviamente ogni operazione di salita e discesa comporta una perdita di tempo. Sicche' ogni volta il ragazzo gli ordina di sbrigarsi e loro quasi prendono il bus al volo: uno spettacolo. Quando poi chi deve salire ha anche un pacco da mettere nella stiva, si raggiungono livelli di velocita' e coordinazione che nemmeno il pit stop Ferrari ha mai avuto.
In prossimita' della fine corsa `pensavo di avere visto tutto.
Invece mancava la "brocca d'acqua"!!!!
Il ragazzo deve controllare i biglietti regolari di chi e' seduto e farsi pagare dagli abusivi che non sono ancora scesi. Il tutto prima di arrivare al terminal. E' cosi' che si fa tutto il bus, andata e ritorno: non chiedetemi come.
Adesso si: ho visto tutto.
Veniamo ora al motivo per cui Machu Picchu era tanto importante per me.
Da sempre nella mia mente era un luogo dove dovevo assolutamente andare. Non è il piu bello del mondo, eppure per me era così. Dall’inizio della vacanza ho cercato di capire perché e una volta salito sul trenino, si è accesa la lampadina.
Quando ero un po' piu piccino, ogni tanto guardavo il Maurizio Costanzo Show
Si, non dite niente, me ne vergogno profondamente: ho gia provveduto a recitare 12 pater e una trentina di gloria per ottenere l'assoluzione.
Comunque, ogni tanto mettevo su Canale 5 e controllavo quali ospiti c'erano. se trovavo qualcuno di interessante mi fermavo a guardare.
Tra i miei favoriti, un (mi pare) postino di Torino che parlava della prossima venuta degli extraterrestri, Amish mi sembra li chiamasse. Diceva che erano gia fra noi ed a breve si sarebbero palesati. Mi faceva morire perche' lo pigliavano tutti per il culo, il grassone baffuto in primis, ma lui li lasciava parlare e quando finivano riprendeva come non fosse successo niente.
Poi c'era un esperto di geografia e soprattutto antropologia. mi sembra avesse il borsello, sulla sessantina, una faccia tipo Zanzo (sorry per chi non lo conosce), ma pieno di capelli, per altro pittati di nero. Questo parlava delle popolazioni di tutto il mondo, tirando fuori nomi assurdi.
E poi c'era lui: Gerbino. Quello pelato (quando ancora non era di moda), massimo esperto mondiale di viaggi. Era stato dappertutto. Ma non che parlavano del Botswana e diceva che vi era passato. No, lui era stato in ogni singola via, singola casa, di ogni paesino della terra. Ogni tanto lo invitavano insieme al secondo (Zanzo) e non facevano che litigare tutta la puntata per poi accorgersi di dire le stesse cose.
Una volta Gerbino racconto' di un viaggio su un trenino da Cusco a Machu Picchu, su per la montagna. Lo descrisse con tale enfasi che mi entro' nella pelle.
Fino a quando non ho preso anch'io quel trenino, non capivo perche' Machu Picchu fosse tanto importante per me, ma poi mi e' arrivato il lampo di memoria.
Mi sta sul cazzo che devo ringraziare Costanzo per una cosa cosi' bella.
Comunque Machu Picchu, anche per i motivi appena detti, al momento e' l'emozione piu grande di questi (quasi) due mesi intensi.
Anche piu del primo bife de lomo.
Ciccio, che dici, non staro' mica invecchiando?
O diventando ricchione?
A
P.S. Sono arrivato a Machu Pichu alle 6 di mattina. Sono subito salito in alto dove si domina tutto. Dopo qualche minuto per riprendermi dalla visione, mi sono seduto, ho preso il mio Mp3 e ho messo a palla Sangue Impazzito dei Timoria.
Beh, ho avuto momenti peggiori!
venerdì 20 marzo 2009
12 - Peru (Lunedi 16 Marzo)
Qui tutto bene, finalmente il Peru.
Prima di arrivarci, dalla Bolivia abbiamo fatto un salto in Cile e da li nella terra di Barbadillo e Uribe.
Iniziamo dalla Bolivia.
Giunti in mattinata a Uyuni, avevamo prenotato un trasferimento a san Pedro de Atacama (Cile, appunto) per le 14.00
La signora dell’agenzia ci avvisa che si partirà intorno alle 16.00. Beh, solo due ore di ritardo non ce le aspettavamo. Quasi commossi diciamo che è tutto ok.
Alla fine siamo partiti alle sei e mezza su una jeep con per autista un tizio con i denti alternati,uno avanti e uno dietro, uno avanti e una dietro…
Come copilota aveva la moglie, lei del tutto senza denti.
Pernottamento in una semibaracca e ripartenza alle 4 di mattina.
Fuori nevica e quando ci capita (piu volte) di superare colli da piu di 5000 metri d’altezza, dal vetro si vede una vera e propria bufera.
Nessun problema penso, la macchina ha il riscaldamento.
Solo che sento freddo, tanto freddo.
Dico al capo se può alzare il riscaldamento.
Dopo due minuti glielo ripeto, perché ho freddo.
Dopo altri due minuti, mentre sto per ripeterglielo però urlando, mi accorgo che il finestrino della moglie è abbassato.
Gentilmente le chiedo se può alzarlo, ma sorprendentemente mi risponde di no.
Il popolo boliviano è il piu educato e disponibile del mondo, questa riposta mi sorprende.
Poi capisco: è rotto.
Cazzo, si gela.
A un certo punto l’autista si ferma e mette una coperta a coprire il vetro: adesso va un po’ meglio.
Arriviamo alla dogana:5600 metri per il pilota, 4500 per il Drino. Facciamo una media.
Freddo, freddo, freddo.
Sono le 7 e qualcosa.
Il capo prepara una colazione all’aperto, facendo bollire l’acqua per il te.
Io non mangio (vi rendete conto?), fa troppo freddo per uscire.
Poi c’è un conciliabolo di autisti che, portiera aperta, tentano di sistemare il vetro della macchina. Dopo mezz’ora ce la fanno: pensavo di morire ibernato.
Quando il sangue riprende a circolare mi accorgo che siamo in un posto della madonna: frontiera, neve, una montagna davanti a noi e di fianco un bus abbandonato identico a quello di Into The Wild.
Aspettiamo in macchina, non si sa perché.
Decine di jeep ferme in attesa.
Corre voce che il tratto cileno sia ostruito dalla neve.
A un certo punto Sandro non ce la fa piu, esce e si mette a correre: a 5000 metri!!! Che uomo.
Aspettiamo.
Alla una e mezza si va, la strada è pulitissima e non si vede segno di neve in eccesso.
Misteri della fede.
Per dovere di cronaca e soprattutto di amicizia, devo riferire che a San Pedro, la tappa di transizione in Cile, durante un giro in mountain bike, abbiamo guadato un altro fiume.
Il percorso era eccezionale: all’interno di un canyon che a volte si restringeva a tal punto da non permetterci quasi di passare.
Terreno sabbioso, con continui saliscendi e ogni tanto un po’ piu di sabbia che ci faceva derapare alla grande. Sembravamo Valentino e Simoncelli quando vanno in cava.
Dicevo del guado.
Il fiume non era larghissimo, massimo tre metri, però era alto almeno mezzo.
Drino, memore del passato, ha subito tolto scarpe e calze. E ha fatto la scelta giusta.
Io sono sceso un po’ piu a valle, dove il fiume si restringeva, ho valutato che con una buona spinta sarei arrivato dall’altra parte e così mi sono lanciato.
I calcoli erano corretti, stavo procedendo senza pedalare con le gambe appoggiate sulla canna ed ero quasi arrivato, quando a mezzo metro dalla sponda, mi si è presentata davanti una fossa.
Morale: gamba destra a mollo, con conseguente lavata di scarpa e calza.
Al ritorno ovviamente metodo Drino.
E adesso ecco il Peru. Anche questa volta l’attraversamento della dogana e’ stata tutto un programma, ma è andata. Prima tappa Arequipa, seconda Cusco, che vuol dire Machu Picchu.
A
Prima di arrivarci, dalla Bolivia abbiamo fatto un salto in Cile e da li nella terra di Barbadillo e Uribe.
Iniziamo dalla Bolivia.
Giunti in mattinata a Uyuni, avevamo prenotato un trasferimento a san Pedro de Atacama (Cile, appunto) per le 14.00
La signora dell’agenzia ci avvisa che si partirà intorno alle 16.00. Beh, solo due ore di ritardo non ce le aspettavamo. Quasi commossi diciamo che è tutto ok.
Alla fine siamo partiti alle sei e mezza su una jeep con per autista un tizio con i denti alternati,uno avanti e uno dietro, uno avanti e una dietro…
Come copilota aveva la moglie, lei del tutto senza denti.
Pernottamento in una semibaracca e ripartenza alle 4 di mattina.
Fuori nevica e quando ci capita (piu volte) di superare colli da piu di 5000 metri d’altezza, dal vetro si vede una vera e propria bufera.
Nessun problema penso, la macchina ha il riscaldamento.
Solo che sento freddo, tanto freddo.
Dico al capo se può alzare il riscaldamento.
Dopo due minuti glielo ripeto, perché ho freddo.
Dopo altri due minuti, mentre sto per ripeterglielo però urlando, mi accorgo che il finestrino della moglie è abbassato.
Gentilmente le chiedo se può alzarlo, ma sorprendentemente mi risponde di no.
Il popolo boliviano è il piu educato e disponibile del mondo, questa riposta mi sorprende.
Poi capisco: è rotto.
Cazzo, si gela.
A un certo punto l’autista si ferma e mette una coperta a coprire il vetro: adesso va un po’ meglio.
Arriviamo alla dogana:5600 metri per il pilota, 4500 per il Drino. Facciamo una media.
Freddo, freddo, freddo.
Sono le 7 e qualcosa.
Il capo prepara una colazione all’aperto, facendo bollire l’acqua per il te.
Io non mangio (vi rendete conto?), fa troppo freddo per uscire.
Poi c’è un conciliabolo di autisti che, portiera aperta, tentano di sistemare il vetro della macchina. Dopo mezz’ora ce la fanno: pensavo di morire ibernato.
Quando il sangue riprende a circolare mi accorgo che siamo in un posto della madonna: frontiera, neve, una montagna davanti a noi e di fianco un bus abbandonato identico a quello di Into The Wild.
Aspettiamo in macchina, non si sa perché.
Decine di jeep ferme in attesa.
Corre voce che il tratto cileno sia ostruito dalla neve.
A un certo punto Sandro non ce la fa piu, esce e si mette a correre: a 5000 metri!!! Che uomo.
Aspettiamo.
Alla una e mezza si va, la strada è pulitissima e non si vede segno di neve in eccesso.
Misteri della fede.
Per dovere di cronaca e soprattutto di amicizia, devo riferire che a San Pedro, la tappa di transizione in Cile, durante un giro in mountain bike, abbiamo guadato un altro fiume.
Il percorso era eccezionale: all’interno di un canyon che a volte si restringeva a tal punto da non permetterci quasi di passare.
Terreno sabbioso, con continui saliscendi e ogni tanto un po’ piu di sabbia che ci faceva derapare alla grande. Sembravamo Valentino e Simoncelli quando vanno in cava.
Dicevo del guado.
Il fiume non era larghissimo, massimo tre metri, però era alto almeno mezzo.
Drino, memore del passato, ha subito tolto scarpe e calze. E ha fatto la scelta giusta.
Io sono sceso un po’ piu a valle, dove il fiume si restringeva, ho valutato che con una buona spinta sarei arrivato dall’altra parte e così mi sono lanciato.
I calcoli erano corretti, stavo procedendo senza pedalare con le gambe appoggiate sulla canna ed ero quasi arrivato, quando a mezzo metro dalla sponda, mi si è presentata davanti una fossa.
Morale: gamba destra a mollo, con conseguente lavata di scarpa e calza.
Al ritorno ovviamente metodo Drino.
E adesso ecco il Peru. Anche questa volta l’attraversamento della dogana e’ stata tutto un programma, ma è andata. Prima tappa Arequipa, seconda Cusco, che vuol dire Machu Picchu.
A
sabato 14 marzo 2009
11 - Butch Cassidy and Sundance Bill (Venerdi 13 Marzo)
Innanzitutto tre appunti:
1) Auguri al Bina (cazzo, sono 40!!!)
2) Mentre noi siamo lontani, Ubo (coinquilino di Sandro, per chi non lo conoscesse) ha sfondato gli argini, superando la quota 100 chili. Per qualcuno questa è una notizia importante. Peccato non esserci
3) Praja, senti un po’ cosa ho fatto. Per la prima volta nella mia vita ho giocato a poker. Durante un pernottamento in mezzo al nulla abbiamo fatto un texas hold ‘em in 5. Sul tavolo c’erano tre K, un asso e un otto. Abbiamo rilanciato in tre. Gli altri due avevano in mano un asso a testa e quindi avevano lo stesso full. E io cosa avevo in mano? Il quarto K. Per una volta sarai orgoglioso di me. Ora viene la nota dolente, ti dico quello che ho vinto: quattro evidenziatori (valevano 100 l’uno), due post-it (50) e sei pennarelli (20). Non avendo niente in tasca, erano i soldi. Ti prego, non urlare il tuo disgusto davanti allo schermo del pc.
Ecco le foto promesse:
http://www.flickr.com/photos/drino70/sets/72157614922279367/detail/
1) Auguri al Bina (cazzo, sono 40!!!)
2) Mentre noi siamo lontani, Ubo (coinquilino di Sandro, per chi non lo conoscesse) ha sfondato gli argini, superando la quota 100 chili. Per qualcuno questa è una notizia importante. Peccato non esserci
3) Praja, senti un po’ cosa ho fatto. Per la prima volta nella mia vita ho giocato a poker. Durante un pernottamento in mezzo al nulla abbiamo fatto un texas hold ‘em in 5. Sul tavolo c’erano tre K, un asso e un otto. Abbiamo rilanciato in tre. Gli altri due avevano in mano un asso a testa e quindi avevano lo stesso full. E io cosa avevo in mano? Il quarto K. Per una volta sarai orgoglioso di me. Ora viene la nota dolente, ti dico quello che ho vinto: quattro evidenziatori (valevano 100 l’uno), due post-it (50) e sei pennarelli (20). Non avendo niente in tasca, erano i soldi. Ti prego, non urlare il tuo disgusto davanti allo schermo del pc.
Ecco le foto promesse:
http://www.flickr.com/photos/drino70/sets/72157614922279367/detail/
http://www.flickr.com/photos/drino70/sets/72157615192550545/detail/
Ora veniamo a noi.
Da Sabato scorso, come detto, siamo in Bolivia e non ci siamo davvero annoiati.
Sabato e Domenica eravamo a Tupiza, cittadina del sud Boliviano dove hanno fatto l’ultima rapina (vi hanno anche girato il film) Butch Cassidy and Sundance Bill.
Domenica abbiamo fatto un insolito triathlon di sei ore: due di cavallo, due di bici e due di Jeep, alla scoperta di posti stupendi tutti dentro canyon mozzafiato.
Avevo qualche timore per il cavallo, (non conoscevo le mosse) ma è andato tutto bene.
Appena arrivati alla scuderia, il capo ha preso di mira il Drino dandogli il cavallo all’apparenza piu alto. Sandro ha spiegato che c’ero anch’io, ma quello niente, il cavallo bianco era per il Drino. Agli ordini.
Poi mi ha dato il mio. Si chiamava Pajaro e, quando gli ho chiesto com’era, dicendogli che avevo esperienza zero, rassicurandomi, mi ha detto:
“Sei stato in Argentina?”
“Si, certo”
“Conosci il Pajaro Loco?”
“No,cos’è una filastrocca?”
“Nooo, è un rodeo. Pajaro correva li”
“Cazzo, allora è agitato”
“No, adesso è tranquillo”
Se lo dici tu…
Alla fine si è dimostrato davvero bravo.e ovviamente il mio cavallo è quello che ha fatto piu cacca di tutti.
A un certo punto ero così preso, in mezzo a canyon, montagne rosse, fiumiciattoli da guadare, che mi sono sentito come Zeb Macahan, anzi, come Luke (mi hanno riferito che in Gomorra si parla di Zeb. Non ho ancora letto il libro e comunque io, mio fratello, un po’ il mi babbo e soprattutto mio zio, siamo fans sfegatati de Alla Conquista del West, quindi niente plagio per la citazione).
E per chi non lo sapesse, il sosia di zio Zeb esiste ed abita ad Uboldo. È il padre di uno dei bambini che alleno: ciao Alfonso.
Comunque ancora adesso non conosco le mosse. Praticamente ho passato quasi tre ore a fare quello che voleva lui. In alcune occasioni mi è sembrato di essere riuscito a dargli un ordine con le briglie (o redini, o quello che sono), tipo vai a destra o a sinistra, ma molto probabilmente ci è andato perché aveva già deciso. In una, invece, sono sicuro di aver condotto il gioco. Mentre Pajaro stava abbandonando il sentiero per andare a sinistra in mezzo a degli alberi, io prontamente l’ho invitato ad andare a destra. Ci ho messo un po’ per convincerlo,ma alla fine ce l’ho fatta. Solo che lo vedevo che mi guardava con la coda dell’occhio pensando che fossi un cazzone. Allora mi sono girato da Michael (nome tipicamente boliviano, di un Gaucho di 15 anni che aiutava il padrone) per chiedere quale fosse la strada giusta e lui ovviamente mi ha fatto segno di andare a sinistra. Cazzo, il cavallo sapeva la strada a memoria, non è giusto…
A un certo punto ho chiesto a Sandro secondo lui quanto pesava un cavallo.
La sua risposta, scherzosa, è stata di 250, 300 chili.
Io ho detto che era di piu e anche lui era della stessa opinione.
Chiedo al capo e mi dice che il cavallo pesa all’incirca il doppio della persona che porta (adesso capisco la scelta iniziale).
Comunque mi dice che il mio pesa al massimo duecento chili.
Mi giro dal Drino e gli urlo
“Pesa due Ubo”
All’inizio non ci credeva, ma poi gli spiego la proporzione fra cavallo e uomo, e allora estrae una perla delle sue
“Vuoi dire che allora Galeazzi non può salire su un cavallo?”
Comunque andare a cavallo non è niente male. Mi sa che quando torno ne noleggio uno e vado al McDrive di McDonald. Voglio vedere cosa mi dicono.
Lunedi siamo partiti per una quattro giorni all’avventura in cinque su una jeep, completamente isolati dal mondo (dormendo in baracche), partendo da Tupiza e, girando intorno al lago salato, arrivando a Uyuni (centro Bolivia).
Di solito nelle mie mail non descrivo mai i posti che vedo e le sensazioni che provo. Questo per non fare incazzare gente che è al freddo, nella nebbia e per di piu al lavoro e gia mi manda a cagare per il solo fatto di essere in vacanza.
Questa volta però consentitemi un brevissimo commento: se il Machu Pichu non mantiene le attese che ho, questo è il posto piu bello della vacanza.
Inimmaginabile ed indescrivibile.
Tra l’altro, mega partita di basket (cazzo, qui tutti i paesini, anche quelli piu sfigati in mezzo al niente, hanno due, dico due, campi da basket all’aperto) 5 contro 5 a 4200 metri. Eravamo io, il Drino, una australiana, una boliviana di tre anni e lei, la Catarina Pollini della Bolivia: Rosa, otto anni, fortissima. Avrà fatto trenta punti (giocava con i mocassini).
Una citazione a quello che in spagnolo definiscono “amigo de mierda”: Sandro.
Dopo un bagno termale a 4000 metri, non solo si è rifiutato di appoggiare a far asciugare il mio costume sul sedile posteriore della jeep che ci portava in giro (ovviamente agli altri tre del gruppo ha subito risposto si, d’altronde erano estranei) perché gli avrebbe dato fastidio quando si sedeva, ma dopo che io l’ho appeso fuori dal finestrino (il costume, non Sandro), ha pensato bene, per fare una cazzo di foto in corsa, di spostarlo pulendo tutto il finestrino lercio della jeep.
Ora una nota per i miei compagni di basket. Ho scoperto che i lama, per tutta la loro vita defecano in un solo posto. Quindi possiamo tranquillamente stabilire che il nostro caro MATTEO Turconi è un lama (la fa solo a casa sua).
Ora veniamo a noi.
Da Sabato scorso, come detto, siamo in Bolivia e non ci siamo davvero annoiati.
Sabato e Domenica eravamo a Tupiza, cittadina del sud Boliviano dove hanno fatto l’ultima rapina (vi hanno anche girato il film) Butch Cassidy and Sundance Bill.
Domenica abbiamo fatto un insolito triathlon di sei ore: due di cavallo, due di bici e due di Jeep, alla scoperta di posti stupendi tutti dentro canyon mozzafiato.
Avevo qualche timore per il cavallo, (non conoscevo le mosse) ma è andato tutto bene.
Appena arrivati alla scuderia, il capo ha preso di mira il Drino dandogli il cavallo all’apparenza piu alto. Sandro ha spiegato che c’ero anch’io, ma quello niente, il cavallo bianco era per il Drino. Agli ordini.
Poi mi ha dato il mio. Si chiamava Pajaro e, quando gli ho chiesto com’era, dicendogli che avevo esperienza zero, rassicurandomi, mi ha detto:
“Sei stato in Argentina?”
“Si, certo”
“Conosci il Pajaro Loco?”
“No,cos’è una filastrocca?”
“Nooo, è un rodeo. Pajaro correva li”
“Cazzo, allora è agitato”
“No, adesso è tranquillo”
Se lo dici tu…
Alla fine si è dimostrato davvero bravo.e ovviamente il mio cavallo è quello che ha fatto piu cacca di tutti.
A un certo punto ero così preso, in mezzo a canyon, montagne rosse, fiumiciattoli da guadare, che mi sono sentito come Zeb Macahan, anzi, come Luke (mi hanno riferito che in Gomorra si parla di Zeb. Non ho ancora letto il libro e comunque io, mio fratello, un po’ il mi babbo e soprattutto mio zio, siamo fans sfegatati de Alla Conquista del West, quindi niente plagio per la citazione).
E per chi non lo sapesse, il sosia di zio Zeb esiste ed abita ad Uboldo. È il padre di uno dei bambini che alleno: ciao Alfonso.
Comunque ancora adesso non conosco le mosse. Praticamente ho passato quasi tre ore a fare quello che voleva lui. In alcune occasioni mi è sembrato di essere riuscito a dargli un ordine con le briglie (o redini, o quello che sono), tipo vai a destra o a sinistra, ma molto probabilmente ci è andato perché aveva già deciso. In una, invece, sono sicuro di aver condotto il gioco. Mentre Pajaro stava abbandonando il sentiero per andare a sinistra in mezzo a degli alberi, io prontamente l’ho invitato ad andare a destra. Ci ho messo un po’ per convincerlo,ma alla fine ce l’ho fatta. Solo che lo vedevo che mi guardava con la coda dell’occhio pensando che fossi un cazzone. Allora mi sono girato da Michael (nome tipicamente boliviano, di un Gaucho di 15 anni che aiutava il padrone) per chiedere quale fosse la strada giusta e lui ovviamente mi ha fatto segno di andare a sinistra. Cazzo, il cavallo sapeva la strada a memoria, non è giusto…
A un certo punto ho chiesto a Sandro secondo lui quanto pesava un cavallo.
La sua risposta, scherzosa, è stata di 250, 300 chili.
Io ho detto che era di piu e anche lui era della stessa opinione.
Chiedo al capo e mi dice che il cavallo pesa all’incirca il doppio della persona che porta (adesso capisco la scelta iniziale).
Comunque mi dice che il mio pesa al massimo duecento chili.
Mi giro dal Drino e gli urlo
“Pesa due Ubo”
All’inizio non ci credeva, ma poi gli spiego la proporzione fra cavallo e uomo, e allora estrae una perla delle sue
“Vuoi dire che allora Galeazzi non può salire su un cavallo?”
Comunque andare a cavallo non è niente male. Mi sa che quando torno ne noleggio uno e vado al McDrive di McDonald. Voglio vedere cosa mi dicono.
Lunedi siamo partiti per una quattro giorni all’avventura in cinque su una jeep, completamente isolati dal mondo (dormendo in baracche), partendo da Tupiza e, girando intorno al lago salato, arrivando a Uyuni (centro Bolivia).
Di solito nelle mie mail non descrivo mai i posti che vedo e le sensazioni che provo. Questo per non fare incazzare gente che è al freddo, nella nebbia e per di piu al lavoro e gia mi manda a cagare per il solo fatto di essere in vacanza.
Questa volta però consentitemi un brevissimo commento: se il Machu Pichu non mantiene le attese che ho, questo è il posto piu bello della vacanza.
Inimmaginabile ed indescrivibile.
Tra l’altro, mega partita di basket (cazzo, qui tutti i paesini, anche quelli piu sfigati in mezzo al niente, hanno due, dico due, campi da basket all’aperto) 5 contro 5 a 4200 metri. Eravamo io, il Drino, una australiana, una boliviana di tre anni e lei, la Catarina Pollini della Bolivia: Rosa, otto anni, fortissima. Avrà fatto trenta punti (giocava con i mocassini).
Una citazione a quello che in spagnolo definiscono “amigo de mierda”: Sandro.
Dopo un bagno termale a 4000 metri, non solo si è rifiutato di appoggiare a far asciugare il mio costume sul sedile posteriore della jeep che ci portava in giro (ovviamente agli altri tre del gruppo ha subito risposto si, d’altronde erano estranei) perché gli avrebbe dato fastidio quando si sedeva, ma dopo che io l’ho appeso fuori dal finestrino (il costume, non Sandro), ha pensato bene, per fare una cazzo di foto in corsa, di spostarlo pulendo tutto il finestrino lercio della jeep.
Ora una nota per i miei compagni di basket. Ho scoperto che i lama, per tutta la loro vita defecano in un solo posto. Quindi possiamo tranquillamente stabilire che il nostro caro MATTEO Turconi è un lama (la fa solo a casa sua).
10 - Bolivia (Sabato 7 Marzo)
Auguri a Elena
.
Finalmente la Bolivia.
Ma andiamo con ordine.
Ci eravamo lasciati in prossimità di Salta, cittadina che mi è piaciuta tantissimo.
Poi siamo saliti fino a Humahuaca, a un’ora e mezza dal confine, e qui ho visto una delle cose piu incredibili che mi sia mai capitato: il Cerro (collina)di Hornocal
Guardatevi le foto del Drino per capire (le metteremo fra qualche giorno)
Con l’approssimarsi della Bolivia è arrivata l’altura.
Humahuaca è a 3300 metri, il Cerro era a 4300.
Avevo qualche timore, ma per ora tutto bene.
L’altro giorno, quel grande amico che è il Drino ha fatto questa simpatica considerazione: “Hai presente le altitudini che incontreremo in Bolivia e Peru? Hai presente le altezze delle popolazioni che ci vivono? Fai un po’ due conti, se la natura ha voluto che fossero alti un metro e trenta ci sarà pure un motivo. Auguri”
Si, gli ho tirato tutto quello che potete immaginarvi e anche di piu.
Bolivia: si, è decisamente diversa.
Innanzitutto il confine: lo abbiamo attraversato a piedi, zaino in spalla. Vi ricordate i racconti su quei rompipalle di cileni che controllavano (a volte) tutto? Qui l’esatto contrario: siamo passati, abbiamo firmato un documento e via. Avrei potuto introdurre qualunque cosa.
Ma sono fatti così, di natura si fidano.
Al di là del confine un discreto casino, ma non è Tihuana. Come il Drino mi ha fatto notare, c’erano duemila bancarelle, ma nessuno (nessuno!) ci ha disturbati per venderci qualcosa. Se ne stanno li, discreti ed educati, aspettando che sia tu a fare domande. Grandi.
Il viaggio dal confine a Tupiza è stato … un’avventura nel vero senso della parola.
Facendo un passo indietro, all’hostal di Salta il proprietario ci aveva avvisati che in Bolivia si deve viaggiare in treno (“nei bus ti si siede vicino una con in mano un coniglio e un pollo, oppure con un bambino che ti caga addosso” testualmente).
Solo che il treno per Tupiza c’è quattro giorni alla settimana, a orari impossibili e mai al Sabato e Domenica.
Sicchè si è preso il bus.
Partiamo dal biglietto.
Su mia richiesta, si è deciso di prendere il primo bus disponibile, per provare ad arrivare in tempo a vedere il derby (fanculo Chiellini di merda).
Al primo sportello mi racconta che trova un uomo con la testa adagiata sul bancone.
“Avete un bus per Tupiza?”
“No” dopo mezzo minuto.
“Come no?”
“Domani”
“E perché oggi no?”
“Il bus è morto?”
Sandro ne trova uno alle 14.30 (19.30 italiane), presi gli ultimi due biglietti. Dobbiamo fare solo 80 km, quindi almeno il secondo tempo è garantito.
Poi, giusto per sfizio chiediamo quanto ci mette. Risposta: tre ore.
Come tre ore? Per fare 80 chilometri? Tre ore.
Passiamo all’autista.
Subito prima della partenza, lo vediamo accovacciato a raccogliere e masticare foglie di coca (non è cocaina, qui è legale, le si mastica è per l’altura) sparse a terra, ovviamente in mezzo a terra e polvere.
Ora tocca al bus.
Sulla portiera fanno bella mostra quattro adesivi: tv, cocktail, sedili abbondantemente reclinabili, aria condizionata.
Saliamo.
Abbiamo i posti 27 e 28, sono due dei cinque in fondo, gli altri due sono il 26 e 27, quello in mezzo non ha numero. Spero già di mettermi li ed allungare le gambe. Si, perché il bus non è propriamente accogliente. Sporco, basso, ma soprattutto stretto, tanto stretto per le mie gambe minute.
Quando ormai è pieno sale una donna che dice di avere il 29. ci sembra una palla, perché a Sandro hanno dato gli ultimi due, ma può essere. Dietro di lei arriva un uomo che dice di avere il 30. prima ridiamo, poi, sempre ridendo, gli diciamo che il 30 è di sopra, sul tetto. Poi diventiamo seri e preoccupati, perché ci rendiamo conto che questa potrebbe essere un’evenienza fattibile. Alla fine si scopre che avevano sbagliato bus. Quindi si viaggerà quasi comodi? Assolutamente no. Una decina abbondante di viaggiatori assedia il corridoio, per farsi il viaggio in piedi. Nel sedile centrale si siede una giovane donna con poppante in braccio e figlioletto davanti a lei. Sul bus una discreta tipologia di umanità. Ripenso alle parole del gestore dell’hostal di Mendoza: mancano gli animali a bordo e la poppante non mi ha fatto niente addosso. Per il resto ci siamo.
Ed infine eccoci al viaggio.
Immediato capire perché ci si metteranno tre ore: pronti via e si passa in mezzo alle cunette di terra, create dagli scavi per la costruzione di una strada vera e propria. È una sorta di gincana con annesse montagne russe, per tutto il viaggio. A un certo punto, ovviamente, il bus si ferma, un autista si mette orizzontale sotto e dopo una mezzoretta si riparte: tutto normale, già visto, quasi banale. Saltuariamente si supera qualcuno, spesso si viene superati, sempre, l’autista suona il clacson, in modo prolungato e cattivo. Viene da pensare che stia facendo una gara. Ad ogni incontro con un altro mezzo, si sprigionano nuvoloni di terra che, se possibile, sporcano ancora di piu il nostro abitacolo.
Ad un certo punto si sente un botto fragoroso, con rumore di specchi rotti. Tutti pensiamo che si sia staccato il vetro del tettuccio centrale, ma nessuno di quelli sotto fa una piega.
Il bus non si ferma e tutto sembra normale: forse ci siamo sbagliati.
Poi, dopo qualche chilometro, guardo davanti e vedo: la metà destra del parabrezza completamente sporca, mentre quella sinistra pulitissima. Guardo meglio e scopro che non è pulita, manca il vetro.
Cazzo, si è staccato il vetro e l’autista non ha fatto una piega e non si è nemmeno fermato.
Che uomo.
Ti stimo fratello (poi del vero “ti stimo fratello” parlerò in un’altra mail).
.
Finalmente la Bolivia.
Ma andiamo con ordine.
Ci eravamo lasciati in prossimità di Salta, cittadina che mi è piaciuta tantissimo.
Poi siamo saliti fino a Humahuaca, a un’ora e mezza dal confine, e qui ho visto una delle cose piu incredibili che mi sia mai capitato: il Cerro (collina)di Hornocal
Guardatevi le foto del Drino per capire (le metteremo fra qualche giorno)
Con l’approssimarsi della Bolivia è arrivata l’altura.
Humahuaca è a 3300 metri, il Cerro era a 4300.
Avevo qualche timore, ma per ora tutto bene.
L’altro giorno, quel grande amico che è il Drino ha fatto questa simpatica considerazione: “Hai presente le altitudini che incontreremo in Bolivia e Peru? Hai presente le altezze delle popolazioni che ci vivono? Fai un po’ due conti, se la natura ha voluto che fossero alti un metro e trenta ci sarà pure un motivo. Auguri”
Si, gli ho tirato tutto quello che potete immaginarvi e anche di piu.
Bolivia: si, è decisamente diversa.
Innanzitutto il confine: lo abbiamo attraversato a piedi, zaino in spalla. Vi ricordate i racconti su quei rompipalle di cileni che controllavano (a volte) tutto? Qui l’esatto contrario: siamo passati, abbiamo firmato un documento e via. Avrei potuto introdurre qualunque cosa.
Ma sono fatti così, di natura si fidano.
Al di là del confine un discreto casino, ma non è Tihuana. Come il Drino mi ha fatto notare, c’erano duemila bancarelle, ma nessuno (nessuno!) ci ha disturbati per venderci qualcosa. Se ne stanno li, discreti ed educati, aspettando che sia tu a fare domande. Grandi.
Il viaggio dal confine a Tupiza è stato … un’avventura nel vero senso della parola.
Facendo un passo indietro, all’hostal di Salta il proprietario ci aveva avvisati che in Bolivia si deve viaggiare in treno (“nei bus ti si siede vicino una con in mano un coniglio e un pollo, oppure con un bambino che ti caga addosso” testualmente).
Solo che il treno per Tupiza c’è quattro giorni alla settimana, a orari impossibili e mai al Sabato e Domenica.
Sicchè si è preso il bus.
Partiamo dal biglietto.
Su mia richiesta, si è deciso di prendere il primo bus disponibile, per provare ad arrivare in tempo a vedere il derby (fanculo Chiellini di merda).
Al primo sportello mi racconta che trova un uomo con la testa adagiata sul bancone.
“Avete un bus per Tupiza?”
“No” dopo mezzo minuto.
“Come no?”
“Domani”
“E perché oggi no?”
“Il bus è morto?”
Sandro ne trova uno alle 14.30 (19.30 italiane), presi gli ultimi due biglietti. Dobbiamo fare solo 80 km, quindi almeno il secondo tempo è garantito.
Poi, giusto per sfizio chiediamo quanto ci mette. Risposta: tre ore.
Come tre ore? Per fare 80 chilometri? Tre ore.
Passiamo all’autista.
Subito prima della partenza, lo vediamo accovacciato a raccogliere e masticare foglie di coca (non è cocaina, qui è legale, le si mastica è per l’altura) sparse a terra, ovviamente in mezzo a terra e polvere.
Ora tocca al bus.
Sulla portiera fanno bella mostra quattro adesivi: tv, cocktail, sedili abbondantemente reclinabili, aria condizionata.
Saliamo.
Abbiamo i posti 27 e 28, sono due dei cinque in fondo, gli altri due sono il 26 e 27, quello in mezzo non ha numero. Spero già di mettermi li ed allungare le gambe. Si, perché il bus non è propriamente accogliente. Sporco, basso, ma soprattutto stretto, tanto stretto per le mie gambe minute.
Quando ormai è pieno sale una donna che dice di avere il 29. ci sembra una palla, perché a Sandro hanno dato gli ultimi due, ma può essere. Dietro di lei arriva un uomo che dice di avere il 30. prima ridiamo, poi, sempre ridendo, gli diciamo che il 30 è di sopra, sul tetto. Poi diventiamo seri e preoccupati, perché ci rendiamo conto che questa potrebbe essere un’evenienza fattibile. Alla fine si scopre che avevano sbagliato bus. Quindi si viaggerà quasi comodi? Assolutamente no. Una decina abbondante di viaggiatori assedia il corridoio, per farsi il viaggio in piedi. Nel sedile centrale si siede una giovane donna con poppante in braccio e figlioletto davanti a lei. Sul bus una discreta tipologia di umanità. Ripenso alle parole del gestore dell’hostal di Mendoza: mancano gli animali a bordo e la poppante non mi ha fatto niente addosso. Per il resto ci siamo.
Ed infine eccoci al viaggio.
Immediato capire perché ci si metteranno tre ore: pronti via e si passa in mezzo alle cunette di terra, create dagli scavi per la costruzione di una strada vera e propria. È una sorta di gincana con annesse montagne russe, per tutto il viaggio. A un certo punto, ovviamente, il bus si ferma, un autista si mette orizzontale sotto e dopo una mezzoretta si riparte: tutto normale, già visto, quasi banale. Saltuariamente si supera qualcuno, spesso si viene superati, sempre, l’autista suona il clacson, in modo prolungato e cattivo. Viene da pensare che stia facendo una gara. Ad ogni incontro con un altro mezzo, si sprigionano nuvoloni di terra che, se possibile, sporcano ancora di piu il nostro abitacolo.
Ad un certo punto si sente un botto fragoroso, con rumore di specchi rotti. Tutti pensiamo che si sia staccato il vetro del tettuccio centrale, ma nessuno di quelli sotto fa una piega.
Il bus non si ferma e tutto sembra normale: forse ci siamo sbagliati.
Poi, dopo qualche chilometro, guardo davanti e vedo: la metà destra del parabrezza completamente sporca, mentre quella sinistra pulitissima. Guardo meglio e scopro che non è pulita, manca il vetro.
Cazzo, si è staccato il vetro e l’autista non ha fatto una piega e non si è nemmeno fermato.
Che uomo.
Ti stimo fratello (poi del vero “ti stimo fratello” parlerò in un’altra mail).
mercoledì 4 marzo 2009
9 – Puntualità, chi era costei? (Sabato 28 Febbraio)
In primis auguri al mi babbo
.
Altre foto: http://www.flickr.com/photos/drino70/sets/72157614714684720/detail/
Dopo l’evento di Valdivia, siamo andati a Valparaiso e Santiago.
Valparaiso è quello che ci si aspetta: bella e diversa dalle altre città. Tutta su e giu con le sue funicolari e scalinate. Peccato per un po’ di foschia che ha fatto arrabbiare il fotografo Drino, ma per il resto ottima meta.
Santiago si è rivelata piu bella di quanto mi aspettassi, o meglio piu tranquilla per essere una grande città. Niente di esaltante, però discreta.
Dalla capitale cilena, ci siamo fatti un viaggio in notturna verso l’Argentina (Mendoza, terra di ottimi vini) e questo ha corrisposto con l’ennesimo passaggio di frontiera.
Anche questa volta procedura differente dalle altre. Diciamo che, a seconda del posto, si va dal metodo alla cazzo, allo scrupoloso controllo stile ex sovietico.
Ora, io non so bene quali siano i criteri adottati dall’apposito ente internazionale per giudicare positivamente o meno una città. A noi è capitato che giunti all’ostello di Mendoza, siamo stati accolti da un invito alla parrillata (mega grigliatona con bife de lomo e tutto il resto) del giorno dopo, nonché una birra offerta. Non conosco le regole internazionali, dicevo, ma a me è sembrato un benvenuto mica da ridere.
In attesa della cena scroccata, abbiamo visitato due cantine, con annesso assaggio di vini. Giudizio: scarsi, sia in quantità offerta che in qualità
Dopo Mendoza abbiamo proseguito per la Valle della Luna, ancora piu a nord e qui abbiamo visitato due parchi: Valle della Luna appunto e Talampaya.
Qui di giorno il clima è sole e ancora sole. A Febbraio la media è stata di 45 gradi.
Il primo parco lo abbiamo visitato di mattina, fino alle undici passate. Oggi la temperatura era moderata, grazie al temporale di ieri sera: il termometro era una o due tacche sotto i quaranta!!!
Così abbiamo preso la visita al secondo parco (fantastico, almeno allo stesso livello del Perito Moreno) alle due, che con l’ora legale corrisponde alla una, cioè al momento piu caldo della giornata.
Si sa, ci hanno fatto fare l’università e oltre che colti siamo anche astuti.
Comunque qui il caldo è secco e se lo sopporto io, vuol dire che si può.
Adesso si sale ancora, si andrà verso Salta e poi finalmente in Bolivia e Perù, non vedo l’ora.
Mentre scrivo, sono in un paesino dimenticato dal mondo e mi viene da pensare alla cara patria che, a dire il vero, non è che mi manchi eccessivamente. Mi sovvengono però numerose domande da porvi.
Sapete, viaggiare è bello, ma ci sono cose cui uno deve rinunciare che pesano.
Chi ha vinto il Festival di Sanremo?
Come procedono X Factor e Il Grande Fratello e qualche altro reality che sicuramente sarà comparso in questo mese di mia assenza?
Ma soprattutto c’è una domanda che attanaglia me ne il Drino.
Qualche giorno fa sulla Gazzetta (la mia internet è: posta + gazza. Stop) abbiamo letto che la Canalis stava scegliendo fra Balotelli e Maicon.
Come è andata a finire?
Vi prego, non riusciamo piu a dormire senza questa notizia, la Gazzetta non ne ha piu parlato.
Affrontiamo ora l’argomento della mail.
Alcuni episodi per far capire una leggera differenza di mentalità.
A dire il vero, fra i lettori di queste mail ce ne sono almeno due, guarda coso entrambi pugliesi, che non hanno assolutamente bisogno di comprendere: ciao Pino, ciao Brizio.
Io, invece, sono cresciuto con la massima “per essere puntuale devi arrivare cinque minuti prima”, ma qui mi adeguo tranquillamente.
Sandro, neanche a parlarne, penso che se un bus arrivasse puntuale si rifiuterebbe di salirci (perdio sono in Argentina, queste cose non le accetto)
Inizio da un episodio a un terminal dei Bus, di una delle città appena viste (ormai faccio confusione con tutto quello che sto vedendo).
Ora: dieci e venti di mattina.
Noi abbiamo (avevamo) il bus alle dieci e un quarto e, irreprensibili sebbene coscienti che sia inutile, ci siamo presentati per tempo. Adesso aspettiamo, prima o poi arriverà.
Nel parcheggio scorgo una ragazza, sicuramente europea, sicuramente del nord.
Non mi ha colpito per la bellezza, tutt’altro, lo ha fatto perché mi sembra impazzita, in preda a una crisi di panico.
A un certo punto si dirige, biglietto in mano, verso l’autista di uno dei pochi bus presenti.
Dialogo.
R (ragazza) “Scusi, dov’è il mio bus?” chiede mostrando il biglietto. È tedesca ed è da morir dal ridere sentirla parlare in spagnolo con l’accento di Rumenigge.
A (autista): “Scusa?” la domanda che ha appena ricevuto non rientra nel suo ordine di idee. Non vuole fare lo gnorri, ma non ne ha proprio compreso il senso.
R “il mio bus. Dov’è?”
A “come dov’è?” ancora incapace di capire il significato della domanda.
R “doveva partire alle dieci e non si è ancora fatto vedere”
A “ah” adesso ha capito, da solo non ci sarebbe mai arrivato “in quel senso… non lo so dov’è, prima o poi arriva. Tranquilla”
R Alla parola tranquilla diventa ancora piu paonazza e, se possibile, si incazza ancora di piu “come prima o poi arriva? Qui c’è scritto che parte alle dieci”
A (facendo finta di leggere il biglietto) “Si, tranquilla, fra un po’ arriva e parti”
R (ormai sull’orlo di una crisi di nervi) “ma qui c’è scritto alle dieci”
A (non sa come disfarsene) “si, si, dieci, dieci e mezza, va bene lo stesso”
Adesso è la ragazza che proprio non riesce a capire la risposta. Glielo si legge in faccia. Infatti la sua risposta è: “ma qui c’è scritto alle dieci”
L’ho abbandonata a questo punto, sicuramente qualche secondo dopo avrà iniziato a piangere.
E senza capire come possa essere possibile una cosa del genere.
Immagino che in Germania dopo i dieci secondi di ritardo l’autista perda il posto (in Giappone fa harakiri).
Altro episodio: ostello di Mendoza, mattina.
Sandro prenota alla reception la visita alle cantine.
S (Sandro. Lo so che avete capito da soli, ma lo spiego per il Praja) “A che ora passano a prenderci?”
R (Ragazza della reception. Ok, la smetto) “Dovete essere qui alla reception alle due di oggi pomeriggio”
S “Quindi il bus arriva alle due?”
R “No, voi dovete essere qui alle due. Il bus dovrebbe arrivare alle due, ma arriva alle due e mezza, qualche volta anche alle tre”
Per fortuna non c’era la tedesca, altrimenti la internavano.
Ultimo episodio (ma potrei andare avanti a lungo)
Valle della Luna, ostello. Sette di mattina.
Ci siamo alzati alle sei perché alle sette si parte per i due parchi.
Il pulmino arriva alle otto.
Arriviamo al parco e scopriamo che ci sono altri due pulmini e sei macchine che ci stanno aspettando da un’ora, perché la guida è una per tutti.
Se ne fosse incazzato uno!!!
Tutti tranquilli.
Ho provato ad immaginarmi la stessa situazione a Milano…
.
Altre foto: http://www.flickr.com/photos/drino70/sets/72157614714684720/detail/
Dopo l’evento di Valdivia, siamo andati a Valparaiso e Santiago.
Valparaiso è quello che ci si aspetta: bella e diversa dalle altre città. Tutta su e giu con le sue funicolari e scalinate. Peccato per un po’ di foschia che ha fatto arrabbiare il fotografo Drino, ma per il resto ottima meta.
Santiago si è rivelata piu bella di quanto mi aspettassi, o meglio piu tranquilla per essere una grande città. Niente di esaltante, però discreta.
Dalla capitale cilena, ci siamo fatti un viaggio in notturna verso l’Argentina (Mendoza, terra di ottimi vini) e questo ha corrisposto con l’ennesimo passaggio di frontiera.
Anche questa volta procedura differente dalle altre. Diciamo che, a seconda del posto, si va dal metodo alla cazzo, allo scrupoloso controllo stile ex sovietico.
Ora, io non so bene quali siano i criteri adottati dall’apposito ente internazionale per giudicare positivamente o meno una città. A noi è capitato che giunti all’ostello di Mendoza, siamo stati accolti da un invito alla parrillata (mega grigliatona con bife de lomo e tutto il resto) del giorno dopo, nonché una birra offerta. Non conosco le regole internazionali, dicevo, ma a me è sembrato un benvenuto mica da ridere.
In attesa della cena scroccata, abbiamo visitato due cantine, con annesso assaggio di vini. Giudizio: scarsi, sia in quantità offerta che in qualità
Dopo Mendoza abbiamo proseguito per la Valle della Luna, ancora piu a nord e qui abbiamo visitato due parchi: Valle della Luna appunto e Talampaya.
Qui di giorno il clima è sole e ancora sole. A Febbraio la media è stata di 45 gradi.
Il primo parco lo abbiamo visitato di mattina, fino alle undici passate. Oggi la temperatura era moderata, grazie al temporale di ieri sera: il termometro era una o due tacche sotto i quaranta!!!
Così abbiamo preso la visita al secondo parco (fantastico, almeno allo stesso livello del Perito Moreno) alle due, che con l’ora legale corrisponde alla una, cioè al momento piu caldo della giornata.
Si sa, ci hanno fatto fare l’università e oltre che colti siamo anche astuti.
Comunque qui il caldo è secco e se lo sopporto io, vuol dire che si può.
Adesso si sale ancora, si andrà verso Salta e poi finalmente in Bolivia e Perù, non vedo l’ora.
Mentre scrivo, sono in un paesino dimenticato dal mondo e mi viene da pensare alla cara patria che, a dire il vero, non è che mi manchi eccessivamente. Mi sovvengono però numerose domande da porvi.
Sapete, viaggiare è bello, ma ci sono cose cui uno deve rinunciare che pesano.
Chi ha vinto il Festival di Sanremo?
Come procedono X Factor e Il Grande Fratello e qualche altro reality che sicuramente sarà comparso in questo mese di mia assenza?
Ma soprattutto c’è una domanda che attanaglia me ne il Drino.
Qualche giorno fa sulla Gazzetta (la mia internet è: posta + gazza. Stop) abbiamo letto che la Canalis stava scegliendo fra Balotelli e Maicon.
Come è andata a finire?
Vi prego, non riusciamo piu a dormire senza questa notizia, la Gazzetta non ne ha piu parlato.
Affrontiamo ora l’argomento della mail.
Alcuni episodi per far capire una leggera differenza di mentalità.
A dire il vero, fra i lettori di queste mail ce ne sono almeno due, guarda coso entrambi pugliesi, che non hanno assolutamente bisogno di comprendere: ciao Pino, ciao Brizio.
Io, invece, sono cresciuto con la massima “per essere puntuale devi arrivare cinque minuti prima”, ma qui mi adeguo tranquillamente.
Sandro, neanche a parlarne, penso che se un bus arrivasse puntuale si rifiuterebbe di salirci (perdio sono in Argentina, queste cose non le accetto)
Inizio da un episodio a un terminal dei Bus, di una delle città appena viste (ormai faccio confusione con tutto quello che sto vedendo).
Ora: dieci e venti di mattina.
Noi abbiamo (avevamo) il bus alle dieci e un quarto e, irreprensibili sebbene coscienti che sia inutile, ci siamo presentati per tempo. Adesso aspettiamo, prima o poi arriverà.
Nel parcheggio scorgo una ragazza, sicuramente europea, sicuramente del nord.
Non mi ha colpito per la bellezza, tutt’altro, lo ha fatto perché mi sembra impazzita, in preda a una crisi di panico.
A un certo punto si dirige, biglietto in mano, verso l’autista di uno dei pochi bus presenti.
Dialogo.
R (ragazza) “Scusi, dov’è il mio bus?” chiede mostrando il biglietto. È tedesca ed è da morir dal ridere sentirla parlare in spagnolo con l’accento di Rumenigge.
A (autista): “Scusa?” la domanda che ha appena ricevuto non rientra nel suo ordine di idee. Non vuole fare lo gnorri, ma non ne ha proprio compreso il senso.
R “il mio bus. Dov’è?”
A “come dov’è?” ancora incapace di capire il significato della domanda.
R “doveva partire alle dieci e non si è ancora fatto vedere”
A “ah” adesso ha capito, da solo non ci sarebbe mai arrivato “in quel senso… non lo so dov’è, prima o poi arriva. Tranquilla”
R Alla parola tranquilla diventa ancora piu paonazza e, se possibile, si incazza ancora di piu “come prima o poi arriva? Qui c’è scritto che parte alle dieci”
A (facendo finta di leggere il biglietto) “Si, tranquilla, fra un po’ arriva e parti”
R (ormai sull’orlo di una crisi di nervi) “ma qui c’è scritto alle dieci”
A (non sa come disfarsene) “si, si, dieci, dieci e mezza, va bene lo stesso”
Adesso è la ragazza che proprio non riesce a capire la risposta. Glielo si legge in faccia. Infatti la sua risposta è: “ma qui c’è scritto alle dieci”
L’ho abbandonata a questo punto, sicuramente qualche secondo dopo avrà iniziato a piangere.
E senza capire come possa essere possibile una cosa del genere.
Immagino che in Germania dopo i dieci secondi di ritardo l’autista perda il posto (in Giappone fa harakiri).
Altro episodio: ostello di Mendoza, mattina.
Sandro prenota alla reception la visita alle cantine.
S (Sandro. Lo so che avete capito da soli, ma lo spiego per il Praja) “A che ora passano a prenderci?”
R (Ragazza della reception. Ok, la smetto) “Dovete essere qui alla reception alle due di oggi pomeriggio”
S “Quindi il bus arriva alle due?”
R “No, voi dovete essere qui alle due. Il bus dovrebbe arrivare alle due, ma arriva alle due e mezza, qualche volta anche alle tre”
Per fortuna non c’era la tedesca, altrimenti la internavano.
Ultimo episodio (ma potrei andare avanti a lungo)
Valle della Luna, ostello. Sette di mattina.
Ci siamo alzati alle sei perché alle sette si parte per i due parchi.
Il pulmino arriva alle otto.
Arriviamo al parco e scopriamo che ci sono altri due pulmini e sei macchine che ci stanno aspettando da un’ora, perché la guida è una per tutti.
Se ne fosse incazzato uno!!!
Tutti tranquilli.
Ho provato ad immaginarmi la stessa situazione a Milano…
venerdì 27 febbraio 2009
8 – Evento imperdibile (Domenica 22 Febbraio)
Nella nostra lenta risalita, ieri abbiamo fatto due viaggi in bus.
Nel primo, due sedili davanti a noi era seduto il Bill di Kill Bill, alias David Carradine.
Identico a come era nel film di Tarantino.
Dopo una breve sosta, estrae la chitarra, si sitema anche l’armonica a bocca e parte a suonare.
Prima canzone Dust in the Wind, dei Kansas mi sembra (Bina, se sbaglio non volermene).
Solo musica.
Tocca la chitarra in modo divino (de puta madre, direi) e anche con l’armonica non è affatto male.
Boato finale.
Grande emozione, con le montagne e i laghi fuori dal finestrino e dentro un’atmosfera magica.
Questo è viaggiare.
Poi inizia un repertorio, anche cantato, di musiche cilene, con pezzi di Beatles (Hey Jude) e atro.
Mezz’ora di concerto. Alla fine ha messo via lo strumento come niente fosse.
Lì mi sono messo a pensare (capita anche a me) a un viaggio Milano Bologna, se uno tira fuori la chitarra e suona, lo ribaltano e lo fanno smettere subito. O magari sui treni delle Nord. A parte che lì non avrebbe lo spazio per estrarre la chitarra.
Si, è anche vero che siamo abituati a fisarmoniche e flauti n metropolitana che rompono i maroni, ma è una cosa diversa.
Alla fine del viaggio di ieri siamo giunti a Valdivia, un bel po’ (12 ore di bus) sotto Santiago
Al terminale dei bus, ufficio del turismo,dialogo fra Sandro e la ragazza.
“Ciao, siete appena arrivati?”
“Si, hai una mappa della città?”
“Si certo. Avete già dove dormire?”
“No, però abbiamo due indirizzi, adesso andiamo a vedere2
“Ahi ahi ahi, non avete prenotato?”
“No, ma un posto da qualche parte lo troveremo”
“Cosa? Non credo proprio” e si mette quasi le mani in testa.
Nel frattempo e sue due colleghe si sono avvicinate, sembra che il dialogo stia diventando interessante.
“Ma come?” prosegue il Drino “con tutti gli hostal che ci sono…”
“Ma voi non avete capito, è tutto completo, tutto riservato da settimane”
“Ma perché? C’è per caso una festa?”
Questa è una domanda normale, tranquilla, detta da un essere candido come il Drino.
Non dovrebbe dare adito a scene di isteria collettiva.
Invece al sentire la parola “una festa” sottintendendo con quell’una, una cosa generica, tutte e tre le ragazze fanno la faccia piu incazzata che possono e si mettono letteralmente ad urlare: “Una festa? Una festa? Ma voi non sapete cosa state dicendo. Oggi c’è la NOCHE VALDIVIANA!!!!”
E si fermano lì nella descrizione, perché ovviamente basta il nome a far capire che razza di straordinario ed unico evento si sta per verificare nella landa in cui siamo appena arrivati.
Ma vi rendete conto con che persona sto’ viaggiando?
Non sa nemmeno che Sabato 21 Gennaio 2009 c’è la festa di Valdivia!
Capisco non essere a conoscenza delle usanze di borgate come Buenos Aires o Rio de Janeiro, ma cazzo, Drino, Di Valdivia, paesino sperduto nel buco del culo del Cile, quello almeno si.
Comunque alla fine abbiamo trovato da dormire e abbiamo anche assistito all’evento: una sorta di carnevale sull’acqua, con barche agghindate a festa che passavano una dopo l’altra. Alla fine fuochi d’artificio.
In mezzo al lungolago c’era un palchetto d’onore, insomma il privè.
Trattandosi di privè ovviamente ho usato la formula magica: LISTA CICCIO.
Non hanno capito!!!
Ciccio, qui non ti conoscono. I casi sono due: o fanno i furbi e allora bisogna tagliare qualche testa, oppure non sono ancora stati raggiunti dal tuo verbo.
Festa imperdibile, avrebbe detto l’avvocato Binaschi.
Ma quanta gente! A milioni direbbe Baldaccia.
Avete presente Torre del Lago? Fino alle dieci di sera il lungomare praticamente vuoto e subito dopo non si riesce nemmeno a camminare.
Uguale: solo che qui il lungofiume è molto piu lungo.
Una miriade di persone: impressionante.
(chi conosce Torre del Lago ha sicuramente afferrato, per gli altri, fidatevi)
Nel primo, due sedili davanti a noi era seduto il Bill di Kill Bill, alias David Carradine.
Identico a come era nel film di Tarantino.
Dopo una breve sosta, estrae la chitarra, si sitema anche l’armonica a bocca e parte a suonare.
Prima canzone Dust in the Wind, dei Kansas mi sembra (Bina, se sbaglio non volermene).
Solo musica.
Tocca la chitarra in modo divino (de puta madre, direi) e anche con l’armonica non è affatto male.
Boato finale.
Grande emozione, con le montagne e i laghi fuori dal finestrino e dentro un’atmosfera magica.
Questo è viaggiare.
Poi inizia un repertorio, anche cantato, di musiche cilene, con pezzi di Beatles (Hey Jude) e atro.
Mezz’ora di concerto. Alla fine ha messo via lo strumento come niente fosse.
Lì mi sono messo a pensare (capita anche a me) a un viaggio Milano Bologna, se uno tira fuori la chitarra e suona, lo ribaltano e lo fanno smettere subito. O magari sui treni delle Nord. A parte che lì non avrebbe lo spazio per estrarre la chitarra.
Si, è anche vero che siamo abituati a fisarmoniche e flauti n metropolitana che rompono i maroni, ma è una cosa diversa.
Alla fine del viaggio di ieri siamo giunti a Valdivia, un bel po’ (12 ore di bus) sotto Santiago
Al terminale dei bus, ufficio del turismo,dialogo fra Sandro e la ragazza.
“Ciao, siete appena arrivati?”
“Si, hai una mappa della città?”
“Si certo. Avete già dove dormire?”
“No, però abbiamo due indirizzi, adesso andiamo a vedere2
“Ahi ahi ahi, non avete prenotato?”
“No, ma un posto da qualche parte lo troveremo”
“Cosa? Non credo proprio” e si mette quasi le mani in testa.
Nel frattempo e sue due colleghe si sono avvicinate, sembra che il dialogo stia diventando interessante.
“Ma come?” prosegue il Drino “con tutti gli hostal che ci sono…”
“Ma voi non avete capito, è tutto completo, tutto riservato da settimane”
“Ma perché? C’è per caso una festa?”
Questa è una domanda normale, tranquilla, detta da un essere candido come il Drino.
Non dovrebbe dare adito a scene di isteria collettiva.
Invece al sentire la parola “una festa” sottintendendo con quell’una, una cosa generica, tutte e tre le ragazze fanno la faccia piu incazzata che possono e si mettono letteralmente ad urlare: “Una festa? Una festa? Ma voi non sapete cosa state dicendo. Oggi c’è la NOCHE VALDIVIANA!!!!”
E si fermano lì nella descrizione, perché ovviamente basta il nome a far capire che razza di straordinario ed unico evento si sta per verificare nella landa in cui siamo appena arrivati.
Ma vi rendete conto con che persona sto’ viaggiando?
Non sa nemmeno che Sabato 21 Gennaio 2009 c’è la festa di Valdivia!
Capisco non essere a conoscenza delle usanze di borgate come Buenos Aires o Rio de Janeiro, ma cazzo, Drino, Di Valdivia, paesino sperduto nel buco del culo del Cile, quello almeno si.
Comunque alla fine abbiamo trovato da dormire e abbiamo anche assistito all’evento: una sorta di carnevale sull’acqua, con barche agghindate a festa che passavano una dopo l’altra. Alla fine fuochi d’artificio.
In mezzo al lungolago c’era un palchetto d’onore, insomma il privè.
Trattandosi di privè ovviamente ho usato la formula magica: LISTA CICCIO.
Non hanno capito!!!
Ciccio, qui non ti conoscono. I casi sono due: o fanno i furbi e allora bisogna tagliare qualche testa, oppure non sono ancora stati raggiunti dal tuo verbo.
Festa imperdibile, avrebbe detto l’avvocato Binaschi.
Ma quanta gente! A milioni direbbe Baldaccia.
Avete presente Torre del Lago? Fino alle dieci di sera il lungomare praticamente vuoto e subito dopo non si riesce nemmeno a camminare.
Uguale: solo che qui il lungofiume è molto piu lungo.
Una miriade di persone: impressionante.
(chi conosce Torre del Lago ha sicuramente afferrato, per gli altri, fidatevi)
martedì 24 febbraio 2009
7- Numeri (Giovedi 19 Febbraio)
Ecco altre foto
http://www.flickr.com/photos/drino70/sets/72157614220337017/detail
Dodici giorni, tre ore, ventiquattro minuti.
E’ quanto ho resistito prima di farmi una pasta.
Domenica sera, alle 20.24, dopo aver visto in diretta il derby di Milano, ce la siamo cucinata.
Ovviamente scotta, perché un secondo dopo la cottura sta’ pasta argentina si scioglie, ma pur sempre pasta.
Ne ho fatta un chilo (minimo indispensabile essendo in due), con solo soffritto di cipolla e salsa, ma faceva comunque abbastanza pensa.
Io 4 piatti me li sono mangiati comunque, Drino si è fermato a due.
Oggi parlo di numeri, perché non ci sto capendo niente.
Le bottiglie di birra grosse sono da 970 cl, quelle piccole da 376, le lattine da 350. le bottigliette di Cocacola sonodi ogni misura, prima ne ho vista una al supermercato da 570 cl.
Non capisco se ci pigliano per il culo e siamo su qualche candid camera, o è tutto reale.
E se si: perché?
Già ci sono gli inglesi che guidano a destra e gli americani che hanno i pollici, i galloni e le libbre, non mettetevi anche voi argentini!
E le gradazioni dei vini?
A El Calafate abbiamo bevuto un rosso da 13,1 gradi; oggi a Bariloche, a pranzo prima di partire, un altro rosso da 12,9.
Ma chi le fa legradazioni? Un ingegnere giapponese?
In questi giorni ci stiamo muovendo verso nord, da El Calafate andremo fino a Mendoza, passando da Santiago del Cile e Valparaiso..
All’ostello di El Calafate, scena bellissima. Avevamo prenotato una camera con due letti. Arriviamo, la signora ci saluta, Drino dice che c’è una prenotazione a nome Andrea, la signora ci guarda e dice di no. Poi fa una smorfia di tristezza e tira una madonna nella sua lingua. Poi ci guarda e si mette a ridere dicendo:
“Avevate detto Andrea e pensavo foste un uomo e una donna, vi ho tenuto una camera con letto matrimoniale”. E giu ancora a ridere, lei, le sue assistenti e tutti quelli che passavano dalla reception.
Ieri eravamo a Bariloche, bellissima. In alcune vie embrava di essere in Svizzera.
L’altro giorno abbiamo visto il ghiacciaio Perito Moreno, la cosa piu bella vista fin ora in questo viaggio.
Anche se il bife de lomo che vi ho spedito (la foto) e una cassiera cilena al supermercato di Puerto Natales, non erano da meno.
Vi sto scrivendo da Villa La Angostura. Abbiamo cercato posto in un bellissimo hostal in cui il Drino era gia stato, del tutto particolare. Le camere non hanno il numero, ma hanno il nome di citta o luoghi turistici. Tutte tranne una, a cui hanno dato il numero, ma lo hanno scritto a carattere. La stanza si chiama “EL DIES”.
Purtroppo non avevano letti e allora abbiamo trovato posto all’hostal Rio Bonito, in una via molto interessante: avenida Topa Topa.
Ci ha accolti una signora dai modi leggermente rigidi.
Forse allertata dal fatto che ci siamo presentati con in testa due cappellini da pescatore (per il sole) che potevano vagamente far pensare a noi come ad una coppia di omosessuali (maricones) in vacanza.
Fattostà che già dal primo impatto aveva qualcosa di strano, qualcosa che però non sono riuscito subito a decifrare.
Inizialmente l’ho accostata alla Frau Blucher (o com diavolo si scrive) di Frankenstein Junior (sapete che le mie citazioni sono sempre estremamente colte), ma qui non sembrava ci fosse niente da ridere.
In seguito ho pensato alla signorina Rottenmeier, ma al confronto, ls rigida governante di Heidi era un essere gentile.
Poi, quando ha trattato male il Drino, mi si è accesa la luce.
A un certo punto Sandro ha chiesto a che ora sarà la colazione di domani mattina.
“Alle otto!”
“No, vede, perché noi avremmo il bus che parte alle otto e …”
“La colazione è alle otto!”
“Si, ma se gentilmente si potesse anticipare di un quarto d’ora per…”
“La colazione inizia alle otto! Se voi siete puntuali avete tutto il tempo di farla e andare alla stazione dei bus che è a trecento metri”
A parte il fatto che io la colazione la voglio fare con calma, ma è soprattutto quello che avviene dopo la colazione che necessita del tempo dovuto. Si sa, il freddo del succo d’arancia prima, abbinato al caldo del the poi, fomentano un moto interiore che conduce direttamente sulla tazza.
Quindi domani mattina si partirà per il Cile senza la consueta visita al bagno.
Comunque, quello che mi ha fatto incazzare e mi ha aperto gli occhi, dicevo, è stata la cattiveria con cui ha trattato il Drino.
Ma dico, voi che lo conoscete, si può trattare male l’essere piu educato ed innocente sulla faccia della terra?
Allora lì ho capito chi fosse la valchiria che avevamo davanti.
Rifacendomi alle decine e decine di film di guerra (la seconda) dapprima impostimi dal mi babbo e poi visti volontariamente, ho rimembrato a chi assomigliava quel viso.
Dinnanzi a noi c’era una parente (magari la nipote o addirittura la figlia) del feldmaresciallo Rommel,
E allora, come d’incanto, tutto torna.
Non siamo in una zona che assomiglia alla Svizzera, ma alla Germania. Siamo in una provincia staccata della Baviera, dalla cui nazione i fan del terzo Reich sono scappati in massa per approdare qui in Argentina.
Sicuramente in una casa nascosta in questi boschi, una volta a settimana si ritrovano tutti quanti, con la nipote della Volpe del Deserto a condurre le riunioni segrete.
Speriamo di arrivare a domattina: loro, ai tempi, i maricones (presunti tali, sia chiaro) li facevano fuori.
http://www.flickr.com/photos/drino70/sets/72157614220337017/detail
Dodici giorni, tre ore, ventiquattro minuti.
E’ quanto ho resistito prima di farmi una pasta.
Domenica sera, alle 20.24, dopo aver visto in diretta il derby di Milano, ce la siamo cucinata.
Ovviamente scotta, perché un secondo dopo la cottura sta’ pasta argentina si scioglie, ma pur sempre pasta.
Ne ho fatta un chilo (minimo indispensabile essendo in due), con solo soffritto di cipolla e salsa, ma faceva comunque abbastanza pensa.
Io 4 piatti me li sono mangiati comunque, Drino si è fermato a due.
Oggi parlo di numeri, perché non ci sto capendo niente.
Le bottiglie di birra grosse sono da 970 cl, quelle piccole da 376, le lattine da 350. le bottigliette di Cocacola sonodi ogni misura, prima ne ho vista una al supermercato da 570 cl.
Non capisco se ci pigliano per il culo e siamo su qualche candid camera, o è tutto reale.
E se si: perché?
Già ci sono gli inglesi che guidano a destra e gli americani che hanno i pollici, i galloni e le libbre, non mettetevi anche voi argentini!
E le gradazioni dei vini?
A El Calafate abbiamo bevuto un rosso da 13,1 gradi; oggi a Bariloche, a pranzo prima di partire, un altro rosso da 12,9.
Ma chi le fa legradazioni? Un ingegnere giapponese?
In questi giorni ci stiamo muovendo verso nord, da El Calafate andremo fino a Mendoza, passando da Santiago del Cile e Valparaiso..
All’ostello di El Calafate, scena bellissima. Avevamo prenotato una camera con due letti. Arriviamo, la signora ci saluta, Drino dice che c’è una prenotazione a nome Andrea, la signora ci guarda e dice di no. Poi fa una smorfia di tristezza e tira una madonna nella sua lingua. Poi ci guarda e si mette a ridere dicendo:
“Avevate detto Andrea e pensavo foste un uomo e una donna, vi ho tenuto una camera con letto matrimoniale”. E giu ancora a ridere, lei, le sue assistenti e tutti quelli che passavano dalla reception.
Ieri eravamo a Bariloche, bellissima. In alcune vie embrava di essere in Svizzera.
L’altro giorno abbiamo visto il ghiacciaio Perito Moreno, la cosa piu bella vista fin ora in questo viaggio.
Anche se il bife de lomo che vi ho spedito (la foto) e una cassiera cilena al supermercato di Puerto Natales, non erano da meno.
Vi sto scrivendo da Villa La Angostura. Abbiamo cercato posto in un bellissimo hostal in cui il Drino era gia stato, del tutto particolare. Le camere non hanno il numero, ma hanno il nome di citta o luoghi turistici. Tutte tranne una, a cui hanno dato il numero, ma lo hanno scritto a carattere. La stanza si chiama “EL DIES”.
Purtroppo non avevano letti e allora abbiamo trovato posto all’hostal Rio Bonito, in una via molto interessante: avenida Topa Topa.
Ci ha accolti una signora dai modi leggermente rigidi.
Forse allertata dal fatto che ci siamo presentati con in testa due cappellini da pescatore (per il sole) che potevano vagamente far pensare a noi come ad una coppia di omosessuali (maricones) in vacanza.
Fattostà che già dal primo impatto aveva qualcosa di strano, qualcosa che però non sono riuscito subito a decifrare.
Inizialmente l’ho accostata alla Frau Blucher (o com diavolo si scrive) di Frankenstein Junior (sapete che le mie citazioni sono sempre estremamente colte), ma qui non sembrava ci fosse niente da ridere.
In seguito ho pensato alla signorina Rottenmeier, ma al confronto, ls rigida governante di Heidi era un essere gentile.
Poi, quando ha trattato male il Drino, mi si è accesa la luce.
A un certo punto Sandro ha chiesto a che ora sarà la colazione di domani mattina.
“Alle otto!”
“No, vede, perché noi avremmo il bus che parte alle otto e …”
“La colazione è alle otto!”
“Si, ma se gentilmente si potesse anticipare di un quarto d’ora per…”
“La colazione inizia alle otto! Se voi siete puntuali avete tutto il tempo di farla e andare alla stazione dei bus che è a trecento metri”
A parte il fatto che io la colazione la voglio fare con calma, ma è soprattutto quello che avviene dopo la colazione che necessita del tempo dovuto. Si sa, il freddo del succo d’arancia prima, abbinato al caldo del the poi, fomentano un moto interiore che conduce direttamente sulla tazza.
Quindi domani mattina si partirà per il Cile senza la consueta visita al bagno.
Comunque, quello che mi ha fatto incazzare e mi ha aperto gli occhi, dicevo, è stata la cattiveria con cui ha trattato il Drino.
Ma dico, voi che lo conoscete, si può trattare male l’essere piu educato ed innocente sulla faccia della terra?
Allora lì ho capito chi fosse la valchiria che avevamo davanti.
Rifacendomi alle decine e decine di film di guerra (la seconda) dapprima impostimi dal mi babbo e poi visti volontariamente, ho rimembrato a chi assomigliava quel viso.
Dinnanzi a noi c’era una parente (magari la nipote o addirittura la figlia) del feldmaresciallo Rommel,
E allora, come d’incanto, tutto torna.
Non siamo in una zona che assomiglia alla Svizzera, ma alla Germania. Siamo in una provincia staccata della Baviera, dalla cui nazione i fan del terzo Reich sono scappati in massa per approdare qui in Argentina.
Sicuramente in una casa nascosta in questi boschi, una volta a settimana si ritrovano tutti quanti, con la nipote della Volpe del Deserto a condurre le riunioni segrete.
Speriamo di arrivare a domattina: loro, ai tempi, i maricones (presunti tali, sia chiaro) li facevano fuori.
mercoledì 18 febbraio 2009
6 – Drino: A BEAUTIFUL MIND
Oh, questa è una di quelle mail che adoro spedire, quindi sedetevi e prendetevela comoda.
No, Praja, non parlerò di figa, quindi tu puoi alzarti e andare a guardarti un’asta di quadri in tv.
Premessa: la mia amicizia con Sandro è a prova di tutto, quindi posso prenderlo in giro senza problemi.
Certo che quello che ha combinato inizia ad essere preoccupante.
Giovedi sera.
Pernottamento in un rifugio nel parco di Torres del Paine.
Drino dice che dovremmo chiamare la signora dell’hostal di Puerto Natales (dove abbiamo dormito Lunedi sera e dove abbiamo lasdciato patrte dei bagagli) per prenotare una camera per l’indomani.
Va lui a telefonare e torna dicendo che l’hostal è pieno fino a Domenica.
Poi, non si sa da dove, estrae un biglietto da visita di un altro hostal e va a chiamare per vedere se hanno posto.
“Tranquillo, tutto sistemato. Domani dormiamo li.”
Venerdi
Solita camminata mattutina di una decina di chilometri.
Oggi si torna alla civiltà, ma ci aspetta ancora un pomeriggio di trekking.
Arrivati al primo dei tre punti di recupero turisti per tornare alla città, mi guardo intorno ed essendo tutto coperto da nubi e nebbia, decido di tornarmene con il bus delle due e mezza. Drino rimane (prenderà quello delle 19.45), mi da il suo pc e continua la camminata.
Che bello, ho tutto il pomeriggio per scrivere le mail, spedirle, leggere la posta, la Gazza, lavarmi e sbarbarmi.
Arrivato a Puerto Natales, compro il biglietto direzione El Calafate per l’indomani e mi dirigo all’hostal (andrò dopo a recuperare i bagagli dalla signora di Lunedi).
Cerco la via (Calle Angamos), ma proprio non la trovo.
Chiedo, ma nessuno la conosce.
Chiedo ancora e uno mi dice dov’è, chiedendomi se sono sicuro di voler andare li.
Certo, gli rispondo, ho prenotato una camera.
Sei sicuro, mi chiede, con una faccia piu preoccupata che stupita.
Claro que si.
Vado.
La via inizia dove la civiltà finisce.
Non appena termina il cemento ed inizia lo sterrato, li c’è il numero 1 di Calle Angamos.
Non solo, ma le case lasciano il posto a catapecchie di latta, con animali in giro ovunque.
Piu mi addentro e piu mi sento osservato
Mi sembra quasi di entrare al quartiere Zen di Palermo, appena passo esce gente nuova alla finestra, gente che ne chiama altra.
Sono l’attrazione del vicolo, o forse la vittima designata.
Incrocio una personcina a modo, un viso simpatico, tipo Charles Bronson, avete presente?, ma quando Charles è incazzato e anche un po’ bevuto. È in canotta nera, jeans e stivali alla cow boy.
Lo stupisco facendogli una domanda (gli chiedo dov’è l’hostal Parediso)
Rimane basito per qualche secondo e poi mi dice che in quella calle non ci sono hostal.
Mi lascio scappare un pensiero ad alta voce “in effetti non è un posto da hostal”
“Che vorresti dire?” mi dice minaccioso.
“Niente, io non avrei problemi a dormire qui, figurati. È che di solito gli hostal sono … sono … sono in centro città” mi esce nn so da dove.
Ci pensa un po’ e poi la ritiene una risposta accettabile.
Ormai colpito da Sindrome di Stoccolma e constatando che si sta dirigendo verso la strada asfaltata, gli rimango attaccato, usandolo come protezione da tutti gli altri abitanti ormai scesi in strada e pronti ad approfittarsi di un verginello come me.
La mossa funziona: a dire il vero lui non si è nemmeno accorto che lo seguivo, ma gli altri pensavano fossi con lui.
Stabilito che l’hostal non era in quella via, vado nell’agenzia dove ho appena acquistato i biglietti e chiedo lumi.
“Ma guarda che l’hostal Parediso è a Punta Arenas” (250 chilometri piu a sud).
Spontanea mi sorge una domanda: ma questa qua come cazzo fa a sapere quali hostal ci sono a Punta Arenas?
E comunque, l’amicizia prima di tutto: se il mio amico ha detto che l’hostal è qui a Puerto Natales, l’hostal è qui. Perdio!!!
Rifaccio un giro in città, ma niente.
Ritorno in agenzia, la ragazza mi fa vedere gli elenchi degli hostal e, porca vacca, ha ragione lei.
Che fare?
Per ammazzare il Drino c’è tempo, adesso urge sistemazione alberghiera.
Faccio il giro di tutti gli hostal della cittadina: tutti pieni.
Alla fine vado all’hostal Bernardita, quello dove abbiamo lasciato i bagagli.
Ritrovo la signora ed esordisco:
“Salve. Si, sono venuto a riprendere i nostri bagagli, ma prima deve aiutarmi a risolvere un problema. So che voi siete pieni, ma non avrebbe un collega che ha una camera per nnoi per questa notte?”
Lei, candida piu della madonna, risponde: “ma come? Noi non siamo pieni, abbiamo quattro camere libere”
Drino, ma che cazzo di telefonate hai fatto ieri sera??????
Salgo in camera.
Non so se essere felice perché finalmente ho trovato alloggio e posso così fiondarmi in doccia, oppure essere incazzato nero per aver perso tre ore a girare come un demente.
Sandro arriverà alle dieci.
Ovviamente lui non sa niente, mi toccherà andarlo a prendere. Però sono combattuto se imboscarmi e spiarlo mentre si fa un giro nel Bonx, oppure avvisarlo e magari ammazzarlo direttamente.
L’amicizia prevale anche questa volta.
Appena sceso dal bus, mi avvicino (lui è ovviamente sorpreso nel vedermi), gli metto il braccio intorno alla spalla simulando un gesto di contentezza nel rivederlo.
Lo voglio mettere a suo agio.
“Drino” esordisco “puoi tirare fuori il biglietto dell’hostal, per favore?”
Non capisce.
“Drino, ti prego, tira fuori il biglietto da visita dell’hostal” ripeto con insospettabile calma.
Lui continua a non capire, ma esegue.
Me lo porge.
Lo prendo in mano, gli do un’occhiata ed è come avevo sospettato.
Lo alzo, altezza occhi.
“Leggi un po’” gli dico
“È?”
“Leggi, leggi un po’ cosa c’è scritto”
Legge ad alta voce: “Hostal Parediso”
“Leggi anche la riga sotto, per favore”
“Sotto?”
“Si quella subito sotto il nome dell’hostal”
“Sotto c’è scritto … c’è scritto … Punta Arenas. O cazzo”
“O cazzo lo dico io!”
Anche adesso, riscrivendo quanto successo, mi viene voglia di menarlo…
Ma non è finita qui.
Fra un attimo partiamo per El Calafate e, visto che arriveremo verso le otto di sera, abbiamo deciso di prenotare l’hostal.
Chiama lui con Skype.
Direte: sei fesso a lasciarlo fare.
No, gli do fiducia, ma sono vigile.
Compone il numero, dice che suona libero, ma non risponde nessuno.
Riprova dopo un minuto: idem.
Ancora una volta: idem.
Asl quarto tentativo rispondono.
Cito esattamente il dialogo, ovviamente con le sole parole del Drino, visto che le altre non potevo sentirle (scusate il mio spagnolo scritto, ma va bene così).
“Buenas tarde. Hai dos camas por dos personas po9r esta noche”
…
“Buenas tarde. Hai dos camas por dos personas po9r esta noche”
…
“Si,por esta noche, por dos personas”
…
“Dos camas o un’abitacion”
…
All’improvviso lo sguardo del Drino si alza dal computer e mi guarda sconsolato:
“Cazzo, stavo parlando con me stesso”
GIURO.
Così però non vale, fa quasi tenerezza, non riesco nemmeno a prenderlo per il culo.
Adesso inizio a capire come mai i suoi viaggi durano quattro o cinque mesi: cazzo, ne butta via due a ritrovarsi dopo essersi perso!
Che dire?
Ciccio, Miky, Ubo, per fortuna che il Drino ha trovato noi, che lo abbiamo accudito in questi anni.
No, Praja, non parlerò di figa, quindi tu puoi alzarti e andare a guardarti un’asta di quadri in tv.
Premessa: la mia amicizia con Sandro è a prova di tutto, quindi posso prenderlo in giro senza problemi.
Certo che quello che ha combinato inizia ad essere preoccupante.
Giovedi sera.
Pernottamento in un rifugio nel parco di Torres del Paine.
Drino dice che dovremmo chiamare la signora dell’hostal di Puerto Natales (dove abbiamo dormito Lunedi sera e dove abbiamo lasdciato patrte dei bagagli) per prenotare una camera per l’indomani.
Va lui a telefonare e torna dicendo che l’hostal è pieno fino a Domenica.
Poi, non si sa da dove, estrae un biglietto da visita di un altro hostal e va a chiamare per vedere se hanno posto.
“Tranquillo, tutto sistemato. Domani dormiamo li.”
Venerdi
Solita camminata mattutina di una decina di chilometri.
Oggi si torna alla civiltà, ma ci aspetta ancora un pomeriggio di trekking.
Arrivati al primo dei tre punti di recupero turisti per tornare alla città, mi guardo intorno ed essendo tutto coperto da nubi e nebbia, decido di tornarmene con il bus delle due e mezza. Drino rimane (prenderà quello delle 19.45), mi da il suo pc e continua la camminata.
Che bello, ho tutto il pomeriggio per scrivere le mail, spedirle, leggere la posta, la Gazza, lavarmi e sbarbarmi.
Arrivato a Puerto Natales, compro il biglietto direzione El Calafate per l’indomani e mi dirigo all’hostal (andrò dopo a recuperare i bagagli dalla signora di Lunedi).
Cerco la via (Calle Angamos), ma proprio non la trovo.
Chiedo, ma nessuno la conosce.
Chiedo ancora e uno mi dice dov’è, chiedendomi se sono sicuro di voler andare li.
Certo, gli rispondo, ho prenotato una camera.
Sei sicuro, mi chiede, con una faccia piu preoccupata che stupita.
Claro que si.
Vado.
La via inizia dove la civiltà finisce.
Non appena termina il cemento ed inizia lo sterrato, li c’è il numero 1 di Calle Angamos.
Non solo, ma le case lasciano il posto a catapecchie di latta, con animali in giro ovunque.
Piu mi addentro e piu mi sento osservato
Mi sembra quasi di entrare al quartiere Zen di Palermo, appena passo esce gente nuova alla finestra, gente che ne chiama altra.
Sono l’attrazione del vicolo, o forse la vittima designata.
Incrocio una personcina a modo, un viso simpatico, tipo Charles Bronson, avete presente?, ma quando Charles è incazzato e anche un po’ bevuto. È in canotta nera, jeans e stivali alla cow boy.
Lo stupisco facendogli una domanda (gli chiedo dov’è l’hostal Parediso)
Rimane basito per qualche secondo e poi mi dice che in quella calle non ci sono hostal.
Mi lascio scappare un pensiero ad alta voce “in effetti non è un posto da hostal”
“Che vorresti dire?” mi dice minaccioso.
“Niente, io non avrei problemi a dormire qui, figurati. È che di solito gli hostal sono … sono … sono in centro città” mi esce nn so da dove.
Ci pensa un po’ e poi la ritiene una risposta accettabile.
Ormai colpito da Sindrome di Stoccolma e constatando che si sta dirigendo verso la strada asfaltata, gli rimango attaccato, usandolo come protezione da tutti gli altri abitanti ormai scesi in strada e pronti ad approfittarsi di un verginello come me.
La mossa funziona: a dire il vero lui non si è nemmeno accorto che lo seguivo, ma gli altri pensavano fossi con lui.
Stabilito che l’hostal non era in quella via, vado nell’agenzia dove ho appena acquistato i biglietti e chiedo lumi.
“Ma guarda che l’hostal Parediso è a Punta Arenas” (250 chilometri piu a sud).
Spontanea mi sorge una domanda: ma questa qua come cazzo fa a sapere quali hostal ci sono a Punta Arenas?
E comunque, l’amicizia prima di tutto: se il mio amico ha detto che l’hostal è qui a Puerto Natales, l’hostal è qui. Perdio!!!
Rifaccio un giro in città, ma niente.
Ritorno in agenzia, la ragazza mi fa vedere gli elenchi degli hostal e, porca vacca, ha ragione lei.
Che fare?
Per ammazzare il Drino c’è tempo, adesso urge sistemazione alberghiera.
Faccio il giro di tutti gli hostal della cittadina: tutti pieni.
Alla fine vado all’hostal Bernardita, quello dove abbiamo lasciato i bagagli.
Ritrovo la signora ed esordisco:
“Salve. Si, sono venuto a riprendere i nostri bagagli, ma prima deve aiutarmi a risolvere un problema. So che voi siete pieni, ma non avrebbe un collega che ha una camera per nnoi per questa notte?”
Lei, candida piu della madonna, risponde: “ma come? Noi non siamo pieni, abbiamo quattro camere libere”
Drino, ma che cazzo di telefonate hai fatto ieri sera??????
Salgo in camera.
Non so se essere felice perché finalmente ho trovato alloggio e posso così fiondarmi in doccia, oppure essere incazzato nero per aver perso tre ore a girare come un demente.
Sandro arriverà alle dieci.
Ovviamente lui non sa niente, mi toccherà andarlo a prendere. Però sono combattuto se imboscarmi e spiarlo mentre si fa un giro nel Bonx, oppure avvisarlo e magari ammazzarlo direttamente.
L’amicizia prevale anche questa volta.
Appena sceso dal bus, mi avvicino (lui è ovviamente sorpreso nel vedermi), gli metto il braccio intorno alla spalla simulando un gesto di contentezza nel rivederlo.
Lo voglio mettere a suo agio.
“Drino” esordisco “puoi tirare fuori il biglietto dell’hostal, per favore?”
Non capisce.
“Drino, ti prego, tira fuori il biglietto da visita dell’hostal” ripeto con insospettabile calma.
Lui continua a non capire, ma esegue.
Me lo porge.
Lo prendo in mano, gli do un’occhiata ed è come avevo sospettato.
Lo alzo, altezza occhi.
“Leggi un po’” gli dico
“È?”
“Leggi, leggi un po’ cosa c’è scritto”
Legge ad alta voce: “Hostal Parediso”
“Leggi anche la riga sotto, per favore”
“Sotto?”
“Si quella subito sotto il nome dell’hostal”
“Sotto c’è scritto … c’è scritto … Punta Arenas. O cazzo”
“O cazzo lo dico io!”
Anche adesso, riscrivendo quanto successo, mi viene voglia di menarlo…
Ma non è finita qui.
Fra un attimo partiamo per El Calafate e, visto che arriveremo verso le otto di sera, abbiamo deciso di prenotare l’hostal.
Chiama lui con Skype.
Direte: sei fesso a lasciarlo fare.
No, gli do fiducia, ma sono vigile.
Compone il numero, dice che suona libero, ma non risponde nessuno.
Riprova dopo un minuto: idem.
Ancora una volta: idem.
Asl quarto tentativo rispondono.
Cito esattamente il dialogo, ovviamente con le sole parole del Drino, visto che le altre non potevo sentirle (scusate il mio spagnolo scritto, ma va bene così).
“Buenas tarde. Hai dos camas por dos personas po9r esta noche”
…
“Buenas tarde. Hai dos camas por dos personas po9r esta noche”
…
“Si,por esta noche, por dos personas”
…
“Dos camas o un’abitacion”
…
All’improvviso lo sguardo del Drino si alza dal computer e mi guarda sconsolato:
“Cazzo, stavo parlando con me stesso”
GIURO.
Così però non vale, fa quasi tenerezza, non riesco nemmeno a prenderlo per il culo.
Adesso inizio a capire come mai i suoi viaggi durano quattro o cinque mesi: cazzo, ne butta via due a ritrovarsi dopo essersi perso!
Che dire?
Ciccio, Miky, Ubo, per fortuna che il Drino ha trovato noi, che lo abbiamo accudito in questi anni.
5 – INTO THE WILD (Giovedi 12 Febbraio)
Vi racconto di come due avventurosi Giovani Marmotte hanno affrontato un impervio percorso di 12 chilometri in mezzo alla natura selvaggia.
Prima però un accenno al pericolo molto reale che prima o poi durante la notte venga strangolato.
Dall’Italia mi sono portato un discreto raffreddore, penso un regalino dei figli di Tom ed Elena. Sta di fatto che la notte non riesco a respirare e russo di bestia. Stanotte condividevamo la stanza con due sessantenni inglesi, marito e moglie. Sandro mi ha detto che a un certo punto russavo talmente forte che la moglie, preoccupata fosse il marito e che ci disturbasse, si è messa a chiamarlo.
“Charles. Charles. Charles, stop it” imperativo categorico.
“It’s not me” gli ha risposto quasi scusandosi.
Io ovviamente dormivo di gusto e non ho sentito niente.
Siamo sempre nel parco Torres del Paine: natura, natura e ancora natura.
Il tempo non è dei migliori (diciamo così): ieri ha piovigginato tutto il giorno, con le folate di vento a 80 orari. Insomma, una camminata easy.
Siamo arrivati al rifugio appena in tempo, prima che si scatenasse una vera e propria bufera. Non avevamo tanti pesos cash (non andava il circuito della carta di credito) e per il pernottamento la zoccola della cameriera, da un conto di quasi ottantamila pesos (che già per il Cile è una cifra allucinante), ci faceva un cambio in dollari di 240!
Intuite benissimo dove l’abbiamo mandata.,
Alla fine abbiamo rinunciato alla cena (tranquilli, avevamo provviste) e abbiamo dormito in una cabanna (casetta in legno) della madonna, con intorno cascata, laghetto e montagna. Peccato che io ero con Sandro (e lui con me)
Oggi, vento previsto 90 all’ora (ma ormai abbiamo capito che fa la voce grossa solo nel pomeriggio), traversata di 12 chilometri.
È successo di tutto (ha piovigginato quasi sempre).
Vi racconterò dei guadi.
PRIMO GUADO
Con l’acqua di questi giorni anche i fiumiciattoli si sono ingrossati e ci sono delle difficoltà (a volte anche serie) ad attraversarli.
Ovviamente per quelli grossi ci sono i ponti in legno o corda.
Il primo guado si è presentato all’apparenza abbastanza semplice.
Studiamo per qualche secondo il da farsi e vedo che Drino parte per la sinistra.
Strano ,penso, a destra mi sembra piu semplice, ma sarà uguale.
Io mi dirigo a destra, dovrebbe bastare un salto, almeno spero, non ne sono totalmente sicuro: non avrà mica ragione il Drino.
Mentre sto caricando le gambe si accosta a me un Tarzan spagnolo che salta dall’altra parte senza pensarci. I suoi due amici ridono, lo guardano e lo etichettano come “sei sempre il solito animale”.
Giudicano troppo difficile il salto e decidono di andare dalla parte di Sandro.
Non avrà mica ragione il Drino.
Quando mi giro per guardarlo, lo trovo appenso con due mani a un grosso ramo orizzontale, una gamba in volo, l’altra a mollo in acqua.
No, non aveva ragione il Drino!
Carico le gambe e salto con incredibile agilità (a detta anche di Sandro): tutto asciutto.
Ai miei amici: è ora di finirla con le vostre illazioni sulla mia presunta scarsa agilità, la tengo nascosta per il momento del bisogno.
SECONDO GUADO
È un torrente molto largo e per di più in piena discesa.
Inizialmente sembra semplice, perché ci sono molte pietre che spuntano, ma guardando bene le pietre ci sono ma sono disposte molto lontane.
Stiamo 10 minuti a studiare la situazione e la vedo davvero grigia. Dico al Drino di scendere a valle per un po’, ma niente “è troppa strada”.
Allora salgo, perché mi sembra piu facile (meno difficile), solo che c’è una pietra molto inclinata in verticale e se metti male il piede rischi di cadere all’indietro e finire in acqua.
A un certo punto, non so perché, mi giro e lo trovo in mezzo al torrente, i piedi su una pietra, le mani su quella successiva, sguardo di terrore perso nel nulla
È praticamente sdraiato sopra l’acqua..
Quando mi incrocia, i suoi occhi supplicano aiuto. Potrei ricattarlo ed ottenere qualsiasi cosa. È nelle mie mani.
Ovviamente corro da lui, sistemo bene i miei piedi, allunga una mano dietro e aggancia la mia, lo trascino fuori.
Nei suoi occhi non mi sembra di intravedere lacrime, ma sono sicuro che se indago nei suoi pantaloni sicuramente qualcosa la trovo.
Solo adesso mi viene in mente che avrei dovuto fargli una foto, ma tanto la macchina era nel suo zaino e quindi mi metto il cuore in pace.
Bene, Drino salvato, ma il problema del guado rimane.
Mentre torno al punto che stavo sondando in precedenza, gli dico che forse è meglio togliersi scarpe e calze e passare ignudi.
Poi però vedo che l’inglese che stava sondando con me il passaggio in alto, è riuscito a passare. Aspetto che salti anche la sua ragazza (che si incaglia nella pietra inclinata e finisce in acqua) e poi mi butto. Tre salti uno dietro l’altro e ce la faccio. Ancora percorso netto.
Arriva Sandro, scarpe appese al collo, calze in mano. Si è arreso.
Ma non è finita: c’è la seconda parte di torrente da guadare. Troviamo subito una strada percorribile: tre salti e proprio all’ultimo mi bagno un po’ il piede. Fanculo.
Ripartiamo.
Mi rivolgo al mio compagno di viaggio e gli dico:
“Cazzo Drino, ti ho appena salvato la vita. Se fossimo in oriente saresti mio schiavo a vita, senza che te lo chiedessi”
Risposta “Ti ho ringraziato prima, e comunque la prossima volta prima togliti lo zaino”
Questo è il suo grazie.
Gli spiego che vista la sua faccia tempo non c’era, che mi sono fiondato per recuperarlo, ma non aumenta la dose dei ringraziamenti.
A un certo punto arriviamo ad un bivio: una strada sale e l’altra scende.
Pensiamo entrambi conducano allo stesso punto, ma si deve scegliere: Sandro va per la salita.
Mentre camminiamo mi affianco e gli chiedo:
“Ma perché non fare la discesa?”
“Perché se è sbagliata dopo dobbiamo solo scendere, sarà piu facile”
Ci penso un attimo e mi viene naturale un nuovo detto:
“Se ho capito bene, Drino, meglio una merda sicura subito ed eventualmente l’uovo dopo che l’uovo subito ed eventualmente la merda dopo”
TERZO GUADO
Davanti a noi un altro ruscello ingrossato.
Ormai mi accorgo che in automatico vado dalla parte opposta del Drino.
Ed è sempre meglio così: lui va a destra, io a sinistra e in 3 balzi sono fuori, percorso netto.
Dopo aver sondato per bene, torna sui suoi passi e viene da me, ma dice di non riuscirci.
Devo aiutarlo.
Questa volta allora appoggio lo zaino (mica che s’incazzi) punto il piede sull’ultima roccia e mi protendo con il braccio. Alla fine riesce ad agganciare la mia mano e i salti diventano semplici.
“E, ma tu sei lungo” mi dice.
Brutto frocio, non me l’hai detto in aereo o in bus, quando avevo le ginocchia in bocca…
QUARTO GUADO
Sempre in direzioni invertite (giuro che è così)
Io salto tranquillo, alla fine lo convinco a venire dalla mia parte.
Qui si capiscono le convinzioni geografiche del Drino.
C’è una pietra iniziale, la seconda da prendere col piede sinistro e la terza col destro. Lui parte di sinistro!!!
Ci metto due minuti a convincerlo che deve cambiare piede.
Diciamo che la Geografia del Drino è altamente rivedibile, o forse lui vede cose che gli altri, che noi non vediamo.
Ricordo che una volta nella, Death Valley, per convincermi a fare una strada è arrivato a dimostrare che in un percorso rettangolare (cartina alla mano), la somma del lato lungo e di quello corto della “sua strada” fossero piu corti della somma degli altri due.
Non so se mi sono spiegato bene, ma per chi ha capito o per chi già sa, la diagnosi è indubbiamente quella di caso senza speranza.
QUINTO GUADO
Io vado a dx, lui va a sn ma viene dalla mia parte.
Niente da fare, di li non si passa.
Torniamo di la, dove era andato lui inizialmente e vediamo che il passaggio è facile,
Gli chiedo perché non l’ha detto prima, e mi risponde che mi ha visto andare dall’altra parte e non ha nemmeno guardato.
Ormai ho perso ogni speranza….
SESTO GUADO
Lo precedo perché si è fermato cinquanta metri dietro per fare delle foto. Studio, salto, mi bagno la destra sull’ultimo sasso ma passo..
Tolgo lo zaino, mi siedo e lo aspetto.
Si, un po’ da bastardo, con il sorriso malefico sulle labbra.
Voglio proprio vedere che strada prenderà.
Arriva, va dalla parte sbagliata, poi giusta
Gli faccio segno di andare ancora piu in la, invece salta li dove si trova.
Si bagna un po’, ma ne esce bene.
Poi gli dico che lo avevo avvisato, mi dice che quando indico non si capisce un cazzo
“Hai ragione”
Arriviamo al rifugio, Drino dice: “andiamo di qua per il prato che è una scorciatoia”
Lo assecondo.
Voi direte, se sai già che canna perché gli vai dietro?
Perché sono un amico.
Ovviamente la strada portava da un’altra parte, torniamo sui nostri passi e finalmente raggiungiamo il rifugio.
Entriamo alla reception, ci sono due davanti a noi, due che erano dietro, ma dopo la dritta del Drino ci hanno superati.
Tocca a noi.
“Avete due letti per stanotte?”
“Mi spiace, gli ultimi due li abbiamo dati a quei ragazzi”
Drino, fanculo te e le tue scorciatoie.
Poi alla fine ci hanno trovato due letti, in camere separate.
Commento sul parco: Sandro sostiene che sia il posto piu bello del mondo.Non so se abbia ragione (il mio cuore batte per la Monument Valley), però se è così bello con un tempo così di merda, qualcosa di vero nelle parole del Drino c’è.
Prima però un accenno al pericolo molto reale che prima o poi durante la notte venga strangolato.
Dall’Italia mi sono portato un discreto raffreddore, penso un regalino dei figli di Tom ed Elena. Sta di fatto che la notte non riesco a respirare e russo di bestia. Stanotte condividevamo la stanza con due sessantenni inglesi, marito e moglie. Sandro mi ha detto che a un certo punto russavo talmente forte che la moglie, preoccupata fosse il marito e che ci disturbasse, si è messa a chiamarlo.
“Charles. Charles. Charles, stop it” imperativo categorico.
“It’s not me” gli ha risposto quasi scusandosi.
Io ovviamente dormivo di gusto e non ho sentito niente.
Siamo sempre nel parco Torres del Paine: natura, natura e ancora natura.
Il tempo non è dei migliori (diciamo così): ieri ha piovigginato tutto il giorno, con le folate di vento a 80 orari. Insomma, una camminata easy.
Siamo arrivati al rifugio appena in tempo, prima che si scatenasse una vera e propria bufera. Non avevamo tanti pesos cash (non andava il circuito della carta di credito) e per il pernottamento la zoccola della cameriera, da un conto di quasi ottantamila pesos (che già per il Cile è una cifra allucinante), ci faceva un cambio in dollari di 240!
Intuite benissimo dove l’abbiamo mandata.,
Alla fine abbiamo rinunciato alla cena (tranquilli, avevamo provviste) e abbiamo dormito in una cabanna (casetta in legno) della madonna, con intorno cascata, laghetto e montagna. Peccato che io ero con Sandro (e lui con me)
Oggi, vento previsto 90 all’ora (ma ormai abbiamo capito che fa la voce grossa solo nel pomeriggio), traversata di 12 chilometri.
È successo di tutto (ha piovigginato quasi sempre).
Vi racconterò dei guadi.
PRIMO GUADO
Con l’acqua di questi giorni anche i fiumiciattoli si sono ingrossati e ci sono delle difficoltà (a volte anche serie) ad attraversarli.
Ovviamente per quelli grossi ci sono i ponti in legno o corda.
Il primo guado si è presentato all’apparenza abbastanza semplice.
Studiamo per qualche secondo il da farsi e vedo che Drino parte per la sinistra.
Strano ,penso, a destra mi sembra piu semplice, ma sarà uguale.
Io mi dirigo a destra, dovrebbe bastare un salto, almeno spero, non ne sono totalmente sicuro: non avrà mica ragione il Drino.
Mentre sto caricando le gambe si accosta a me un Tarzan spagnolo che salta dall’altra parte senza pensarci. I suoi due amici ridono, lo guardano e lo etichettano come “sei sempre il solito animale”.
Giudicano troppo difficile il salto e decidono di andare dalla parte di Sandro.
Non avrà mica ragione il Drino.
Quando mi giro per guardarlo, lo trovo appenso con due mani a un grosso ramo orizzontale, una gamba in volo, l’altra a mollo in acqua.
No, non aveva ragione il Drino!
Carico le gambe e salto con incredibile agilità (a detta anche di Sandro): tutto asciutto.
Ai miei amici: è ora di finirla con le vostre illazioni sulla mia presunta scarsa agilità, la tengo nascosta per il momento del bisogno.
SECONDO GUADO
È un torrente molto largo e per di più in piena discesa.
Inizialmente sembra semplice, perché ci sono molte pietre che spuntano, ma guardando bene le pietre ci sono ma sono disposte molto lontane.
Stiamo 10 minuti a studiare la situazione e la vedo davvero grigia. Dico al Drino di scendere a valle per un po’, ma niente “è troppa strada”.
Allora salgo, perché mi sembra piu facile (meno difficile), solo che c’è una pietra molto inclinata in verticale e se metti male il piede rischi di cadere all’indietro e finire in acqua.
A un certo punto, non so perché, mi giro e lo trovo in mezzo al torrente, i piedi su una pietra, le mani su quella successiva, sguardo di terrore perso nel nulla
È praticamente sdraiato sopra l’acqua..
Quando mi incrocia, i suoi occhi supplicano aiuto. Potrei ricattarlo ed ottenere qualsiasi cosa. È nelle mie mani.
Ovviamente corro da lui, sistemo bene i miei piedi, allunga una mano dietro e aggancia la mia, lo trascino fuori.
Nei suoi occhi non mi sembra di intravedere lacrime, ma sono sicuro che se indago nei suoi pantaloni sicuramente qualcosa la trovo.
Solo adesso mi viene in mente che avrei dovuto fargli una foto, ma tanto la macchina era nel suo zaino e quindi mi metto il cuore in pace.
Bene, Drino salvato, ma il problema del guado rimane.
Mentre torno al punto che stavo sondando in precedenza, gli dico che forse è meglio togliersi scarpe e calze e passare ignudi.
Poi però vedo che l’inglese che stava sondando con me il passaggio in alto, è riuscito a passare. Aspetto che salti anche la sua ragazza (che si incaglia nella pietra inclinata e finisce in acqua) e poi mi butto. Tre salti uno dietro l’altro e ce la faccio. Ancora percorso netto.
Arriva Sandro, scarpe appese al collo, calze in mano. Si è arreso.
Ma non è finita: c’è la seconda parte di torrente da guadare. Troviamo subito una strada percorribile: tre salti e proprio all’ultimo mi bagno un po’ il piede. Fanculo.
Ripartiamo.
Mi rivolgo al mio compagno di viaggio e gli dico:
“Cazzo Drino, ti ho appena salvato la vita. Se fossimo in oriente saresti mio schiavo a vita, senza che te lo chiedessi”
Risposta “Ti ho ringraziato prima, e comunque la prossima volta prima togliti lo zaino”
Questo è il suo grazie.
Gli spiego che vista la sua faccia tempo non c’era, che mi sono fiondato per recuperarlo, ma non aumenta la dose dei ringraziamenti.
A un certo punto arriviamo ad un bivio: una strada sale e l’altra scende.
Pensiamo entrambi conducano allo stesso punto, ma si deve scegliere: Sandro va per la salita.
Mentre camminiamo mi affianco e gli chiedo:
“Ma perché non fare la discesa?”
“Perché se è sbagliata dopo dobbiamo solo scendere, sarà piu facile”
Ci penso un attimo e mi viene naturale un nuovo detto:
“Se ho capito bene, Drino, meglio una merda sicura subito ed eventualmente l’uovo dopo che l’uovo subito ed eventualmente la merda dopo”
TERZO GUADO
Davanti a noi un altro ruscello ingrossato.
Ormai mi accorgo che in automatico vado dalla parte opposta del Drino.
Ed è sempre meglio così: lui va a destra, io a sinistra e in 3 balzi sono fuori, percorso netto.
Dopo aver sondato per bene, torna sui suoi passi e viene da me, ma dice di non riuscirci.
Devo aiutarlo.
Questa volta allora appoggio lo zaino (mica che s’incazzi) punto il piede sull’ultima roccia e mi protendo con il braccio. Alla fine riesce ad agganciare la mia mano e i salti diventano semplici.
“E, ma tu sei lungo” mi dice.
Brutto frocio, non me l’hai detto in aereo o in bus, quando avevo le ginocchia in bocca…
QUARTO GUADO
Sempre in direzioni invertite (giuro che è così)
Io salto tranquillo, alla fine lo convinco a venire dalla mia parte.
Qui si capiscono le convinzioni geografiche del Drino.
C’è una pietra iniziale, la seconda da prendere col piede sinistro e la terza col destro. Lui parte di sinistro!!!
Ci metto due minuti a convincerlo che deve cambiare piede.
Diciamo che la Geografia del Drino è altamente rivedibile, o forse lui vede cose che gli altri, che noi non vediamo.
Ricordo che una volta nella, Death Valley, per convincermi a fare una strada è arrivato a dimostrare che in un percorso rettangolare (cartina alla mano), la somma del lato lungo e di quello corto della “sua strada” fossero piu corti della somma degli altri due.
Non so se mi sono spiegato bene, ma per chi ha capito o per chi già sa, la diagnosi è indubbiamente quella di caso senza speranza.
QUINTO GUADO
Io vado a dx, lui va a sn ma viene dalla mia parte.
Niente da fare, di li non si passa.
Torniamo di la, dove era andato lui inizialmente e vediamo che il passaggio è facile,
Gli chiedo perché non l’ha detto prima, e mi risponde che mi ha visto andare dall’altra parte e non ha nemmeno guardato.
Ormai ho perso ogni speranza….
SESTO GUADO
Lo precedo perché si è fermato cinquanta metri dietro per fare delle foto. Studio, salto, mi bagno la destra sull’ultimo sasso ma passo..
Tolgo lo zaino, mi siedo e lo aspetto.
Si, un po’ da bastardo, con il sorriso malefico sulle labbra.
Voglio proprio vedere che strada prenderà.
Arriva, va dalla parte sbagliata, poi giusta
Gli faccio segno di andare ancora piu in la, invece salta li dove si trova.
Si bagna un po’, ma ne esce bene.
Poi gli dico che lo avevo avvisato, mi dice che quando indico non si capisce un cazzo
“Hai ragione”
Arriviamo al rifugio, Drino dice: “andiamo di qua per il prato che è una scorciatoia”
Lo assecondo.
Voi direte, se sai già che canna perché gli vai dietro?
Perché sono un amico.
Ovviamente la strada portava da un’altra parte, torniamo sui nostri passi e finalmente raggiungiamo il rifugio.
Entriamo alla reception, ci sono due davanti a noi, due che erano dietro, ma dopo la dritta del Drino ci hanno superati.
Tocca a noi.
“Avete due letti per stanotte?”
“Mi spiace, gli ultimi due li abbiamo dati a quei ragazzi”
Drino, fanculo te e le tue scorciatoie.
Poi alla fine ci hanno trovato due letti, in camere separate.
Commento sul parco: Sandro sostiene che sia il posto piu bello del mondo.Non so se abbia ragione (il mio cuore batte per la Monument Valley), però se è così bello con un tempo così di merda, qualcosa di vero nelle parole del Drino c’è.
4 - PATAGONIA (Martedi 11 Febbraio)
Ciao.
Prima un chiarimento per una frase ambigua fattami notare Sandro. In una delle scorse mail ho accennato a dei problemi con la frutta al confine Argentina-Cile, dicendo che avevo una banana e due mandarini. Ovviamente non volevo essere volgare, avevo davvero nello zaino una banana e due mandarini e a momenti mi arrestano.
Ecco un po’ di foto
http://www.flickr.com/photos/drino70/sets/72157613546947873/detail/
http://www.flickr.com/photos/drino70/sets/72157613771032903/detail/
Adesso vi dico dove sono in questo momento: nel rifugio all’interno del parco nazionale Torres del Paine, in una sala con ampie vetrate, camino acceso e lago di fronte. Fuori penso ci siano meno di 10 gradi, ma qui dentro si sta da dio.
Ma procediamo con ordine: siamo arrivati questa mattina, prima in bus e poi in catamarano (di quelli grandi, 50ina e passa di posti).
Sandro aveva una paura fottuta di stare male sul catamarano: soffre il mal di mare.
Cazzo Drino, è un lago piatto e sei su una quasi nave!
A bordo invece abbiamo incontrato una reincarnazione degli ometti della Playmobil.
Vi ricordate quelli con i capelli attaccati?
Bene, uno di loro si è trasformato (stile Pinocchio) e fa il cameriere sui catamarani di Torres del Paine. Ve lo giuro.
Sandro sostiene sia il posto piu bello del mondo, io ricordo perfettamente una sua mail del viaggio di tre anni fa, finiva così: io qui ci torno.
E infatti rieccoci (lui).
Bello vero, ma il piu verrà nei prossimi giorni.
Ovviamente qui siamo isolati dal mondo e la cosa sinceramente non ci da affatto fastidio.
C’è un piccolissimo inconveniente, ma niente di chè: il vento.
Oggi soffia a piu di 70 chilometri l’ora e per domani è previsto un incremento almeno fino a 80, per finire (in crescendo), con la previsione di 90 chilometri all’ora per dopodomani..
La cosa strana è che le nubi che avvolgono da stamattina la vetta della montagna, sono ancora lì, non se ne vanno.
Boh, sarà l’effetto serra
Nel pomeriggio abbiamo fatto solo una camminatina intorno ad uno dei laghi, mentre per domani si inizia a fare sul serio con un’escursione di una ventina di chilometri.
Prima, mentre mi cambiavo in camera, fuori di fronte alla mia finestra c’erano le tende in balia del vento: una miriade.
Non sapevo cosa pensare: un po’ li invidiavo, un po’ ero contento di starmene al pulito ed al caldo. Forse perché noi abbiamo gia dato e per molte volte. La maggior parte delle volte siamo stati dall’altra parte della finestra.
Oggi voglio parlare di una specie nota a pochi: il Drino fotografo.
Ha ben due macchine fotografiche, una normale digitale “da polso” e un’altra, sempre digitale, con un mega obiettivo 18-55 (non me ne intendo, ho chiesto).
Nella categoria umana ci sono vari casi sociali, provo ad elencarli (a memoria):
- una donna che passa davanti ad una vetrina di gioielli e rimane incollata per ore a scannerizzarne ognuno
- una donna che apre l’armadio e impiega due ore a scegliere che vestito indossare
- una donna che necessita di non meno di mezza giornata per decidere quale fra gli oltre duecento paia di scarpe si addica al vestito
Come avete visto ho parlato solo di donne.
Poi c’è il Drino, quando ha in mano una macchina fotografica.
Isterico piu di una zitella acida.
Una foto ogni 12,3 secondi.
Anzi non una, ma almeno quattro o cinque.
Di solito cerca un oggetto (albero, foglie, animali) da mettere in primo piano, e dietro come sfondo il paesaggio eccellente che c’è in questi posti.
Quaranta foto in sequenza: cercate voi la differenza fra una e l’altra…
È talmente maniaco che l’ho beccato, davanti ad una pianticella, a spostare a destra un ramoscello.
Anche il ramoscello, che cazzo gli viene in mente di crescere a sinistra?
Per il Coss: provato il Pisco Sour.
Buono, solo che qui lo fanno senza granatina e un po’ troppo dolce: avrò modo di riprovarlo.
Ora scatta appunto l’happy Pisco Sour hour e quindi mollo tutto per andare a bere.
AUGURI al mio “cuginetto” Marco (mi sembra l’11 Febbraio)
Prima un chiarimento per una frase ambigua fattami notare Sandro. In una delle scorse mail ho accennato a dei problemi con la frutta al confine Argentina-Cile, dicendo che avevo una banana e due mandarini. Ovviamente non volevo essere volgare, avevo davvero nello zaino una banana e due mandarini e a momenti mi arrestano.
Ecco un po’ di foto
http://www.flickr.com/photos/drino70/sets/72157613546947873/detail/
http://www.flickr.com/photos/drino70/sets/72157613771032903/detail/
Adesso vi dico dove sono in questo momento: nel rifugio all’interno del parco nazionale Torres del Paine, in una sala con ampie vetrate, camino acceso e lago di fronte. Fuori penso ci siano meno di 10 gradi, ma qui dentro si sta da dio.
Ma procediamo con ordine: siamo arrivati questa mattina, prima in bus e poi in catamarano (di quelli grandi, 50ina e passa di posti).
Sandro aveva una paura fottuta di stare male sul catamarano: soffre il mal di mare.
Cazzo Drino, è un lago piatto e sei su una quasi nave!
A bordo invece abbiamo incontrato una reincarnazione degli ometti della Playmobil.
Vi ricordate quelli con i capelli attaccati?
Bene, uno di loro si è trasformato (stile Pinocchio) e fa il cameriere sui catamarani di Torres del Paine. Ve lo giuro.
Sandro sostiene sia il posto piu bello del mondo, io ricordo perfettamente una sua mail del viaggio di tre anni fa, finiva così: io qui ci torno.
E infatti rieccoci (lui).
Bello vero, ma il piu verrà nei prossimi giorni.
Ovviamente qui siamo isolati dal mondo e la cosa sinceramente non ci da affatto fastidio.
C’è un piccolissimo inconveniente, ma niente di chè: il vento.
Oggi soffia a piu di 70 chilometri l’ora e per domani è previsto un incremento almeno fino a 80, per finire (in crescendo), con la previsione di 90 chilometri all’ora per dopodomani..
La cosa strana è che le nubi che avvolgono da stamattina la vetta della montagna, sono ancora lì, non se ne vanno.
Boh, sarà l’effetto serra
Nel pomeriggio abbiamo fatto solo una camminatina intorno ad uno dei laghi, mentre per domani si inizia a fare sul serio con un’escursione di una ventina di chilometri.
Prima, mentre mi cambiavo in camera, fuori di fronte alla mia finestra c’erano le tende in balia del vento: una miriade.
Non sapevo cosa pensare: un po’ li invidiavo, un po’ ero contento di starmene al pulito ed al caldo. Forse perché noi abbiamo gia dato e per molte volte. La maggior parte delle volte siamo stati dall’altra parte della finestra.
Oggi voglio parlare di una specie nota a pochi: il Drino fotografo.
Ha ben due macchine fotografiche, una normale digitale “da polso” e un’altra, sempre digitale, con un mega obiettivo 18-55 (non me ne intendo, ho chiesto).
Nella categoria umana ci sono vari casi sociali, provo ad elencarli (a memoria):
- una donna che passa davanti ad una vetrina di gioielli e rimane incollata per ore a scannerizzarne ognuno
- una donna che apre l’armadio e impiega due ore a scegliere che vestito indossare
- una donna che necessita di non meno di mezza giornata per decidere quale fra gli oltre duecento paia di scarpe si addica al vestito
Come avete visto ho parlato solo di donne.
Poi c’è il Drino, quando ha in mano una macchina fotografica.
Isterico piu di una zitella acida.
Una foto ogni 12,3 secondi.
Anzi non una, ma almeno quattro o cinque.
Di solito cerca un oggetto (albero, foglie, animali) da mettere in primo piano, e dietro come sfondo il paesaggio eccellente che c’è in questi posti.
Quaranta foto in sequenza: cercate voi la differenza fra una e l’altra…
È talmente maniaco che l’ho beccato, davanti ad una pianticella, a spostare a destra un ramoscello.
Anche il ramoscello, che cazzo gli viene in mente di crescere a sinistra?
Per il Coss: provato il Pisco Sour.
Buono, solo che qui lo fanno senza granatina e un po’ troppo dolce: avrò modo di riprovarlo.
Ora scatta appunto l’happy Pisco Sour hour e quindi mollo tutto per andare a bere.
AUGURI al mio “cuginetto” Marco (mi sembra l’11 Febbraio)
3 – Stretto di Magellano (Lunedi 9 Febbraio)
Hola a todos.
Vi avevo lasciati in una stazione di bus a Rio Gallegos e di strada ne abbiamo fatta noi due GIOVINI.
L’evento piu importante di questi giorni è stato l’incontro con lo Stretto di Magellano.
Per qualcuno il must di una vacanza è un hotel a cinque stelle, per altri un mare superbo, per tutti la topa, per me (che faccio parte dei tutti, sia chiaro) in questa vacanza era proprio lo Stretto. Forse ancora piu di Machu Picchu.
Non so perché, forse per la sua storia, per il nome, per quello che rappresenta e ha rappresentato o forse solo perché guardando l’atlante prima di partire, il solo vederlo mi emozionava.
Ebbene, ho avuto un incontro diretto e solitario con questo pezzo di mare: una camminata in solitario sul lungomare appena costruito a Punta Arenas, in Cile.
Belle sensazioni.
Adesso basta melensità, altrimenti il Prada mi cancella dalla lista amici.
Prima di prendere il bus da Rio Gallegos non sono riuscito a capire quanto tempo necessitava per raggiungere Punta Arenas: chi diceva tre, chi cinque o piu, chi quattro.
Poi ho capito: c’è di mezzo la frontiera!
Provate a pensare a tutti i film che avete visto in cui ci sono scene buffe e assurde alla dogana: tutte ampiamente surclassate.
Basti dire che siamo riusciti a fare quattro file diverse in due stanze e mezzo: partivamo da una, arrivavamo nella seconda, si tornava nella prima e così via. Mi sembrava il gioco del serpente, quello che c’è anche in molti telefonini.
Tutto molto organizzato e soprattutto fiscale: alla dogana Cilena avrei potuto far passare uno Sputnik o una bomba H senza alcun problema.
Però occhio, se avete una banana e due mandarini come me, potreste rischiare anni di galera…
Comunque sono grandi, siamo noi i coglioni che vogliono fare tutto preciso ed in ordine.
Questo lo dico ovviamente perché eravamo l’unico bus da controllare: ce ne fossero stati anche solo due o tre di piu mi sa che un pochino di DISAPPUNTO sarebbe nato in me.
Punta Arenas è una bella cittadina: niente di eccezionale, intendiamoci, ma bellina.
Ed in divenire.
Stanno costruendo tanto e anche bene.
Gli consiglio di buttarsi anche sui letti.
Scena: appartamento con tre letti tutto per noi, andiamo a letto, Sandro ormai ronfa già, appoggio il mio dolce diddietro sul letto matrimoniale e l’angolo sprofonda. Controllo la situazione a tastoni, senza accendere la luce, e mi sembra sostenibile. Mi butto sotto le coperte e spostandomi nell’altro angolo sono si in pendenza, ma con la testa in alto. Ovviamente mi addormento e a metà notte quando, vista l’età, la prostata si fa sentire, gia che mi sono alzato cambio letto.
Al mattino devo riferire l’accaduto al padrone di casa ed allora mi preparo a far finta di essere incazzato, mica che gli venga in mente di farmi pagare il letto. Vado da lui, gli parlo (educatamente, mai attaccare per primi) e attendo una sua mossa. Sono pronto a tutto, anche ad urlare.
Mi guarda, con una faccia candida da bambino e mi risponde: “ah si”.
Come dire: ogni tanto succede.
Un grande.
La sera prima, appena arrivati, mentre si doveva aspettare il padrone per delle spiegazioni, il mio grande amico Sandro ha “estratto a sorte” stabilendo che lui andava a farsi una corsettina mentre io me ne stavo li ad aspettare EL JEFE.
Di ritorno dalla corsa, mi ha parlato solo di locali a luci rosse e casinò: vorrei ben capire dove cazzo va a correre!
L’indomani mattina, dopo che ho vagato per tutte le banche cittadine per poter ritirare “a mano” del cash con la carta di credito (ovviamente non ho il pin), siamo partiti per Puerto Natales, base per la spedizione che faremo al parco nazionale Torres del Paine.
Anche qui, come a Punta Arenas c’è un discreto vento, ma è tranquillo.
Anzi, lo definirei educato: soffia di brutto, ma non rompe i maroni, lo fa con discrezione (no, non ho fumato niente…)
Arrivati all’ostello, la figlia della padrona ci accompagna alla nostra camera (per due con cesso privato, fantastico).
Apre la porta, si ferma sulla soglia, la richiude, ci guarda, abbassa lo sguardo ed inizia a ridere. Va nella stanza di fianco dove c’è la madre e chiede:
“Ma la stanza 13 non è libera?”
In risposta riceve un “no, dagli la 12”
Riapre la porta, ci riguarda, riabbassa gli occhi, scoppia a ridere e si allontana.
Entriamo.
La stanza delle barbi è stata presa a soggetto qui: tutto rosa, le tende, la tappezzeria, i pensili. Persino il copriletto di simil pizzo.Adesso se diciamo che ci piace penseranno che siamo due maricones (ricchioni, ndr): ridiamo anche noi, che altro fare?
Vi avevo lasciati in una stazione di bus a Rio Gallegos e di strada ne abbiamo fatta noi due GIOVINI.
L’evento piu importante di questi giorni è stato l’incontro con lo Stretto di Magellano.
Per qualcuno il must di una vacanza è un hotel a cinque stelle, per altri un mare superbo, per tutti la topa, per me (che faccio parte dei tutti, sia chiaro) in questa vacanza era proprio lo Stretto. Forse ancora piu di Machu Picchu.
Non so perché, forse per la sua storia, per il nome, per quello che rappresenta e ha rappresentato o forse solo perché guardando l’atlante prima di partire, il solo vederlo mi emozionava.
Ebbene, ho avuto un incontro diretto e solitario con questo pezzo di mare: una camminata in solitario sul lungomare appena costruito a Punta Arenas, in Cile.
Belle sensazioni.
Adesso basta melensità, altrimenti il Prada mi cancella dalla lista amici.
Prima di prendere il bus da Rio Gallegos non sono riuscito a capire quanto tempo necessitava per raggiungere Punta Arenas: chi diceva tre, chi cinque o piu, chi quattro.
Poi ho capito: c’è di mezzo la frontiera!
Provate a pensare a tutti i film che avete visto in cui ci sono scene buffe e assurde alla dogana: tutte ampiamente surclassate.
Basti dire che siamo riusciti a fare quattro file diverse in due stanze e mezzo: partivamo da una, arrivavamo nella seconda, si tornava nella prima e così via. Mi sembrava il gioco del serpente, quello che c’è anche in molti telefonini.
Tutto molto organizzato e soprattutto fiscale: alla dogana Cilena avrei potuto far passare uno Sputnik o una bomba H senza alcun problema.
Però occhio, se avete una banana e due mandarini come me, potreste rischiare anni di galera…
Comunque sono grandi, siamo noi i coglioni che vogliono fare tutto preciso ed in ordine.
Questo lo dico ovviamente perché eravamo l’unico bus da controllare: ce ne fossero stati anche solo due o tre di piu mi sa che un pochino di DISAPPUNTO sarebbe nato in me.
Punta Arenas è una bella cittadina: niente di eccezionale, intendiamoci, ma bellina.
Ed in divenire.
Stanno costruendo tanto e anche bene.
Gli consiglio di buttarsi anche sui letti.
Scena: appartamento con tre letti tutto per noi, andiamo a letto, Sandro ormai ronfa già, appoggio il mio dolce diddietro sul letto matrimoniale e l’angolo sprofonda. Controllo la situazione a tastoni, senza accendere la luce, e mi sembra sostenibile. Mi butto sotto le coperte e spostandomi nell’altro angolo sono si in pendenza, ma con la testa in alto. Ovviamente mi addormento e a metà notte quando, vista l’età, la prostata si fa sentire, gia che mi sono alzato cambio letto.
Al mattino devo riferire l’accaduto al padrone di casa ed allora mi preparo a far finta di essere incazzato, mica che gli venga in mente di farmi pagare il letto. Vado da lui, gli parlo (educatamente, mai attaccare per primi) e attendo una sua mossa. Sono pronto a tutto, anche ad urlare.
Mi guarda, con una faccia candida da bambino e mi risponde: “ah si”.
Come dire: ogni tanto succede.
Un grande.
La sera prima, appena arrivati, mentre si doveva aspettare il padrone per delle spiegazioni, il mio grande amico Sandro ha “estratto a sorte” stabilendo che lui andava a farsi una corsettina mentre io me ne stavo li ad aspettare EL JEFE.
Di ritorno dalla corsa, mi ha parlato solo di locali a luci rosse e casinò: vorrei ben capire dove cazzo va a correre!
L’indomani mattina, dopo che ho vagato per tutte le banche cittadine per poter ritirare “a mano” del cash con la carta di credito (ovviamente non ho il pin), siamo partiti per Puerto Natales, base per la spedizione che faremo al parco nazionale Torres del Paine.
Anche qui, come a Punta Arenas c’è un discreto vento, ma è tranquillo.
Anzi, lo definirei educato: soffia di brutto, ma non rompe i maroni, lo fa con discrezione (no, non ho fumato niente…)
Arrivati all’ostello, la figlia della padrona ci accompagna alla nostra camera (per due con cesso privato, fantastico).
Apre la porta, si ferma sulla soglia, la richiude, ci guarda, abbassa lo sguardo ed inizia a ridere. Va nella stanza di fianco dove c’è la madre e chiede:
“Ma la stanza 13 non è libera?”
In risposta riceve un “no, dagli la 12”
Riapre la porta, ci riguarda, riabbassa gli occhi, scoppia a ridere e si allontana.
Entriamo.
La stanza delle barbi è stata presa a soggetto qui: tutto rosa, le tende, la tappezzeria, i pensili. Persino il copriletto di simil pizzo.Adesso se diciamo che ci piace penseranno che siamo due maricones (ricchioni, ndr): ridiamo anche noi, che altro fare?
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